[OT] Le Avventure di Nik, il Distruttore

Scatta il fluido erotico...

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Squirto
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#31 Messaggio da Squirto »

nik978 ha scritto:è bello come riusciate tutti a scrivere una marea di cose che su di me non c'entrano na sega..ma ci mettete anche almeno 1 perla di verità  su di me incontestabile..(e non mi conoscete dal vivo..o quasi..quindi è una cosa motlo strana..)
ma no che non è strana..... se cominciamo a scrivere racconti con protagonista fisso un altro utente del forum, stai sicuro che lui ci dirà  che qualcosa di quel che scriviamo è vero...

... è un po' come l'astrologia... :lol:
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Federico Botticelli
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#32 Messaggio da Federico Botticelli »

Quattordici chilometri

Scartata la carta venne il diluvio che sciolse il ritrovo come la caramella caduta in bocca. Righe, soltanto righe, talmente attaccabrighe che l’autunno non avrebbe avuto tempo di arrivare. Nik le precedette, girando la piazza tonda a zig zag e in fila indiana, relitto di discussioni etiliche.
Interno notte, tanto notte da essere mattino, di dormire non se ne parla, anche perchè nessuno ascolta. Poi c’è un breve sogno, reale e dimenticato. L’armadio trabocca di edonismo assopito, ma per questa abbronzatura ci vuole un tinta unita. La gente chiude il telefono ai miracoli, Nik apre la porta e parte, stavolta solo. Davanti il caso, di lato una sfilata di luci spente, dentro un solo pensiero martellante. Il breve sogno era durato fino al buio che segue il giorno, Nik ne ricordava un flash, il resto sarebbe venuto. Senza musica non aveva viaggiato mai, questa volta osservava cani randagi carrozzati in direzione opposta, fuga di popolo della strada da se stesso.
Lui, camuffato così, non gli somigliava, esposto come sempre e questo era in comune tra lui e lei, per motivi diversi; diversi motivi significa tanti, motivi diversi intende che purtroppo uguali non erano.
Incenerita una sigaretta si fermó dietro una freccia che indicava il confine blu bianco e rosso; un estero che ritornava con la mascherina di pizzo dell’occidente.
03:37 che non si sa se fanno parte del prima o sono già  dopo. Sfiorato da un brivido svolta, peggio che svelto, e una moto ne approfitta senza invito. Non ha l’entusiasmo della civiltà , adesso, lui che questi quattordici chilometri li ha fatti troppo spesso.
E lei non verrà  a sapere nemmeno questo, se lui non lo dirà , come del resto non sa la dizione del suo nome d’oriente, e che male chiamarla come tutti.
Ma la roccia assuefatta aveva accolto il centauro, oltre la forza della sua immaginazione che credeva altrimenti.
Pensare che lo conosce, anzi lo conosceva; nel suo battesimo onnicomprensivo era il cretino numero uno, ma era anche qualcos’altro.
Fagocitato come ricordo, ritorna al forno di una stanza chiusa, sfusa in una costruzione dalle mille essenze, quante qualche stato d’animo che lo stava attraversando. Ed è di nuovo sole al suo risveglio ed è il momento di fare capolino tra la folla a cui è noto, perchè le note di una canzone che usa il cellulare come mezzo lo richiamano all’ordine.
Era il missionario, un uomo che crede che la sua missione sia di liberare le anime incatenandole alla sua; la semplicità  risiede nella grandezza, e viceversa, dicono, non fosse che la terra di mezzo era a lui più congeniale. L’orologio, puntuale come lui, scandiva per Nik il momento di essere cercato. L’appuntamento era a meno di mezz’ora dal momento e a più distanza da poter essere intrapresa contando sulla forza delle gambe. Armato di macchina e di espressione neutra fu costretto a imboccare un’Aurelia tipicamente intasata, ma stavolta non era il caso di incapaci circuìti dal fascino del movimento. La congestione pendeva dal muraglione segnato dalla scontro, come un filo invisibile che, sfiorate le divise impettite delle forze dell’ordine, s’insinuava tra le marmitte e dietro ai poggiatesta esposti all’aria dei finestrini, e ancora e avanti fino ad arrivare a lui.
Si rendeva conto della sua omissione con la serenità  di non essere stato il carnefice; eppure il contingente continuava a contare poco. Lo incanta la fase onirica, e quella conta, precisa nel suo conto, fino alla mancia.
Il chilometro non era cambiato, c’era più gente, segni rosso fuoco di gesso, transenne e quant’altro; buffo pensare che pensava al ritardo. – Saró breve: c’è stato un incidente – gracchió al telefono con un colpo di tosse. – Ti aspetto – tambureggió laconico il missionario.
Il lampo non aspetta il suo fulmine e se lo trovó accaldato sul ciglio della via che sia arrampica a casa sua. Somigliava in modo imbarazzante a una cornamusa smessa; per il poco che lo conosceva poteva anche essere stato un fagotto in gioventù, di certo mai un violino. Andarono a fare colazione nel punto da cui erano partiti, senza accompagnarsi alle parole. Tutto sembrava tranquillo intorno, nel solito humus di malizia e pettegolezzo, ribollente di invidia.
Aveva deciso di troncare l’equivoco del loro rapporto, solo sospettando il fatto che la realtà  è più forte delle scelte.
Non era ancora sera e in giro vagavano troppi spettri che solo in seguito avrebbero avuto il pudore di ritirarsi nelle loro proprietà .
- So del tuo sogno – disse rivolto indistintamente al cornetto che divorava con avidità .
– Non sei il primo a credere di conoscere i miei sogni, non sei l’ultimo – rispose Nik sullo scocciato andante.
- Allora chiamiamolo bisogno, se preferisci, il sogno della notte e il tuo sogno ad occhi aperti -.
- Ti fa sentire forte? -.
– Non mi interessa, sono appena un ingranaggio della storia più grande di me e te. Ho paura, tu no. Ma è solo il tempo a dividerti da questa e da altro, pur con tutto il cinismo represso. Devi stare attento, soprattutto ai particolari -.
– Dove vuoi arrivare? Con me non attacca la veste del provocatore, ora te lo dico -. L’aveva detto, finalmente.
– L’hai detto, finalmente, e non mi ferisce, tanto quanto non ho intenzione di provocarti. Non sei solo da qualche tempo e, se mi sono avvicinato a te, è per fartelo comprendere -.
Nik si ritrovava a riflettere sul modo del loro incontro fra mille; nulla di malcelatamente strano, se non che era avvenuto dove lei c’era.
- Non sei solo e io non ci saró per qualche frazione di secondo; secondo lei sei tu a scappare, ma ora scappo io -.
Prima di dargli modo di scegliere a caso un punto interrogativo, lui prese la porta e un camion del latte prese lui. Ora Nik poteva credergli.
In quel momento scappó anche lui, seguendo i piedi che percuotevano le idee frantumate in pensieri. Il mare, una sola certezza fisica, così fisica come il fisico della donna in mente: vibrante, incosciente, appariscente, frusciante e delirante.
Mai concesso tanto a una sola donna, senza essere certo che lei sia solo una donna.
Non è mica facile occupare quattro ore senza impegno; voleva dormire, più che altro per narcisismo, scese in spiaggia e chiuse per ferie al mondo.
Al risveglio, colpito da una fiamma di vento, sentì il rumore delle pagine di una rivista stesa su un lettino.
Era un manga erotico.
La sua prossima meta sarebbe stato il Giappone.
Sì, proprio così.
Ma fuggire non serve a dimenticare.
E poi lei non si puó neanche ricordare.
Esiste solo nella mente del creatore di questa storia.
Nik invece c'è.
Nik vedrà  il Giappone.

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