Tutti i governi italiani si sono sempre attivati per ottenere l'estradizione, sia con la Francia sia col Brasile. Senza Bolsonaro Salvini non avrebbe ottenuto nulla. L'impegno di questo governo è identico a quello dei governi passati. I governi del PD si attivarono in tutti i modi
Arrestato nel paese sudamericano nel 2007, Battisti è stato detenuto in carcere a Brasilia fino al 9 giugno 2011. Ha scontato in totale circa sette anni di carcere. Inizialmente gli fu concesso lo status di rifugiato, poi revocato. Il 31 dicembre 2010 il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva annunciò il rifiuto dell'estradizione in Italia e concesse il diritto d'asilo e il visto permanente (status di "residente permanente"). Della questione tuttavia fu investito il Tribunale supremo federale brasiliano, su sollecito della nuova presidente del Brasile Dilma Rousseff, che l'8 giugno 2011 negò definitivamente l'estradizione, con la motivazione che avrebbe potuto subire "persecuzioni a causa delle sue idee". Battisti fu quindi scarcerato[8], dopo aver scontato la pena per ingresso illegale tramite documenti falsi, rimanendo in libertà fino al 12 marzo 2015, giorno in cui viene nuovamente arrestato dalle autorità brasiliane in seguito all'annullamento del permesso di soggiorno[9], ma viene rilasciato quasi subito. Nell'ottobre 2017 è di nuovo tratto in arresto al confine con la Bolivia, ma scarcerato poco dopo.
Secondo la legge della Repubblica Federale del Brasile i crimini commessi da Battisti sarebbero caduti in prescrizione nel 2013.[10] L'uomo inoltre ha avuto un terzo figlio da una donna brasiliana nel 2013 ed è sposato con una cittadina brasiliana dal 2015, tutti fatti che impedirebbero l'estradizione ai sensi dello Statuto dello Straniero vigente nel paese sudamericano. Contro l'estradizione si sono schierati molti intellettuali di sinistra come Gabriel García Márquez, Bernard-Henri Lévy, Daniel Pennac, Tahar Ben Jelloun, Valerio Evangelisti e anche - a titolo personale - alcuni esponenti sudamericani di Amnesty International.[11][12][13][14]
Altre manifestazioni di solidarietà sono venute dallo scrittore Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez e da 500 tra scrittori[12][206], intellettuali e rappresentanti di organizzazioni non governative per i diritti umani brasiliani, tra cui (a titolo personale) anche esponenti di Amnesty International[11], firmatari di un documento per la concessione dello status di rifugiato politico a Cesare Battisti.[207][208]
Solidarietà a Cesare Battisti è arrivata anche dall'Italia. Il sito internet Carmilla Online nel 2004 ha organizzato una raccolta di firme di solidarietà per Cesare Battisti coinvolgendo oltre 1 500 firmatari nel panorama politico-culturale di Francia e Italia, tra cui Valerio Evangelisti (suo amico personale[43][209] e principale sostenitore in Italia[43]), Wu Ming, Vauro Senesi, Giuseppe Genna, Davide Ferrario, Guido Chiesa, Paolo Cento, Giovanni Russo Spena, Luca Conti, Nanni Balestrini, Gianfranco Manfredi, Mauro Bulgarelli, Sante Notarnicola, Sandrone Dazieri, Alex Cremonesi del gruppo La Crus, Sandro Provvisionato, Graziella Mascia, Marco Rovelli, Paola Staccioli, Pino Cacucci, Christian Raimo[210], Gianni Biondillo, Tiziano Scarpa, Yves Pagès, Massimo Carlotto[211] e anche esponenti del mondo cattolico (tra cui alcuni frati francescani) e un poliziotto francese (a capo di un sindacato di polizia).[210]
Tra i firmatari del documento comparve anche il giornalista e scrittore Roberto Saviano autore di Gomorra che tuttavia, nel gennaio 2009, ritirò la sua firma in segno di rispetto per le vittime. Lo stesso fecero Marco Müller[212], Laura Grimaldi (scrittrice e madre di Gabriele Grimaldi, anch'egli parte dei PAC) e altri.[213] Questa raccolta di firme ha suscitato l'attenzione dei media soprattutto grazie all'interessamento del settimanale Panorama.[214][215][216] Lo scrittore Erri De Luca ha invece negato di avere firmato per Battisti, invocando però una soluzione politica per tutti i fuoriusciti accusati di terrorismo a causa delle loro attività negli anni di piombo, pubblicando un testo su Le Monde.[217]
I difensori di Cesare Battisti, come detto, contestano principalmente le modalità con cui si è svolto il processo contumaciale a carico dell'ex militante dei PAC, in particolare sostengono che le accuse si baserebbero solo sulle dichiarazioni del pentito Pietro Mutti, anch'esso appartenente ai PAC, che avrebbe accusato il compagno per garantirsi gli sconti di pena concessi dalla legge speciale antiterrorismo italiana.[5][218][219]
In Brasile e in America latina, solidali con Battisti sono stati Eduardo Matarazzo Suplicy[220], uno degli avvocati di Battisti e senatore di origini italiane del Partito dei Lavoratori[221], il citato ministro Tarso Genro, la storica Anita Leocádia Prestes[222] (figlia di Olga Benario[223]) e l'accademico argentino Carlos Alberto Lungarzo, il quale sostiene di avere «la certezza assoluta che la falsità delle accuse dei tribunali italiani, servilmente ripetute dalla maggior parte dei membri della corte suprema brasiliana nel 2009, resta ampiamente dimostrata».[224] Matarazzo Suplicy ha attaccato il governo di Silvio Berlusconi, sostenendo che il premier avesse garantito a Lula - in forma riservata durante un incontro al vertice - che l'Italia avrebbe accettato pienamente qualunque decisione del governo brasiliano, senza protestare o minacciare boicottaggi (Berlusconi smentì quest'indiscrezione).[225]
Le reazioni ai falliti tentativi di estradizione
In relazione al caso Battisti si sono avute molteplici attestazioni di solidarietà ai parenti delle vittime degli omicidi commessi da Cesare Battisti e si è duramente criticato la posizione del governo brasiliano. In particolare:
Sul diniego di estradizione da parte del Presidente Lula, il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, che aveva già manifestato "stupore e profondo rammarico dinanzi alla decisione del Ministro della Giustizia Tarso Genro di concedere lo status di rifugiato politico al terrorista Cesare Battisti"[226], ha poi espresso «profonda delusione e contrarietà» per la scelta di Lula definita «incomprensibile».[227]. Lo stesso Presidente Napolitano ha rivolto "un pensiero addolorato alle vittime dei crimini di Battisti come di tutte le vittime del terrorismo".
Vari esponenti politici di tutti i partiti presenti nel Parlamento italiano hanno criticato la decisione del presidente brasiliano Lula di non estradare Cesare Battisti. Tra di essi, Walter Veltroni, Piero Fassino, Angelino Alfano, Daniela Santanchè, Rosy Bindi, Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili a Firenze, Margherita Boniver, Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, Italo Bocchino.[228]
Il Parlamento europeo ha approvato, con un solo voto contrario, una risoluzione, preparata da tutti i partiti italiani di destra e di sinistra presenti nell'europarlamento, per chiedere l'intervento dell'Unione europea a sostegno della richiesta di estradizione di Cesare Battisti dal Brasile[229]. A commento della decisione il capogruppo del Partito Democratico David Sassoli ha dichiarato: Noi rappresentiamo l'Europa dei diritti di tutti ed è un diritto delle vittime quello di sapere che i colpevoli di reati così gravi scontino la pena in carcere.
Sul caso Battisti ha espresso solidarietà alle famiglie delle vittime anche l'Associazione Italiana vittime del terrorismo.
Barbara Spinelli si è occupata più volte dell'affaire Battisti, sia durante il periodo francese[230] sia dopo l'arresto in Brasile[231]. In particolare Barbara Spinelli ha argomentato che Battisti dev'essere considerato un terrorista condannato dopo un regolare processo e non un combattente di una guerra civile vittima di un processo sommario così come ritiene venga considerato dai suoi difensori. Ha invitato inoltre gli intellettuali che lo difendono a prendere piena conoscenza della vicenda processuale di Battisti prima di esprimersi al riguardo; infine, ha dichiarato piena solidarietà ai familiari delle vittime.
Nel gennaio 2011 al Comune di Venezia viene presentata una mozione[232] con la quale si invita a individuare forme di boicottaggio civile degli autori che nel 2004 firmarono l'appello a favore di Cesare Battisti. In seguito la mozione è stata ritirata.
In controtendenza, oltre che dai sostenitori già citati di Battisti, la decisione giuridica del Brasile di Lula è stata difesa, a vario titolo e con diverse motivazioni, da Sergio D'Elia[233], ex terrorista di Prima Linea e politico dei Radicali Italiani (nonché segretario di Nessuno tocchi Caino), dai giornalisti Massimo Fini[234], Paolo Persichetti[235] (ex BR), Gianni Minà[236] e Piero Sansonetti.[237], e dall'ex leader di Potere Operaio Oreste Scalzone.[238] Anche l'Associazione Antigone ha difeso dal punto di vista giuridico e umanitario la decisione.[126]