mbientata nel 1940, e dunque al vertice dell’egemonia nazista in Germania, Neun è la storia di Franz Neun, un bambino di nove anni nato da un esperimento atto ad offrire al Reich Millenario un degno erede del Fuhrer. Neun è infatti nato per mezzo di una inseminazione artificiale e dal DNA di Hitler e, insieme a lui, sono stati messi al mondo altri 13 bambini, tutti figli di Hitler, e tutti cresciuti in modo anonimo affinché possano, un giorno, portare avanti l’eredità del loro padre biologico. Informazioni che otterremo praticamente subito, agli esordi del primo numero in cui, un consiglio capeggiato da Himmler, avvierà una missione di epurazione per stanare ed uccidere ognuno di questi eredi per motivi che, pian piano, già andranno a rivelarsi nel corso del secondo volume.
Neun, dunque, è la storia della fuga del piccolo Franz dalla minaccia di morte del Reich e di quello che sarà un percorso di crescita e, se vogliamo, di accettazione da parte del ragazzo che, pagina dopo pagina, si troverà a fare i conti con quella che è la consapevolezza e, soprattutto, l’eredità che deriva dall’essere “il figlio del diavolo”. Indifeso e debole, il piccolo Franz potrà però contare sull’aiuto di Theo Becker, ufficiale scelto delle S.S. il cui compito è quello di proteggerlo da qualsiasi minaccia. Un ordine che Becker condivide con altri agenti suoi simili, uno per ogni bambino, e che continuerà a portare avanti nonostante l’ordine arrivato da Himmler, dimostrandosi freddo, cinico e sostanzialmente privo di ogni scrupolo, per quanto animato da sentimenti che, per qualche motivo, sembrano essersi assopiti nel suo cuore.
Questa, in sintesi, è la trama di Neun anche se, vista l’uscita recentissima del secondo volume (ed il terzo è in dirittura d’arrivo), è ovvio che avremmo potuto dirvi molto di più. Il punto è che in già soli 2 volumi la trama corre così rapida, e in modo così appassionante che, quasi certamente, proporvi dei passaggi narrativi, anche minimi, costituirebbe uno spoiler imperdonabile. Neun è in effetti un manga decisamente rapido nella lettura, complice uno stile, quello di Takahashi, che non si perde troppo in chiacchiere e che anzi punta a sublimare al massimo quella che è l’ansia, l’angoscia e, soprattutto, la violenza espressa non solo dal racconto, ma dall’intero contesto in cui esso è immerso, ovvero quello della Germania nazista.
Nel segno della violenza
Potente nelle immagini, quanto nella rappresentazione dei simboli, il tratto di Takahashi è a dir poco godurioso da ammirare, specie quando si perde nei dettagli che sono utili alla costruzione del mondo del racconto. Dalle armi alle uniformi, passando per fibbie, mezzi pesanti, cinte o anche solo i vari distintivi che contraddistinguono i gradi militari, Takahashi ci regala disegni dalla bellezza disarmante, anche quando le pagine esplodono in una violenza sanguinolenta e sconcertante, senza mai però scadere troppo nel gore seppur, come prevedibile, questo non manchi di fare capolino tra un capitolo e l’altro.
