04-07-2005
La Cina ha i suoi vantaggi
Guido Tabellini
Giovanni Sartori è un illustre politologo. Le sue idee sono spesso importanti e innovative, ed espresse con forza e capacità di persuasione. Per questo, ció che egli scrive va seguito con attenzione. Ma in un paio di recente articoli sul Corriere della Sera, il professor Sartori ha preso una solenne cantonata. Poichè l’argomento è importante, e il suo errore è ricorrente nel dibattito italiano, è bene smascherarlo al più presto.
Vantaggi comparati e assoluti
Il problema affrontato è la Cina, e in particolare l’incapacità dell’Italia e dell’Europa a reggere la competizione con i cinesi. Sartori parte da un dato di fatto: il costo del lavoro (aggiustato per la produttività ) in Cina è molto più basso che da noi, e ció è destinato a durare. Ma allora, si chiede Sartori, cosa possiamo vendere ai cinesi? Nulla, è la sua risposta: "Se e finchè il costo del lavoro in Cina sarà di 10-30 volte inferiore ai costi dei paesi ricchi, allora la legge di Ricardo dei costi comparati richiede che per ripristinare uno scambio che induca i cinesi a comprare in Europa prodotti europei, occorrerebbe che i nostri lavoratori accettino di ridurre da 10 a 30 volte i loro salari". (1)
E questo non è nè giusto nè possibile. Sembra un ragionamento impeccabile. Ma, nonostante il richiamo a Ricardo, confonde vantaggi comparati con vantaggi assoluti. Un semplice esempio chiarisce l’errore. Supponiamo che il costo di produrre una maglietta in Cina sia pari a un ventesimo del costo italiano, e che il costo di produrre una lavatrice in Cina sia un decimo del costo italiano. In regime di libero scambio, l’industria cinese si specializzerà in magliette e importerà lavatrici dall’Italia. Ma come, si chiede Sartori, perchè mai i cinesi dovrebbero comprare lavatrici dall’Italia, se possono produrle a un costo dieci volte inferiore? Perchè per produrre lavatrici, i cinesi dovrebbero rinunciare a produrre magliette; e, dato il loro vantaggio comparato, questo proprio non gli conviene. àˆ molto meglio per i cinesi produrre magliette, e con il ricavato comprarsi le lavatrici italiane.
Questo non vuol dire che tutto vada bene, e che non dobbiamo preoccuparci della Cina. Dobbiamo preoccuparcene eccome. Ma la ragione non è che i cinesi sono pagati molto meno di noi. La ragione è che la Cina sta erodendo un nostro vantaggio comparato. Continuando con l’esempio precedente, una volta compravamo riso dai cinesi, vendendo loro sia magliette che lavatrici. Ora, la Cina ha fatto un salto tecnologico: ha acquisito un vantaggio comparato sulle magliette, lo ha perso sul riso (magari verso un paese terzo che diventa esportatore di riso). L’Italia, che esportava magliette e lavatrici, ha subito un peggioramento delle sue ragioni di scambio. Ora riesce a esportare solo lavatrici, le sue magliette non le compra più nessuno: per l’Italia è una perdita netta di benessere. Sottigliezze inutili, dirà uno scettico. Se oggi la Cina ha eroso il nostro vantaggio comparato sulle magliette, domani lo farà con le lavatrici. Alla fine, il risultato sarà sempre lo stesso, la de-industrializzazione del nostro paese. Ma l’obiezione non regge. La Cina non puó acquisire un vantaggio comparato in tutti i settori. Altrimenti, torneremmo a confondere vantaggio comparato e assoluto.
Un grande mercato in espansione
Vedere il problema in termini di vantaggi comparati aiuta a capire che la Cina non è solo una minaccia, ma anche e soprattutto un’opportunità . Un paese di 1 miliardo e 300 milioni di persone, il cui reddito cresce dell’8 per cento all’anno per qualche decennio, è un gigantesco mercato in espansione. La Cina non importa solo petrolio e materie prime, ma anche beni di consumo e prodotti industriali di ogni genere. Nel 2004 è stato il terzo partner commerciale dell’Unione Europea sul lato delle esportazioni, davanti a Giappone e Russia. Qualcuno ne ha saputo approfittare: le esportazioni della Germania verso la Cina sono triplicate tra il 1999 e il 2003. Ma per approfittarne anche noi, dobbiamo evitare gli errori. Il protezionismo non è una via d’uscita. Con o senza barriere commerciali, non riusciremo a difendere un vantaggio comparato in settori in cui ció che conta è solo la quantità di lavoro. Non ci sono riusciti altri ben più agguerriti di noi, come gli Stati Uniti.
Tra il 1997 e il 2001, l’industria tessile e dell’abbigliamento americano ha distrutto più di 180mila posti di lavoro. Dal 2001 al 2004 ne ha persi altri 350mila. Uno studio di McKinsey conclude che entro pochi anni la Cina potrebbero raggiungere il 50 per cento delle esportazioni mondiali nel tessile. Possiamo rallentare questa tendenza, ma non invertirla. La vera sfida è rinforzare i vantaggi comparati in altri settori. Questo vuol dire sfruttare meglio la mano d’opera istruita, trattenere in Italia i nostri migliori scienziati, migliorare le istituzioni e le infrastrutture, liberalizzare i servizi, facilitare la riallocazione delle risorse. Non sono "pannicelli caldi", come li chiama Sartori. Sono l’unica cosa sensata da fare.
I nostri uomini politici hanno già le idee piuttosto confuse. Cominciano a essere tentati dal protezionismo e dal populismo. Non diamo loro altre scuse per evitare di affrontare le vere sfide economiche del paese.
PAROLE SANTE..ASSOLUTAMENTE D'ACCRDO
dal basso della mia enorme ignorazna ho sempre detto le stesse cose.
la cosa buffa è che oggi leggevo..in UN ANNO a genova 450 posti di lavoro persi nel metalmeccanico..150 cassa integrati
noi da 3 anni siamo in attivo paura e come utili voliamo..solo perchè facciamo progetti speciali adl alta tecnolgia (e siamo in venti)...
x quanto valga il fatturato, ogni anno aumenta dal 50% al 35%....ok spendiamo molto x ricerca e sviluppo..ma è un paicere vedere a quanta gente vendiamo prodotti...
e poi, come detto spesso, noi non produciamo in cina x vneder ein europa sotocosto..noi produciamo in cina x vnedere in cina
pochi sanno che il tessile in cina è in merda..tutti giocano al ribasso..non puoi andare avanti al ribasso in eterno..troverai sempre qualcuno che gioca più basso di te..
i venditori che un tempo avevano ricarichi del 20% ora se tirano su l'1.5% è tanto..e hanno concorrenza spietata cinese e non (roba che si resgistrano di nascosto le riunioni con le microspie...pazzesco..)
una guerra commerciale NON si fa così...

tantomeno col protezionismo
che vinca il migliore.
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
Now I lay me down to sleep,Pray the lord my soul to keep.And if I die before I wake pray the lord my soul to take.