Salieri D'Amato ha scritto:Capisco che il concetto non sia semplice da comprendere, ma da frequentazioni giovanili di certi ambienti ho capito che, al contrario di quello che si potrebbe pensare, solo le coppie perfettamente unite ed in sintonia riescono a giocare in questo modo.
Rompo sempre con gli etimi delle parole, ma spesso nascondono elementi importanti. Il gioco il latino è
ludus (da cui ludopatia); le coppie che giocano sono definite dalla psicologia relazionale e famigliare colluse o collusive, volendo indicare con questo termine una disfunzione nella quale si costituisce un'alleanza nevrotica di cui i componenti dando vita a una relazione che si preferisce sofferente piuttosto che a rischio di abbandono e di solitudine del partner.
Si tratterebbe, secondo questa interpretazione, di un gioco al ribasso nel quale il desiderio di evasione (in genere di un solo membro della coppia) verrebbe contenuto dalla consensualità dell'altro partner alla trasgressione fedifraga.
I terapisti relazionali e famigliari in questi casi mirano fondamentalmente a far separare la coppia, non per ragioni morali, ma funzionali, affinché possano provare a costituire una nuova relazione che li ponga fuori da quella circolarità non felice.
Ovvio che se si parla con loro superficialmente si mostrano felici della loro scelta, ma l'attaccamento al sintomo è la cosa più comune negli ambiti nevrotici, non solo di tipo sessuale. Quando una persona riesce a trovare un sintomo che gli alleggerisca il sintomo cardinale di ogni nevrosi (l'ansia), è ovvio che ci si tuffi e ci si aggrappi, non riuscendo a vedere che può esistere una soluzione ancora migliore, a causa della paura suscitata dal passaggio della separazione, ritenuta insuperabile.