



Bah, Extreme, adesso non esagerare... mi pare che qui nessuno abbia offeso Camminatore... per me le offese (vere) sono altre...
CAMMINATORE OFFENDITI E POI DIMETTITI!!!




Moderatori: Super Zeta, AlexSmith, Pim, Moderatore1
radek66 ha scritto:![]()
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Bah, Extreme, adesso non esagerare... mi pare che qui nessuno abbia offeso Camminatore... per me le offese (vere) sono altre...
CAMMINATORE OFFENDITI E POI DIMETTITI!!!
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superzeta ha scritto: Camminatore smettila, taci...
Fidati, ti conviene...
Qualunque cosa scrivi è una minchiata
Ti prendono per il culo tutti
Ti rendi conto che sei una macchietta che saltella a caso su una tastiera?
Non brillo per pazienza, smettila dai...non farmi innervosire
E' + forte di me, sono allergico all'idiozia
superzeta ha scritto: Nemmeno il nome conosce!!!
Camminatore ma i tuoi parenti quando ti incrociano per strada cambiano strada per la vergogna?
CAMMINATORE PARTORISCITI E DISCONOSCITI
SuSEr ha scritto:Non mi sembra che il problema sia questo.extreme ha scritto: mi sembra esagerato solo perchè uno riporta delle notizie e sostiene idee diverse da qualcuno...
diciamo che anche Mr.Cirio allora a troiate s'è difeso bene in vita sua se è vero che il prossimo presidente del consiglio sarà lui.............just for par condicio............Super Zeta ha scritto:Se Camminatore avesse un euro per ogni troiata che scrive avrebbe soldi a sufficienza per diventare il prossimo presidente del consiglio...
Se uno scrive su un forum si espone ai commenti di tutti... positivi o no che siano. Onestamente non leggo queste grandi offese di cui parli.extreme ha scritto:[
berry, basta lasciarlo nel suo brodo...che motivo c'è d'insultarlo ?
SANTA PAZIENZA!outlandos00 ha scritto:diciamo che anche Mr.Cirio allora a troiate s'è difeso bene in vita sua se è vero che il prossimo presidente del consiglio sarà lui.............just for par condicio............
BERLUCONI:Procedimenti giudiziari e accuse nei suoi confronti
Romano Prodi è stato coinvolto in alcuni procedimenti giudiziari, in ciascuno di essi è stato riconosciuto non colpevole dalle accuse e non si è andati oltre le udienze preliminari: in alcuni casi è stata disposta l'archiviazione, in un caso si è prodotta sentenza, dichiarando il «non luogo a procedere» perchè «il fatto non sussiste».
Il caso Moro
Il 10 giugno 1981, prim'ancora di affermarsi come politico, Romano Prodi fu chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro perchè aveva dichiarato di aver partecipato per gioco, il 2 aprile 1978, ad una seduta spiritica durante un pranzo familiare in una casa di campagna di alcuni amici (tra cui Mario Baldassarri e Alberto Cló, quest'ultimo propositore del gioco e proprietario della casa dove erano ospiti, oltre ai suddetti, il fratello di Cló, le relative fidanzate, e i figli piccoli dei commensali). I commensali raccontarono agli inquirenti che nel corso della seduta iniziata per gioco, alla domanda "dove è tenuto prigioniero Aldo Moro?", il piattino utilizzato avrebbe composto varie parole: prima alcune senza senso, poi Viterbo, Bolosena e Gradoli. Aldo Moro, rapito 17 giorni prima, il 16 marzo 1978, era al momento tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. Il professor Prodi, in seguito alla seduta, si recó a Roma il 4 aprile, e raccontó dell'indicazione al proprio conoscente Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell'on. Benigno Zaccagnini.
Ecco le parole di Prodi, dai verbali della testimonianza:
«Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco del piattino, termine che conosco poco perchè era la prima volta che vedevo cose del genere. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa e visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa. Se non ci fosse stato quel nome sulla carta geografica, oppure se fosse stata Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito. Il fatto è che il nome era sconosciuto e allora ho riferito.».
L'informazione fu ritenuta attendibile, al punto che quattro giorni dopo, il 6 aprile, la questura di Viterbo, su ordine del Viminale, organizzó un blitz armato nel borgo medievale di Gradoli, vicino Viterbo, alla ricerca della prigione di Moro. Tuttavia, fu trascurata un'altra indicazione che la moglie dell'onorevole Moro avrebbe ripetutamente fornito, relativa all'esistenza a Roma di una "via Gradoli" (Francesco Cossiga, all'epoca Ministro dell'interno, disse peró che su questo punto doveva smentire la signora Moro). Fallito il blitz conseguente alla seduta spiritica, il 18 aprile i vigili del fuoco, a causa di una perdita d'acqua, scoprirono a Roma, in via Gradoli 96, un covo delle Brigate Rosse da poco abbandonato, che si sarebbe rivelato come la base operativa del capo della colonna romana delle BR, Mario Moretti, il quale aveva preso parte all'agguato di via Fani.
Il caso venne riaperto nel 1998 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e le stragi, dalle parole del Presidente di Commessione se ne evincono i motivi:
«Non è assolutamente credibile che il nome Gradoli sia venuto fuori in una seduta spiritica in cui sarebbe stato evocato lo spirito dell'onorevole La Pira, affinchè rivelasse il luogo in cui Moro era tenuto prigioniero. Ho dovuto invece ritenere che il nome Gradoli fosse filtrato nell'ambiente dell'Autonomia bolognese, e che il riferimento alla seduta spiritica, fosse un singolare, quanto trasparente espediente di copertura della fonte informativa».
Il fine della Commissione era perció accertare se la vicenda della seduta spiritica fosse in realtà un'architettura per celare la vera fonte del nome "Gradoli" (per esempio un informatore vicino alle BR) e anche cercare di capire se il nome "Gradoli" fosse stato comunicato con tanta celerità alle forze dell'ordine con lo scopo di salvare Moro. L'allora presidente del consiglio Prodi, dati gli impegni politici di poco precedenti alla caduta del suo governo nell'ottobre 1998, si disse indisponibile per ripetere l'audizione, si dissero disponibili Mario Baldassarri (esponente di AN e viceministro per l'Economia e le Finanze dei governi Berlusconi II e Berlusconi III, al tempo del rapimento di Moro docente presso l'Università di Bologna, vedasi audizione relativa) ed Alberto Cló (ministro dell'Industria nel governo Dini e proprietario della casa di campagna, al tempo del rapimento di Moro assistente e poi docente di economia all'Università di Modena, vedasi audizione relativa), anche loro presenti alla seduta spiritica: entrambi, pur ammetendo di non credere allo spiritismo e di non aver più effettuato sedute spiritiche dopo quella, confermarono la genuinità del risultato della seduta (alla critica sul fatto che qualcuno avebbe potuto guidare il piattino Cló sostenne che la parola "Gradoli", così come "Bolsena" e "Viterbo", si erano formate più volte e con partecipanti diversi) e dichiararono che nè loro, nè, per quanto ne sapevano, nessuno dei presenti (partecipanti al gioco del piattino o meno) aveva conoscenze nell'ambiente dell'Autonomia bolognese o negli ambienti vicini alle BR.
Presidenza dell'IRI e vendita della SME
Le vicende riguardanti la vendita, risalente al 1993, da parte dell'IRI delle proprie società alimentari, facenti capo principalmente alla finanziaria SME, è stata oggetto d'indagini da parte della magistratura, quindi Romano Prodi, in quanto presidente dell'IRI durante la privatizzazione, è stato oggetto d'investigazione, insieme al consiglio d'amministrazione dell'IRI.
L'IRI, durante il primo mandato di Prodi, nel 1985 fallì nell'intento di cedere la SME a privati. Dopo aver ottenuto per l'intero assetto della società solo l'offerta d'acquisto della Buitoni di Carlo De Benedetti, con essa sigló una intesa preliminare, da far approvare dal proprio Cda e dal governo. L'accordo prevedeva la vendita dell'intera partecipazione dell'IRI, pari al 64% del capitale, della SME e la cessione della Sidalm, a un prezzo in linea con quanto stabilito dalle perizie effettuate su richiesta dell'ente pubblico a soggetti terzi[1]. Tale accordo non portó peró ai suoi effetti. Nonostante l'approvazione all'unanimità del consiglio dell'IRI, fermamente intenzionata ad uscrire dal settore alimentare, decisione appoggiata anche dal Comitato interministeriale per la Politica Industriale (CIPI), quanto stabilito saltó perchè, alla fine, venne meno l'appoggio del governo, presieduto allora da Bettino Craxi, che vedeva come ministro per le Partecipazioni statali Clelio Darida, con cui il presidente dell'IRI aveva fino alla stipula dell'accordo relazionato sulla vicenda. Vi fu così un primo rinvio della decisione, causato dall'arrivo di una offerta anonima superiore del 10% di quella di De Benedetti poco prima dei termini a disposizione, seguita da una ulteriore offerta, da parte di Barilla, Berlusconi e Ferrero, davanti un'altra scadenza e da quelle di altri imprenditori. De Benedetti volle portare la questione con l'IRI in tribunale perchè si sentì discriminato e pensó di poter far valere come contratto l'accordo firmato con Prodi. Dalla sentenza di primo grado, che diede torto alla Buitoni, scaturì il Processo SME, che vede imputati Silvio Berlusconi e altri per corruzione di giudici. Ció nonostante, la sentenza in appello venne confermata, seppur criticandone le motivazioni addotte[2], e così anche in cassazione.
Toccata da problematiche giudiziarie, da dispute politiche e senza un esplicito assenso governativo, la questione della privatizzazione della SME venne nei successivi anni messa completamente da parte, nel 1988 un nuovo intervento del CIPI riconsideró strategico il mantenimento del gruppo.
A distanza di molto tempo Berlusconi, nel corso del suo processo per corruzione di magistrati, durante il suo mandato di presidente del Consiglio, è intervenuto in sua difesa con delle dichiarazioni spontanee che hanno richiamato l'attenzione di Prodi. Qui ha sostenuto di aver fatto un'opera meritoria con il suo intervento, risparmiando allo Stato un cattivo affare, introducendo dubbi sulla correttezza della cessione a De Benedetti e al valore reale della partita. Ció ha portato a una reazione di Prodi, allora presidente della Commissione, con la pubblicazione di comunicati stampa e documentazione in difesa del suo operato [2].
La vendita della SME avvenne solo tra il 1993 e il 1996, senza essere venduta per intero, ma suddivisa in varie parti. I procedimenti giudiziari che hanno coinvolto Prodi sono stati quattro, in tre è presente l'ipotesi di reato d'abuso d'ufficio. Il primo è iniziato dalle denunce contro ignoti di Giovanni Fimiani, un imprenditore condannato per bancarotta, che ha attribuito il fallimento delle proprie imprese al comportamento assunto dall'IRI. Richiamante l'intesa preliminare del 1985 per la cessione della SME dall'IRI alla Buitoni, venne archiviato nel 1997, ritenendo i magistrati privi di attendibilità le accuse di complotto ai suoi danni e i motivi avanzati dal denunciante sottostanti al fallimento delle proprie aziende. Per la vendita della Italgel alla Nestlè i magistrati convengono nell'archiviazione (1999), il reato ipotizzato viene escluso e si riconosce che il prezzo pagato dal compratore sia stato determinato secondo le procedure richieste.
Gli ultimi due casi riguardono la cessione della Cirio-Bertolli-De Rica e di parte di questa dalla Fisvi all'Unilever, che portó a una sentenza d'assoluzione nell'udienza preliminare, e delle consulenze che Prodi avrebbe svolto per Goldman Sachs e General Electric durante il mandato all'IRI, indagini seguite in conseguenza di un articolo della stampa, che parlava anche di evasione fiscale, di cui la magistratura conviene nel disporre l'archiviazione nel 2002.
Il caso Cirio
Nell'ambito delle indagini per la vendita della Cirio-Bertolli-De Rica, Romano Prodi era indagato per abuso d'ufficio. Prodi era stato nel 1990 advisory director della Unilever NV (Rotterdam) e della Unilever PLC (Londra), gruppo che secondo le indagini aveva gestito la trattativa attraverso la Fisvi. Secondo l'accusa quindi Prodi avrebbe favorito la Fisvi, sebbene questa non avesse i mezzi finanziari per acquistare la Cirio-Bertolli-De Rica, in modo da agevolare indirettamente l'Unilever, aggirando così l'obbligo di conseguimento del miglior prezzo previsto dalle direttive CIPE.
L'inchiesta fu nota dal 23 febbraio 1996 e portó a una sentenza di non luogo a procedere nell'udienza preliminare il 22 dicembre 1997, con la più ampia formula di proscioglimento «perchè il fatto non sussiste». Il GUP Eduardo Landi citó nelle motivazioni anche la riforma dell'abuso d'ufficio, varata pochi mesi prima (il 10 luglio) su iniziativa dell'Ulivo e votata anche dalla coalizione avversaria.
La riforma dell'abuso di ufficio era prevista nei programmi di tutte le forze politiche presentatesi alle elezioni del 1996. Il lavoro su questo argomento era già stato avviato da diversi gruppi parlamentari e dal Governo Dini fino alle elezioni dell'aprile '96. Il provvedimento nasceva quindi non per iniziativa governativa ma per iniziativa parlamentare. La riforma, fu, fin dal maggio del '96, oggetto di un confronto con i sindaci di tutti gli orientamenti politici che sollecitavano provvedimenti tesi a far superare difficoltà , resistenze e ostacoli che appesantivano il lavoro delle amministrazioni locali.
L'abuso di ufficio, così com'era allora configurato, conferiva ai giudici un ampio potere discrezionale di giudizio nei confronti delle scelte degli amministratori locali, determinando sovente rallentamenti anche molto rilevanti delle attività delle amministrazioni, per questo la necessità di provvedere a questa riforma raccoglieva il consenso unanime degli amministratori locali sia di centrodestra sia di centrosinistra.
Il giudice pronunció una sentenza di non luogo a procedere con la più ampia formula di proscioglimento (il fatto non sussiste) e con l'acquisizione di una perizia d'ufficio che accertó la congruità del prezzo di vendita della parte della SME ceduta. La sentenza confermó la regolarità del procedimento seguito per la vendita ed il Giudice ha inoltre accertato che Prodi non aveva avuto rapporti con Unilever e aveva comunque già cessato il proprio rapporto con Goldman Sachs nel periodo in cui è avvenuta la cessione di CBD a favore di Fisvi, cui è seguita quella parziale per il settore "olio" in favore di Unilever.
Alcuni hanno criticato tale riforma e la sua relazione con l'indagine su Prodi. I giornalisti Peter Gomez e Marco Travaglio definiscono «per certi versi imbarazzante[3]» il fatto che tra le motivazioni ci sia un riferimento alla legge varata dal'Ulivo, ma riconoscono che tale riferimento «non fu affatto decisivo per quella sentenza»[4] in quanto Prodi fu prosciolto perchè il fatto non sussisteva. Secondo Silvio Berlusconi invece «Prodi s'è salvato grazie all'amnistia e alla modifica dell'abuso d'ufficio. Quelle sì che furono leggi ad personam, quando lui doveva rispondere davanti ad un GIP dei finanziamenti che le sue partecipazioni statali davano alla DC» (21 Gennaio 2006). Tuttavia Romano Prodi non ha usufruito dell'amnistia e non è stato indagato per finanziamento illecito.
Telekom Serbia
Durante il governo Prodi nel 1997, Telecom Italia (al tempo ancora in buona parte di proprietà pubblica) ha acquistato il 29% di Telekom Serbia, l'operatore nazionale serbo di telefonia fissa, ad un prezzo pattuito di circa 893 milioni di marchi (pari a 878 miliardi di lire).
La vicenda e il suo relativo sviluppo hanno suscitato l'interesse del Parlamento nella successiva legislatura, che ha visto un cambio di maggioranza verso la coalizione guidata da Silvio Berlusconi, la quale decide d'istituire una Commissione d'inchiesta dedicata al caso[5].
Secondo quanto regolavano le procedure in vigore fra le società a partecipazione statale e il ministero del Tesoro, la Telecom non aveva bisogno d'informare o di attendere autorizzazioni e poteva stabilire gli accordi in autonomia, il che escluderebbe un ruolo di Romano Prodi nella vicenda. Questo era stato predisposto dal ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi in vista delle privatizzazioni che erano state programmate, per meglio garantire i mercati da interferenze di tipo politico. Dopo pochi mesi dall'accordo in Serbia (fatto all'interno di un piano di espansione che ha portato ad acquisizioni anche in molteplici altre nazioni, in linea con una condotta praticata anche da altre società estere), per la Telecom inizió il processo di collocamento nel mercato di gran parte delle quote pubbliche.
La svalutazione delle quote di Telekom Serbia succedutasi nel tempo è una delle accuse che sono state mosse all'operazione e a chi ne è responsabile, questo avrebbe comportato una perdita d'incassi da parte dello Stato, con una somma stimata in base alla differenza fra l'acquisizione del 1997 e la vendita effettuata nel 2003 (per un importo di 193 milioni di euro). Le azioni del Tesoro sono state collocate mentre in borsa il titolo cresceva e la quota posseduta di Telekom Serbia ha iniziato a perdere valore quando lo Stato era in possesso di solo il 5% delle azioni. Evidente causa della perdita di valore dell'investimento (il cui controvalore venne confermato nei controlli effettuati all'atto della privatizzazione) sono state le operazioni di guerra, portando a una sua riduzione costante. I vertici di Telecom hanno potuto e sono voluti entrare in una situazione che vedeva una Serbia, uscente da un conflitto con la Bosnia, da diversi mesi liberata dall'embargo, revocato dall'ONU, e dalle direttive della Comunità Europea, così potenzialmente aperta agli investimenti dall'estero.
L'accusa iniziale è di aver ricevuto tangenti dal presidente serbo Slobodan Milosevic per finanziare la ricostruzione del Paese. Dalle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini la commissione parlamentare incaricata ricostruisce una vicenda di tangenti pagate a Prodi, Piero Fassino, Lamberto Dini, Francesco Rutelli e altri, le notizie vengono rilanciate da una parte dei media, e dallo stesso Berlusconi, secondo il quale: «La vicenda Telecom Serbia è tutta una tangente[6]». Il teste viene in seguito dimostrato essere non credibile, le sue dichiarazioni si rivelano delle calunnie e vengono completamente smentite dalla magistratura. La prove chiave delle sue accuse, due ordini di versamento, si rivelano dei falsi[7]. La commissione parlamentare nel suo resoconto finale non formula alcuna accusa diretta. Il centrosinistra ha sempre rinnegato la liceità della commissione, definendola uno strumento di propaganda, fino ad abbandonarne i lavori. Il 21 aprile 2006, Maurizio De Simone, Giovanni Romanazzi e Antonio Volpe, tre dei testimoni chiave che avevano procurato alla commisione di inchiesta alcuni documenti relativi, tra le altre cose, ad una supposta tangente di 125 mila dollari versata a Prodi e Dini, vengono rinviati a giudizio per calunnia aggravata con l'accusa di aver fabbricato delle prove false.
Consulenze Nomisma
In seguito alla sua prima elezione alla presidenza IRI nel 1982, a Prodi venne contestato di non aver abbandonato il ruolo di dirigente in Nomisma, configurando un potenziale conflitto di interessi.
Negli anni successivi l'IRI stipuló alcuni contratti di consulenza con la società , che portarono a dubitare sulla trasparenza dell'operazione: in un primo processo, concluso nel 1988, Romano Prodi venne assolto con formula piena in quanto alla luce delle indagini non si configurava reato nel suo comportamento.
Il giudice Francesco Paolo Casavola che lo assolse dichiaró::«L'idea che le commesse siano state affidate perchè a richiederle erano il presidente dell'Iri e il suo assistente alle società collegate è verosimile, ma non assume gli estremi di reato».
Una seconda questione venne sollevata riguardo ad alcune consulenze nel settore Alta Velocità svolte da Nomisma tra il 1992 e il 1993. Prodi era stato scelto a partire dal 16 gennaio 1992 come "Garante del Sistema Alta Velocità " dai vertici delle Ferrovie dello Stato, con il compito di effettuare le valutazioni di impatto economico e ambientale legate alla costruzione della nuova rete TAV italiana. Una seconda commissione ("Comitato Nodi") composta dal professor Carlo Maria Guerci, da Giuseppe De Rita e dall'architetto Renzo Piano e presieduta da Susanna Agnelli, venne incaricata di elaborare un piano di riqualificazione delle strutture e dei servizi delle Ferrovie.
Prodi lasció l'incarico di Garante il 20 maggio 1993 per tornare alla presidenza dell'IRI su richiesta dell'allora Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1996 un'inchiesta sulla questione portó a una serie di 40 perquisizioni della Guardia di Finanza e al sequestro di numerosi documenti riguardanti la TAV, operazione disposta dal PM di Roma Giuseppa Geremia, e ad un'imputazione per concorso in abuso d'ufficio verso Ercole Incalza (ex amministratore della TAV) ed Emilio Maraini (ex-dirigente Italfer). Prodi non venne coinvolto direttamente in questa seconda inchiesta.
In seguito ad un articolo polemico [3] apparso sul Daily Telegraph in data 4 maggio 1999, a firma Ambrose Evans-Pritchard, l'Unione Europea ritenne di dover precisare la posizione di Prodi sulla questione [4], dichiarando che
Il Sig. Prodi non ebbe ruolo decisionale nell'assegnazione dei contratti a Nomisma. Inoltre, il Sig. Prodi non aveva alcun interesse, finanziario o altro, in Nomisma. Non era azionista e non copriva alcun ruolo operativo o decisionale nella compagnia. Era semplicemente il presidente del comitato scientifico della compagnia.
Sentenze di colpevolezza
Reati estinti per prescrizione con concessione di attenuanti
La Corte di Cassazione ha ribadito che, riguardo ai casi di prescrizione dovuta alla concessione di attenuanti, "Qualora l'applicazione della causa estintiva della prescrizione del reato sia conseguenza della concessione di attenuanti, la sentenza si caratterizza per un previo riconoscimento di colpevolezza dell'imputato ed è fonte per costui di pregiudizio" (Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza n. 5069 del 21 maggio 1996). Di seguito le sentenze che ricadono in tale categoria:
Lodo Mondadori, corruzione giudiziaria (attenuanti generiche, sentenza definitiva)
Caso All Iberian 1, 23 miliardi di tangenti a Craxi (attenuanti generiche, sentenza definitiva)
Sme-Ariosto 1 - imputazione sui 434.404 dollari a Renato Squillante, corruzione giudiziaria (attenuanti generiche in I grado, appello cancellato dalla legge Pecorella)
Caso Lentini, falso in bilancio (attenuanti generiche e nuova legge intervenuta, sentenza definitiva)
Reati estinti per intervenuta amnistia
Falsa testimonianza P2 (amnistiato, sentenza definitiva)
Terreni Macherio, imputazione per uno dei due falsi in bilancio (amnistiato, sentenza definitiva)
Imputazioni che non costituiscono più reato
Caso All Iberian 2 (falso in bilancio, sentenza di I grado)