
Ci sono bambini di serie A e di serie B. La differenza? Quelli di serie B muoiono nel silenzio più assoluto. Per raccontare l’inferno dei bimbi della Ghouta è stata giustamente lanciata una campagna social chiamata #IAmStillAlive, ovvero “sono ancora vivo”. L’obiettivo, secondo quanto si legge nelle agenzie che diffondono la notizia, è quello di raccontare l’assedio che le truppe governative stanno sferrando contro le forze ribelli che si trovano alle porte di Damasco. Un’iniziativa sacrosanta che però racconta solamente una parte della realtà.
Già perché anche dall’altra parte, quella governativa, ci sono bambini che muoiono e per i quali andrebbe lanciata una campagna di sensibilizzazione. Ma quei morti non fanno notizia. O, meglio, non interessano a nessuno in occidente.
Quasi che siano meno innocenti e meno civili degli altri, come il piccolo Omar Oasheh Bashi , colpito da un missile dei ribelli la scorsa settimana. Mille frammenti incandescenti lo hanno colpito mentre giocava con i suoi amici a calcio nel quartiere di Rukn al-Din. È successo tutto in pochi secondi. Il boato, la polvere e il caldo. Il piccolo è stato investito dalla violenza dell’esplosione e il suo volto, sorridente fino a pochi secondi prima, è diventato di cera.
Omar, però, non è stato l’unico bambino che si trovava a Damasco e che è stato colpito dai missili sparati dalla Ghouta orientale. Don Mounir, sacerdote salesiano, ci aveva raccontato: “Cercano di colpirci negli orari in cui i ragazzi escono da scuola e in cui le persone vanno al lavoro per fare più morti possibili. La città è paralizzata. E questo è il loro obiettivo: rendere tutto triste”.
E gli obiettivi dei ribelli sembrano essere proprio i civili, in particolare i giovani. Solamente nella giornata del 22 gennaio, i colpi partiti dalla Ghouta orientale hanno ucciso “una ragazza di 17 anni di nome Rita, altri due adolescenti e un bambino di tre anni”, come riporta Asianews. Un mese dopo è stata la volta di Darin Malla, che non avrà avuto più di cinque anni. E l’elenco potrebbe proseguire a lungo
Suor Yola, che segue i bambini traumatizzati dal conflitto, racconta a Gli Occhi della Guerra: “Questa mattina, a scuola i miei ragazzi mi hanno detto che quando sentono le bombe cominciano a battere le mani contro i banchi. Sai perché? Perché sanno che le femmine hanno paura e cercano di proteggerle così, nascondendo i rumori dei bombardamenti. È la vita che continua nonostante la guerra”.
Visto che ti piacciono tanto le foto satellitari ecco quelle di una cità di 2 MILIONI di abitanti liberata dagli yankees (Ghouta ne ha 350000)

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