Drogato_ di_porno ha scritto:perdonami Helmut, c'è un vizio di fondo nel tuo ragionamento: gli ideali di sinistra non escludono il benessere materiale e il miglioramento delle condizioni di vita. in teoria borghese e progressista non sono in antitesi.
per contro, "destra" nelle ideologie elitiste può diventare sinonimo di "anti-borghese". Per questo i gerarchi nazisti giravano con la divisa militare: per ostentare uno stile di vita anti-borghese.
Inoltre appiattisci "destra" e "sinistra" sull'economia tralasciando le altre dimensioni dell'esistenza: ad esempio i diritti politici. Questo perchè parti dal presupposto errato del marxismo: il primato della struttura (economica) sulla sovrastruttura (ideologica). Primato che la Storia ha confutato. Ridurre la vita umana a scienza economica e sociale è un grave errore, il cervello degli uomini è un'altra cosa.
Il tuo punto di vista è quello noto del liberal-liberismo. Legittimo, per carità. Ma non puoi interpretare tutto usando le sue categorie ideologiche.
Dissento dalla lettura tradizionalista di Marx, così come recitata ad arte dai sempiterni annunciatori della sua morte, dal 1848 ad oggi.
In una lettera a Engels, che è l'autore del II e III libro del Capitale, Marx gli riferisce che l'opera è un
trionfo della scienza tedesca.
Ora, un'espressione di tal genere, di per se stessa colloca il testo chiave del marxismo nella scia dell'Idealismo Tedesco che risale alla triade Fichte-Schelling-Hegel.
E a ben vedere tutto lo sviluppo argomentativo di
Das Kapital, non si discosta mai dal sistema hegeliano della tesi-antitesi-sintesi e più in generale di tutte le narrazioni idealistiche del mondo antecedenti, a partire dal cristianesimo per finire con il liberalismo, in cui c'è sempre un passato oscuro (peccato originale, oppressione assolutistica) un presente di lotta (crocifissione, rivoluzione liberale) e un futuro radioso (paradiso, libertà economica).
Marx pone la tesi che il capitale, già nato grondante di sangue per le accumulazioni derivate dalle rapine coloniali (magnifiche le pagine che descrivono questa metafora ostetrica) era originariamente una cosa pensata fors'anche in buona fede come possibile fonte di liberazione della condizione umana, senonché incorre in un incidente di percorso.
Come in un romanzo gotico, il Capitale progressivamente prende il sopravvento sui suoi stessi ideatori e finisce per soggiogare l'umanità intera nella sua esigenza di crescita illimitata.
Come Frankenstein, sfuggito ai laboratori dei suoi inventori, il peggior cancro che la Storia abbia conosciuto, si impianta al suo vertice soggiogando e schiavizzando l'umanità intera, in maniera differenziata, avendo cura di illudere sempre una parte decisiva ( tra cui spicca Helmut

) di aver raggiunto una situazione di benessere e soddisfazione.
Ora, una filosofia che si propone di lottare fino a sconfiggere un tale Mostro come può non essere definita idealistica ?
Dire che Marx mette al di sopra di tutto il sistema economico, significa non aver mai letto "Il Capitale"; nulla di grave, neanche Fidel Castro mai è riuscito ad andare oltre pagina 20

, ma quella che proponi è una lettura parziale operata da fonti antimarxiste ossessionate dello Spettro, che rovescia completamente il senso dell'Opera, perché è vero che il 98% del testo è critica dell'economia politica, ma il movente della critica, che è la scintilla di tutto il lavoro, risiede appunto nell'intento di liberare l'uomo dall'asservimento alle strutture economiche stesse.
Fin dalla giovinezza questo punto è presentissimo al genio di Treviri, come si può leggere in questo magnifico passo tratto da "La miseria della filosofia" scritto a soli 29 anni in risposta a "La filosofia della miseria di Proudhon, che già postai per Canella che si stupiva e scandalizzava dei mercanteggiamenti di Sopornio con le ragazze dell'est.
Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio.
È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore.
K. Marx in "Miseria della filosofia" -1847