Iraq, gli sciiti: "Il Corano per legge"
Inviato: 07/02/2005, 23:15
Iraq, gli sciiti: "Il Corano per legge"
di Matteo Durante
7/2/2005
Largamente vittoriosi nelle urne del voto, gli sciiti hanno proclamato che il Corano e la sharja, la legge islamica, devono essere l'unica fonte di diritto per il futuro ordinamento giuridico dell'Iraq. Una dichiarazione che pesa come un macigno sul processo di democratizzazione della società irachena e sulla laicità dello Stato che dovrà prendere forma nei prossimi mesi. Ad aggavare la situazione anche l'appoggio del grande ayatollah Alì Sistani, considerato figura pragmatica e prudente, se non un vero e proprio moderato > Per capire il voto iracheno > Immagini
Forti dei risultati delle elezioni del 30 dicembre, che per quanto ancora provvisori attribuiscono loro una massiccia vittoria, gli sciiti iracheni alzano il tiro e chiedono che l'Islam sia l'unica fonte della legislazione nella futura Costituzione del Paese.
MODELLO IRAN
Una mossa a sorpresa, non solo perchè questa pretesa che sembra dare il via alla creazione di uno stato confessionale sul modello dell'Iran non solo è stata compiuta per conto e nel nome delle istituzioni ufficiali della comunità di gran lunga maggioritaria nel Paese, ma anche e soprattutto in quanto vi si è associata la massima autorità spirituale sciita irachena, il grande ayatollah Ali al-Sistani, considerato figura pragmatica e prudente, se non un vero e proprio moderato.
A parlare è infatti lo sceicco Ibrahim Ibrahimi, rappresentante del grande ayatollah Mohammad Ishaq al-Fayad, uno dei cinque componenti della Marja al-Taqlid (in lingua araba Fonti dell'Emulazione): il supremo consiglio dei dotti sciiti a capo del quale c'è lo stesso Sistani, quale primus inter pares. E Al Sistani, che in un primo momento era stato indicato da Ibrahimi come d'accordo sulla richiesta, ha poi fatto sapere attraverso un proprio portavoce di appoggiarla completamente.
"Tutti gli ulema (teologi), i marjiaa (punti di riferimento religiosi) e la maggioranza del popolo iracheno chiedono all'Assemblea nazionale di fare in modo che l'Islam sia nella Costituzione permanente la fonte della legislazione e di rifiutare qualsiasi legge contraria all'Islam", riporta il comunicato diffuso nella città santa sciita di Najaf sheikh Ibrahim Ibrahimi, portavoce del Grande ayatollah Ishaq Al-Fayad.
SCONTATA VITTORIA DI SISTANI
Secondo i dati provvisori resi noti fino ad ora, l'Alleanza degli iracheni uniti, il ragruppamento sciita appoggiato dal grande ayatollah Ali Sistani, ha ottenuto in base allo spoglio del 35 per cento dei seggi il 67 per cento dei voti.
Al secondo posto, con il 17,5 per cento, c'è il partito del premier Iyad Allawi, anche lui sciita ma di impostazione laica.
Ma sin dall'indomani del voto il risultato era scontato, tanto che Abdul Aziz al Hakim, il religioso alla guida del primo gruppo politico iracheno, il Consiglio supremo sciita della rivoluzione islamica in Iraq (Sciri) aveva affermato che l'Alleanza "ha conseguito una vittoria travolgente".
Secondo alcune previsioni dovrebbero ottenere tra i 100 e 150 seggi dei 275 che formeranno la futura Assemblea, che avrà il compito di redigere la Carta Costituzionale del nuovo Iraq.
Che a questo punto rischia di non essere più così democratico come in Occidente si sperava diventasse, una volta liberatolo da Saddam.
La questione della legge islamica nella Cosituzione era già stata sollevata lo scorso anno e aveva causato pesanti frizioni, di cui fu protagonista tra gli altri il leader religioso radicale sciita Moqtada Sadr, quando il Consiglio di governo provvisorio elaboró una Carta in base alla quale si sono poi tenute le elezioni del 30 gennaio.
La formula di compromesso infine approvata afferma che "l'Islam è la religione di Stato e deve essere considerata una fonte di legislazione. Nessuna legge che contraddica i precetti universalmente riconosciuti dell'Islam puó essere accettata".
Vero che il grande ayatollah Sistani, alle elezioni non si è candidato e non ha votato, affermando di non poterlo fare essendo nato in Iran, 73 anni fa. Tuttavia, il suo volto era su migliaia di poster elettorali e in molti ora affermano che la sua "benedizione" della lista dell'Alleanza è stata fondamentale per la vittoria.
AYATOLLAH VUOLE L'ISLAM NELLA LEGISLAZIONE
Secondo alcune fonti, anche lui esige che l'Islam sia la fonte della legislazione.
Un esperto politico iracheno citato oggi dalla Afp ritiene che con ogni probabilità , Sistani "non si impegnerà direttamente nell'elaborazione del testo (della Costituzione) o nel funzionamento dell'Assemblea nazionale, ma certamente farà sapere, anche pubblicamente, se giudica che ci sono delle cose inaccettabili".
Evidentemente lo sta già facendo, visto che il comunicato diffuso oggi a Najaf è stato elaborato da due dei quattro grandi ayatollah che guidano la marjayia sciita irachena.
I quattro religiosi sono: Ali Sistani appunto, Mohammad Ishaq Al-Fayd, Bashir Al-Najafi e Mohammad Said Hakim.
La loro posizione, espressa nel comunicato, è chiarissima: "Mettiamo in guardia i responsabili contro una separazione tra Stato e religione, in quanto ció è completamente rifiutato dagli ulema e dai marjiaa. Non accetteremo alcun compromesso su tale questione".
ORIGINARI DI NAJAF
Al pari di Sistani e di Fayad, tutti i componenti della Marja vivono nella città santa sciita di Najaf, a sud-est di Baghdad, con la sola eccezione dell'ayatollah Kazem al-Hairi,il quale risiede in Iran.
Anche se è stato grande il travaso, negli ultimi trent'anni, tra èlite sciita irachena e iraniana. Lo stesso Sistani era in esilio all'epoca del regime di Saddam Hussein in Iran.
Mentre l'ayatollah Ali Khamenei, massima guida spirituale iraniana dopo la morte di Khomeini e presidente della Repubblica sciita a Teheran, ha studiato nella scuola coranica di Najaf, in Iraq, seconda città santa per tutti gli sciiti dopo la Mecca.
Gli altri prelati facenti parte del gran consiglio sono l'ayatollah Bashir al-Najafi e l'ayatollah Mohammad Said Hakim, alla guida del primo gruppo politico iracheno, il Consiglio supremo sciita della rivoluzione islamica in Iraq (lo Sciri).
DOVE VIGE LA SHARIA
Sono oltre 40 i PAesi, al mondo, che ispirano i propri ordinamenti alla religione musulmana. Islam, alla lettera, significa infatti "sottomissione a Dio" della condotta singola, comunitaria e politica. Per questo anche il diritto è regolato dai precetti religiosi e i peccati diventano reati
1) Innanzi tutto, Sharia alla lettera significa "via da seguire" e contiene le norme religiose, guiridiche e sociali direttamente fondate sui precetti del Corano - il sacro testo musulmano; norme teologiche e morali che investono la sfera privata, affiancate da quelle che in Occidente sarebbero definite norme di Diritto privato: norme fiscali e processuali.
Le fonti del Diritto, negli Stati - come, per esempio, Iran e Arabia Saudita - dove vige la Sharia sono 4: Corano, la Sunna, l'opinione comune, e l'interpretazione analogica.
2) I Giudici, che fanno discendere la loro autorità direttamente dalla religione, hanno un ruolo molto discrezionale. Anche perchè il Corano non offre molto "materiale" in questo senso: dei 6237 versetti che lo compongono, solo il 10% si riferisce a temi giuridici in senso stretto. Per questo trovare posizioni unitarie nell'interpretazioni della Sharia è velleitario e proprio sul "come" leggere la legge, spesso, all'interno degli stessi Stati musulmani, si assiste allo scontro dialettico tra conservatori e riformatori.
In aiuto dei Giudici, laddove il Corano non indica soluzioni, si fa ricorso a fonti non canoniche, quali la "consuetudine=urf", i "decreti del sovrano=qanun" e il "pubblico interesse=maslaba".
3) Ovviamente, dato il carattere religioso che ha l'intero sistema giuridico, negli Stati in cui domina la Sharia, la distinzione tra reato e peccato non è netta. E qualora la cerchia dei giuristi-teologi esprima un parere - sostenuto da ampio consenso comune - esso vale come norma da seguire. Per la legge islamica, comunque, i peccati/reati sono di tre grandi categorie: gli hudud, i reati più gravi come l'apostasia, la bestemmia o l'adulterio e sono puniti con la flagellazione, la lapidazione o la decapitazione (come ancora oggi avviene in Arabia Saudita, in cui le esecuzioni capitali avvengono in piazza ad opera di un boia armato di scimitarra).
Poi seguono i qisas, cosiddetti delitti di sangue, puniti con la legge "del taglione", anche se - in caso di acordo tra vittima e l'autore del crimine - il caso puó essere risolto con un indennizzo in denaro.
Il terzo blocco di peccati, i tazir, comprende i reati più lievi e su questi è molto forte il potere discrezionale dei Giudici: furti, sodomia, il consumo di alcol (che oggi in Iraq è tollerato), la disobbedienza al marito e la falsa testimonianza.
A voi i commenti
di Matteo Durante
7/2/2005
Largamente vittoriosi nelle urne del voto, gli sciiti hanno proclamato che il Corano e la sharja, la legge islamica, devono essere l'unica fonte di diritto per il futuro ordinamento giuridico dell'Iraq. Una dichiarazione che pesa come un macigno sul processo di democratizzazione della società irachena e sulla laicità dello Stato che dovrà prendere forma nei prossimi mesi. Ad aggavare la situazione anche l'appoggio del grande ayatollah Alì Sistani, considerato figura pragmatica e prudente, se non un vero e proprio moderato > Per capire il voto iracheno > Immagini
Forti dei risultati delle elezioni del 30 dicembre, che per quanto ancora provvisori attribuiscono loro una massiccia vittoria, gli sciiti iracheni alzano il tiro e chiedono che l'Islam sia l'unica fonte della legislazione nella futura Costituzione del Paese.
MODELLO IRAN
Una mossa a sorpresa, non solo perchè questa pretesa che sembra dare il via alla creazione di uno stato confessionale sul modello dell'Iran non solo è stata compiuta per conto e nel nome delle istituzioni ufficiali della comunità di gran lunga maggioritaria nel Paese, ma anche e soprattutto in quanto vi si è associata la massima autorità spirituale sciita irachena, il grande ayatollah Ali al-Sistani, considerato figura pragmatica e prudente, se non un vero e proprio moderato.
A parlare è infatti lo sceicco Ibrahim Ibrahimi, rappresentante del grande ayatollah Mohammad Ishaq al-Fayad, uno dei cinque componenti della Marja al-Taqlid (in lingua araba Fonti dell'Emulazione): il supremo consiglio dei dotti sciiti a capo del quale c'è lo stesso Sistani, quale primus inter pares. E Al Sistani, che in un primo momento era stato indicato da Ibrahimi come d'accordo sulla richiesta, ha poi fatto sapere attraverso un proprio portavoce di appoggiarla completamente.
"Tutti gli ulema (teologi), i marjiaa (punti di riferimento religiosi) e la maggioranza del popolo iracheno chiedono all'Assemblea nazionale di fare in modo che l'Islam sia nella Costituzione permanente la fonte della legislazione e di rifiutare qualsiasi legge contraria all'Islam", riporta il comunicato diffuso nella città santa sciita di Najaf sheikh Ibrahim Ibrahimi, portavoce del Grande ayatollah Ishaq Al-Fayad.
SCONTATA VITTORIA DI SISTANI
Secondo i dati provvisori resi noti fino ad ora, l'Alleanza degli iracheni uniti, il ragruppamento sciita appoggiato dal grande ayatollah Ali Sistani, ha ottenuto in base allo spoglio del 35 per cento dei seggi il 67 per cento dei voti.
Al secondo posto, con il 17,5 per cento, c'è il partito del premier Iyad Allawi, anche lui sciita ma di impostazione laica.
Ma sin dall'indomani del voto il risultato era scontato, tanto che Abdul Aziz al Hakim, il religioso alla guida del primo gruppo politico iracheno, il Consiglio supremo sciita della rivoluzione islamica in Iraq (Sciri) aveva affermato che l'Alleanza "ha conseguito una vittoria travolgente".
Secondo alcune previsioni dovrebbero ottenere tra i 100 e 150 seggi dei 275 che formeranno la futura Assemblea, che avrà il compito di redigere la Carta Costituzionale del nuovo Iraq.
Che a questo punto rischia di non essere più così democratico come in Occidente si sperava diventasse, una volta liberatolo da Saddam.
La questione della legge islamica nella Cosituzione era già stata sollevata lo scorso anno e aveva causato pesanti frizioni, di cui fu protagonista tra gli altri il leader religioso radicale sciita Moqtada Sadr, quando il Consiglio di governo provvisorio elaboró una Carta in base alla quale si sono poi tenute le elezioni del 30 gennaio.
La formula di compromesso infine approvata afferma che "l'Islam è la religione di Stato e deve essere considerata una fonte di legislazione. Nessuna legge che contraddica i precetti universalmente riconosciuti dell'Islam puó essere accettata".
Vero che il grande ayatollah Sistani, alle elezioni non si è candidato e non ha votato, affermando di non poterlo fare essendo nato in Iran, 73 anni fa. Tuttavia, il suo volto era su migliaia di poster elettorali e in molti ora affermano che la sua "benedizione" della lista dell'Alleanza è stata fondamentale per la vittoria.
AYATOLLAH VUOLE L'ISLAM NELLA LEGISLAZIONE
Secondo alcune fonti, anche lui esige che l'Islam sia la fonte della legislazione.
Un esperto politico iracheno citato oggi dalla Afp ritiene che con ogni probabilità , Sistani "non si impegnerà direttamente nell'elaborazione del testo (della Costituzione) o nel funzionamento dell'Assemblea nazionale, ma certamente farà sapere, anche pubblicamente, se giudica che ci sono delle cose inaccettabili".
Evidentemente lo sta già facendo, visto che il comunicato diffuso oggi a Najaf è stato elaborato da due dei quattro grandi ayatollah che guidano la marjayia sciita irachena.
I quattro religiosi sono: Ali Sistani appunto, Mohammad Ishaq Al-Fayd, Bashir Al-Najafi e Mohammad Said Hakim.
La loro posizione, espressa nel comunicato, è chiarissima: "Mettiamo in guardia i responsabili contro una separazione tra Stato e religione, in quanto ció è completamente rifiutato dagli ulema e dai marjiaa. Non accetteremo alcun compromesso su tale questione".
ORIGINARI DI NAJAF
Al pari di Sistani e di Fayad, tutti i componenti della Marja vivono nella città santa sciita di Najaf, a sud-est di Baghdad, con la sola eccezione dell'ayatollah Kazem al-Hairi,il quale risiede in Iran.
Anche se è stato grande il travaso, negli ultimi trent'anni, tra èlite sciita irachena e iraniana. Lo stesso Sistani era in esilio all'epoca del regime di Saddam Hussein in Iran.
Mentre l'ayatollah Ali Khamenei, massima guida spirituale iraniana dopo la morte di Khomeini e presidente della Repubblica sciita a Teheran, ha studiato nella scuola coranica di Najaf, in Iraq, seconda città santa per tutti gli sciiti dopo la Mecca.
Gli altri prelati facenti parte del gran consiglio sono l'ayatollah Bashir al-Najafi e l'ayatollah Mohammad Said Hakim, alla guida del primo gruppo politico iracheno, il Consiglio supremo sciita della rivoluzione islamica in Iraq (lo Sciri).
DOVE VIGE LA SHARIA
Sono oltre 40 i PAesi, al mondo, che ispirano i propri ordinamenti alla religione musulmana. Islam, alla lettera, significa infatti "sottomissione a Dio" della condotta singola, comunitaria e politica. Per questo anche il diritto è regolato dai precetti religiosi e i peccati diventano reati
1) Innanzi tutto, Sharia alla lettera significa "via da seguire" e contiene le norme religiose, guiridiche e sociali direttamente fondate sui precetti del Corano - il sacro testo musulmano; norme teologiche e morali che investono la sfera privata, affiancate da quelle che in Occidente sarebbero definite norme di Diritto privato: norme fiscali e processuali.
Le fonti del Diritto, negli Stati - come, per esempio, Iran e Arabia Saudita - dove vige la Sharia sono 4: Corano, la Sunna, l'opinione comune, e l'interpretazione analogica.
2) I Giudici, che fanno discendere la loro autorità direttamente dalla religione, hanno un ruolo molto discrezionale. Anche perchè il Corano non offre molto "materiale" in questo senso: dei 6237 versetti che lo compongono, solo il 10% si riferisce a temi giuridici in senso stretto. Per questo trovare posizioni unitarie nell'interpretazioni della Sharia è velleitario e proprio sul "come" leggere la legge, spesso, all'interno degli stessi Stati musulmani, si assiste allo scontro dialettico tra conservatori e riformatori.
In aiuto dei Giudici, laddove il Corano non indica soluzioni, si fa ricorso a fonti non canoniche, quali la "consuetudine=urf", i "decreti del sovrano=qanun" e il "pubblico interesse=maslaba".
3) Ovviamente, dato il carattere religioso che ha l'intero sistema giuridico, negli Stati in cui domina la Sharia, la distinzione tra reato e peccato non è netta. E qualora la cerchia dei giuristi-teologi esprima un parere - sostenuto da ampio consenso comune - esso vale come norma da seguire. Per la legge islamica, comunque, i peccati/reati sono di tre grandi categorie: gli hudud, i reati più gravi come l'apostasia, la bestemmia o l'adulterio e sono puniti con la flagellazione, la lapidazione o la decapitazione (come ancora oggi avviene in Arabia Saudita, in cui le esecuzioni capitali avvengono in piazza ad opera di un boia armato di scimitarra).
Poi seguono i qisas, cosiddetti delitti di sangue, puniti con la legge "del taglione", anche se - in caso di acordo tra vittima e l'autore del crimine - il caso puó essere risolto con un indennizzo in denaro.
Il terzo blocco di peccati, i tazir, comprende i reati più lievi e su questi è molto forte il potere discrezionale dei Giudici: furti, sodomia, il consumo di alcol (che oggi in Iraq è tollerato), la disobbedienza al marito e la falsa testimonianza.
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