beh credo che le ragazze facessero in modo che il secondo colpo venisse sparato presto ( insomma senza chiaccheratina e bibita tra un colpo e l'altro) poi come ho detto prima l'erezione in un uomo di quell'epoca credo fosse più immediata.Vinz Clortho ha scritto: stavo pensando proprio a quello.
Cioè ok il contatto umano, ma la doppia è certamente la miglior tariffa prezzo/prestazioni...
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potevi anche dormire con la porta apertaLord Zork ha scritto:cimmeno ha scritto:l'erezione in un uomo di quell'epoca credo fosse più immediata.
merito dei treni in orario?
credo che sia dovuto ad un migliore ricambio d'aria notturno negli appartamenti..
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
Now I lay me down to sleep,Pray the lord my soul to keep.And if I die before I wake pray the lord my soul to take.
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merito, come ho spiegato prima , del fatto che vedere parti anatomiche femminili che non fossero mani e faccia era raro all'epoca.Lord Zork ha scritto:cimmeno ha scritto:l'erezione in un uomo di quell'epoca credo fosse più immediata.
merito dei treni in orario?
ai nostri nonni veniva duro anche a vedere un ginocchio, figurarsi una donna in mutande e reggiseno o nuda.
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[quote="Painkiller"][quote="JoaoTinto"]"o la figa o la fugaâ€
"Sono un uomo estetico asmatico linfatico cosmetico amo la Libia la fibbia delle scarpine delle donnine cretine sono disinvolto raccolto assolto per inesistenza di reato ho una speciale predilezione per la fanciulla del vespro il Polo Nord la carta moschicida."
http://www.youtube.com/watch?v=AHMiP_qQXKI
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Perchè tu abiti a Monza e questo è più che sufficiente.Lord Zork ha scritto:cimmeno ha scritto:ai nostri nonni veniva duro anche a vedere un ginocchio, figurarsi una donna in mutande e reggiseno o nuda.
...a me basta un paio di occhi...
PS In questi giorni all'urban center c'è una mostra sulle case chiuse. Andró e vi riporteró tante informazioni (mi porto dietro qualche lira che non si sa mai).
Magari hanno conservato anche qualche signorina rimasta chiusa dentro quando hanno chiuso le caseSuSEr ha scritto:
PS In questi giorni all'urban center c'è una mostra sulle case chiuse. Andró e vi riporteró tante informazioni (mi porto dietro qualche lira che non si sa mai).

Fai sapere.

Osservandola, perfino Ratzinger si convincerebbe di quanto sia necessario l'uso dei contraccettivi ( Matt Z Bass ).
Mmm carne fresca! Preparo le lire!Il Fede ha scritto:Magari hanno conservato anche qualche signorina rimasta chiusa dentro quando hanno chiuso le caseSuSEr ha scritto:
PS In questi giorni all'urban center c'è una mostra sulle case chiuse. Andró e vi riporteró tante informazioni (mi porto dietro qualche lira che non si sa mai).![]()
Fai sapere.

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dico la mia, basata sui racconti dei miei colleghi anziani, quelli che i casini li hanno frequentati...
e temo che molti di quelli non ci sono più..... a confermarmi queste "tariffe" e prestazioni.
Ho filtrato quel che dicevano ma di sicuro ho capito come la loro vita fosse così diversa dalla nostra, la loro concezione della donna e soprattutto i disagi affrontati in quel che è successo dal dopoguerra in poi.
Nel filmato del link, del simpatico nonnetto torinese, è emersa la verità , cioè che a troie, ci andavano tutti; dai manovali del sottoproletariato ai cardinali.
Questo è una conferma; c'erano casini e casini e non come adesso che si pagano le mignotte d'alto bordo con qualche ministero...
ho pure capito che i tariffari erano flessibili e come sempre c'erano furbizie, astuzie che aggiravano i papponi e le terribili maitresse.
Ad esempio, si sapeva che le maitresse controllavano dal buco della serratura, e quando si aveva una certa confidenza, si dava la mancetta extra, per l'anale..
penso, chissà perchè, al nonno di Trez....
Peró ricordo che i tempi e le tariffe erano flessibili; c'era un arruffianamento... e d'altronde, come pensare al contrario?
per cui, le tariffe e prestazioni erano flessibili.
Certo che fà pensare che la doppia, costi meno del 1/4 d'ora.. ma questi particolari e questi dettagli non mi son mai stati detti!
e temo che molti di quelli non ci sono più..... a confermarmi queste "tariffe" e prestazioni.
Ho filtrato quel che dicevano ma di sicuro ho capito come la loro vita fosse così diversa dalla nostra, la loro concezione della donna e soprattutto i disagi affrontati in quel che è successo dal dopoguerra in poi.
Nel filmato del link, del simpatico nonnetto torinese, è emersa la verità , cioè che a troie, ci andavano tutti; dai manovali del sottoproletariato ai cardinali.
Questo è una conferma; c'erano casini e casini e non come adesso che si pagano le mignotte d'alto bordo con qualche ministero...

ho pure capito che i tariffari erano flessibili e come sempre c'erano furbizie, astuzie che aggiravano i papponi e le terribili maitresse.
Ad esempio, si sapeva che le maitresse controllavano dal buco della serratura, e quando si aveva una certa confidenza, si dava la mancetta extra, per l'anale..
penso, chissà perchè, al nonno di Trez....

Peró ricordo che i tempi e le tariffe erano flessibili; c'era un arruffianamento... e d'altronde, come pensare al contrario?
per cui, le tariffe e prestazioni erano flessibili.
Certo che fà pensare che la doppia, costi meno del 1/4 d'ora.. ma questi particolari e questi dettagli non mi son mai stati detti!
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DA: Il Sole 24 ore | 18 FEBBRAIO 2008
20 febbraio 1958 / Addio alle case chiuse: una svolta per l'Italia
di Nino Gorio
Per molti fu una conquista di civiltà . Per altri fu solo un'ipocrisia. Per i movimenti femminili fu un importante passo per affermare la dignità della donna. Invece per Indro Montanelli, opinionista controcorrente, .fu addirittura "un colpo di piccone" capace di "far crollare l'intero edificio" su cui si basava la società italiana. Per la polizia, infine, fu un problema, perchè la prostituzione uscì dalla case chiuse ma non sparì affatto: si riversó sulle strade e in pensioncine compiacenti, sfuggendo al controllo statale per finire in mano alla mala.
Il soggetto di tutte le definizioni riportate sopra è la legge 75/58, più nota come "Legge Merlin", dal nome della sua promotrice: la senatrice Angelina Merlin detta Lina, veneta e socialista, che esattamente mezzo secolo fa, il 20 febbraio 1958, ottenne dal Parlamento la chiusura delle case di tolleranza, fino ad allora legali e controllate dallo Stato. Per la storia del costume fu una svolta epocale, che divise il Paese e che fa discutere tuttora, perchè la riforma abolì qualcosa ma non lo sostituì con niente, creando un vuoto ambiguo.
Va detto subito che il 20 febbraio è solo una ricorrenza simbolica: infatti la "svolta epocale" era già iniziata molto prima e fu completata parecchio tempo dopo quella data. Molto prima, perchè già dal 1948 Mario Scelba (Dc), allora ministro degli Interni e poi premier, aveva smesso di concedere licenze per l'apertura di nuovi bordelli. Ma anche parecchio dopo, perchè la "Legge Merlin", benchè approvata dalle Camere, entró in vigore solo sette mesi più tardi, per dar tempo a prostitute e tenutari (o tenutarie) di riciclarsi in nuove attività .
Era un piccolo popolo, quello che viveva sulla prostituzione legale (nel 1958 le "case" autorizzate erano 560, per un totale di appena 2.700 prostitute), ma muoveva un giro d'affari notevole. I prezzi, in realtà , erano stracciati: ogni prestazione costava da un minimo di 200 lire (5 minuti in una "casa" di terza categoria) fino a 4.000 (un'ora in una "casa" di lusso), cioè in moneta attuale da 2,4 a 48 euro. Detto così sembra pochissimo, ma contando che ogni ragazza "serviva" da 30 a 50 clienti al giorno, il totale che si ottiene è di tutto rispetto.
Quel fiume di denaro non finiva solo in mani private, ma anche allo Stato, che incamerava una percentuale sul ricavato (per un totale di 100 milioni di lire di allora, pari a 1,1 milioni di euro attuali) in cambio di alcuni servizi, fra cui il controllo sanitario delle "lavoratrici". Proprio questo aspetto fu decisivo per la chiusura delle case di tolleranza: infatti nel 1949 l'Onu aveva impegnato gli Stati membri a punire chi traeva guadagno dalla prostituzione altrui. E lo Stato italiano, entrato nelle Nazioni Unite nel 1955, rischiava di finire sotto accusa.
L'esigenza di evitare imbarazzanti problemi internazionali si sposó con spinte interne, che già da dieci anni puntavano ad abolire la prostituzione legalizzata. La Merlin, prima donna della storia italiana sui banchi del Senato, già nel 1948 aveva messo a punto il suo progetto di legge, che peró si era arenato per l'opposizione dei partiti di destra e ampie resistenza trasversali nelle altre formazioni. Solo quando le direttive dell'Onu cominciarono a premere sull'acceleratore, la stragrande maggioranza del Parlamento diede il via libera.
La votazione decisiva, svoltasi alla Camera appunto il 20 febbraio 1958, ebbe un risultato plebiscitario: 385 sì all'abolizione contro 115 no. Ufficialmente, per il no si erano espressi solo missini e monarchici. Ma nel Paese le resistenze e le perplessità andavano oltre i partiti di destra. Scontata era l'opposizione dei tenutari delle "case", ispiratori di un'associazione (l'Apca) che fino all'ultimo si oppose fieramente alla riforma. Molto meno ovvio fu l'atteggiamento di opinon leader e personaggi della cultura, che si divisero su fronti opposti.
A fianco di Lina Merlin fu per esempio Carla Voltolina, moglie del futuro presidente della Repubblica Pertini, autrice di un libro ("Lettere dalle case chiuse") ricco di drammatiche testimonianze sulla vita delle prostitute. Sul fronte opposto, oltre a Montanelli (che sul tema pubblicó un famoso libello, "Addio Wanda!"), si schieró a sorpresa anche lo scrittore Dino Buzzati, che arrivó a paragonare la senatrice veneta a "Erostrato, che è leggenda abbia appiccato il fuoco alla grande Biblioteca di Alessandria, distruggendo un grande capitale".
Ma chi era la donna che aveva "bruciato la biblioteca"? Nata a Portonovo (Padova) ma cresciuta a Chioggia (Venezia), la futura senatrice aveva ricevuto in gioventù una rigida formazione cattolica e si era diplomata maestra in un istituto delle Canossiane. Poi, emigrata in Francia durante gli anni del fascismo, si era avvicinata a socialisti esuli (fra cui Matteotti), aveva militato come partigiana e dopo la guerra era stata eletta all'Assemblea Costituente nelle file del Psi. In Senato era entrata nel 1948, diventando subito un simbolo.
Va detto comunque che quel "simbolo" non aveva inventato nulla: infatti la sua legge era praticamente fotocopiata da un provvedimento analogo, varato in Francia nel 1946 per iniziativa di due personaggi molto diversi: Marcel Roclore, deputato repubblicano (di destra), e Marthe Richard, una donna controversa, ex-prostituta, ex-spia ed ex-pilota di aerei, che nel dopoguerra era stata eletta consigliere comunale a Parigi. La Richard aveva fatto da apripista con un decreto locale che Roclore aveva poi trasformato in legge nazionale.
L'idea-base della legge francese (tuttora in vigore, nota appunto come "Loi Richard") era la stessa adottata poi in Italia: chiudere i bordelli ufficiali, punire come reato lo sfruttamento della prostituzione, ma non dire nulla sulla prostituzione in sè, che finiva in una sorta di limbo, non più legalizzata ma neppure vietata. Dettaglio curioso: dopo essere diventata famosa con la sua battaglia, la Richard si era dedicata ad attività culturali creando fra l'altro un premio di letteratura erotica. Invece Roclore era diventato ministro della Salute.
Lina Merlin ebbe molta meno fortuna politica del suo omologo francese: pochi anni dopo l'entrata in vigore della famosa legge, il Psi decise di escludere la "maestrina veneta" dalle liste dei candidati alle elezioni del 1963. Lei stracció la tessera del partito, polemizzó aspramente sia con la destra che con la sinistra, attaccando indistintamente tutti, "fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinisimo". Poi si ritiró a vita privata a Milano, dove scrisse le sue memorie, pubblicate postume. Morì a Padova nel 1979
Da: Il Giornale
Quel sabato d'addio alle marchette tra canti, balli e qualche lacrima
di Paolo Granzotto
Era un sabato, sabato 20 settembre 1958. Sant'Eustachio. Allo scoccare della mezzanotte l'Italia disse addio alle case di tolleranza o chiuse o, più semplicemente, ai casini.
Le cerimonie dell'addio presero il via il giorno prima. Si era diffusa la voce, tra gli habituèes, che come ultimo, gentile omaggio della Casa, la spettabile clientela avrebbe potuto consumare senza pagar marchetta. Per cui ci fu una gran ressa nei luoghi deputati e poco contó che nella maggioranza dei casi la prestazione a titolo grazioso si rivelasse una leggenda metropolitana.
Si fece baldoria, volarono al soffitto centinaia di tappi di spumante e furono svuotati non so quanti bicchierini di Prunella Ballor o di Vecchia Romagna. Ove presente, il tapeur, il pianista, ci diede dentro a più non posso e vennero intonati cori ai quali gioiosamente si unirono le disinibite signorine, cori che poi finirono per comprendere, per sola voce maschile, l'intera serie delle «osterie», dalla numero uno alla numero mille.
Poi subentró la mestizia, subentró la malinconia. La legge Merlin le aveva certo liberate dal duro giogo della «quindicina», le aveva rese libere, aveva restituito loro la dignità di donna, spezzato le catene della schiavitù. Peró quel sabato a vedere una pensionante esultare ce ne voleva. Forse perchè erano le prime a sapere che ció che la legge Merlin apriva a molte di loro, era il marciapiede.
Nessun luogo dipinto come sentina di depravazione civile e morale fu raccontato in vita e in morte con l'affettuosa indulgenza riservata alle case chiuse. Basta scorrere le pagine di Buzzati o di Giancarlo Fusco, di Zavattini o di Ercole Patti per finire ad Indro Montanelli e al suo «Addio Wanda!» («il colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l'intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perchè era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia»). O ricordare film come «Totó cerca casa» («questo ingresso mi ricorda qualcosa... questa stanza mi ricorda una faccia, che dico, un... » borbottava, nuovo inquilino di un appartamento che fu un bordello) o il passaggio trionfale e trionfante della «quindicina» per le vie di Rimini nell'Amarcord di Fellini, massimo cantore del mondo (lui diceva «della civiltà ») delle case di tolleranza.
Già il nome, poi. Luogo dove si tollera, si dimostra indulgenza per atteggiamenti diversi dai propri. Espressione nata al tempo del Papa Re, quando, ritenendo l'unione fra uomo e donna cosa troppo seria per esser subordinata agli istinti, alle voglie maschili, la Chiesa tollerava - appunto - che le sfogassero extra moenia. In luoghi da essa controllati e amministrati.
Non vorremmo passare per nostalgici e dar l'impressione di sottostimare il fondamentale problema della condizione femminile. O di prendere sottogamba le «problematiche», come s'usa dire oggi, che indussero la senatrice Lina Merlin a promuovere la legge che porta il suo nome. Ma non è retorico affermare che quel 20 settembre 1958 si voltó una pagina della storia e del costume italiano, con i suoi cerimoniali, leggende, personaggi, storie e momenti di gloria (i patriottici bordelli di retrovia durante la guerra 1915-18, con le Veneri tarchiate e brunazze che alla chiamata si presentavano avvolte nel tricolore. Tutta roba che manteneva alto il morale della truppa). Bene, si voltó pagina e si decise di farlo per dare a quante volenti o nolenti imboccassero la via del meretricio un mondo migliore.
Iudicio procede da savere, Cum scritta legge receve repulsa Ecceptuando 'l singular vedere. Per una vista iudicare 'l facto Sentenzia da vertute se resulta Erro e rasone se corrumpe 'l pacto. Non iudicare, se tu non vedi, E non serai ingannato se ciò credi.
[L’Acerba - Cecco d’Ascoli]
I criteri della morale e del diritto non hanno senso se applicati ai processi storici.
[Aleksandr Aleksandrovič Zinov’ev]
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