Houellebecq
Inviato: 12/05/2005, 14:31
Houellebecq viene considerato uno scrittore pornografico, sotto processo perchè definì l'islam una religione idiota a settembre presenterà un nuovo libro. La pornodiva Ovidie lo disgusta perchè lo ha visto fare casting di giovani a cui far scopare la moglie a una fiera del sesso.
Da
www.miserabili.com traggo questa prima intervista sul nuovo libro.
di SYLVAIN BOURMEAU
Il primo di settembre uscirà in Francia (in Italia, il 14, presso Bompiani) il nuovo romanzo di Michel Houellebecq, La possibilità di un’isola. A Les Inrockuptibles l'autore di Platforme ha rilasciato un'intervista che oggi il Corriere della Sera propone nella traduzione di Daniela Maggioni. Per coloro a cui fosse sfuggita, replico qui la conversazione tra Houellebecq e Bourmeau. gg]
Dopo più di tre anni di silenzio seguiti alla polemica e agli strascichi giudiziari scatenati definendo l’Islam la religione «più idiota», è al bar dell’agriturismo «Alqueràa de Morayma», in Andalusia, che Michel Houellebecq ha scelto di riapparire. «Stavo per assopirmi al volante» sbuffa insonnolito, quasi barcollante, dopo l’interminabile serie di curve che l’hanno portato qui dai dintorni di Almeràa. àˆ lì che risiede da un anno e mezzo ed è lì che qualche settimana fa ha portato a termine il suo quarto romanzo, La possibilità di un’isola.
Tutti credevamo che Houellebecq si trovasse sulla costa ovest dell’Irlanda, dove aveva comprato una casa bianca, ai confini occidentali dell’Europa, di fronte all’America. In realtà stava in Andalusia, altri confini dello stesso continente, di fronte all’Africa. «Tendo a fermarmi a vivere nei luoghi in cui vado per terminare i miei libri, nei luoghi stessi in cui i miei romanzi finiscono. Dopo Piattaforma, ho seriamente pensato di trasferirmi a Pattaya, perchè s’intuisce che è un posto dal quale la gente non ripartirà mai, il che è assai sconcertante». Il suo prossimo romanzo uscirà il 1° settembre in Francia e quasi contemporaneamente anche in Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e in Spagna, il Paese dove la storia finisce e dove è stato scritto. «Ho capito che certe cose mi sarebbero apparse più chiare in Spagna - spiega Houellebecq -. Su molti argomenti, sulle sfide biologiche della sessualità , dell’invecchiamento e della riproduzione, gli spagnoli sono meno ipocriti. La chiamano tele basura ed è vero che la tv spagnola è una televisione spazzatura. Ma ció non toglie che sia ricca d’insegnamenti. Certo, ci si vergogna un po’ a guardarla, ma qui l’intensità delle testimonianze è più forte. In Francia le persone che frequentano queste trasmissioni cominciano a diventare furbe. Molto meno in Spagna, dove mi ha sorpreso la spontaneità degli ospiti in tv».
Nell’ascoltarlo e nel riabituarci al suo modo singolare di pronunciare le parole, capace d’imprimere il ritmo di un pensiero vivace e al tempo stesso lento, ci accorgiamo di quanto oggi Michel Houellebecq sia sereno. Sprigiona un’euforia discreta, veramente houellebecquiana. «Non so quanto durerà - confida -. Probabilmente uno o due mesi. àˆ la soddisfazione di aver scritto quello che considero il mio migliore romanzo». Sul filone di Particelle elementari e non di Piattaforma, che fu «in una certa misura un fallimento». «Credo che la narrazione sia una gran rottura di scatole per me e che non saró mai più uno storyteller. Avrei fatto meglio a fare un film». Abbronzato, quasi gioioso aggiunge: «Non mi è mai capitato di lavorare in condizioni così favorevoli come in questo posto, senza alcun contatto con i mass media e senza dovermi preoccupare di alcuna cosa che non fosse il libro. All’epoca di Particelle elementari sono stato costretto a interrompermi e questo per me non va bene. In realtà , sono capace di produrre sempre la stessa quantità di impegno: sono costantemente al massimo delle mie possibilità , quindi se le condizioni sono migliori, si puó sperare che il risultato sarà migliore. In effetti fa un po’ Lance Armstrong! (dice ridendo). Adesso che ho ottenuto lo status di autore, mi sento perfettamente autorizzato a non occuparmi di niente, ad accantonare tutti i problemi. E va bene così. Sono vere vacanze dalla vita». Delle vacanze di studio. Il ritmo di vita di Houellebecq è del tutto diverso da quello spagnolo: va a dormire verso le sette di sera e si alza verso le due di notte per scrivere, come sempre, nello stato di dormiveglia che predilige. Talvolta accompagnato dalla musica. La Messa in si minore di Bach, i Pink Floyd (Atom Heart Mother, Ummagumma) e anche Moody Blues e Procol Harum. «Tutto quello che è stato prodotto a Londra fra il 1965 e il 1970 è buono, in fondo».
Michel si serve di nuovo un bicchiere di Ribeiro del Duero. Parla spesso dell’invecchiamento, in particolare del suo. Canta Old Man imitando la voce inumana e sublime di Neil Young; un poeta gli disse una volta che quella voce assomigliava molto al canto andaluso. La prima volta che Houellebecq mi ha parlato del suo nuovo romanzo, avvertendomi che era un libro triste, aveva le lacrime agli occhi (a suo parere in genere «oggi non si piange abbastanza, mentre piangere fa bene alla salute»). Era ancora sotto choc per la recente lettura di Un pedigree di Patrick Modiano, colpito dalla qualità di quel testo scarno e dalle rassomiglianze con la sua vita, con certi fatti burleschi impossibili da inventare. Mi diceva che non si puó capire quel che si prova a crescere con genitori che non ti amano: non è odio, si tratta di qualcos’altro; e per inciso mi aveva buttato lì che la madre era morta poco tempo prima. Un altro bicchiere di vino. Ma Michel beve poco, a dire la verità . Non ce n’è più bisogno: il lavoro è finito. «Nessuno si rende conto di quanto sia spossante scrivere. Se gli scrittori bevono, non è per trovare l’ispirazione o chissà che. Sono come i manovali, bevono per dimenticare la giornata di lavoro».
La possibilità di un’isola , secondo l’autore, non dovrebbe sollevare polemiche. Tuttavia, Houellebecq è evasivo sul contenuto, pur concedendo qualche indizio: «Si tratta sempre di personaggi comuni, non mi sono allontanato dal mio obiettivo, che è l’umanità media. àˆ sicuramente in questo che sono più ambizioso. Più ci occupiamo di mediocrità universale e più è difficile. Sarebbe più facile con una serial killer lesbica»; «sono persuaso che tutto accadrà : utero artificiale, clonazione, mutazioni genetiche... àˆ un’onda inarrestabile che cambierà profondamente l’umanità . Quindi bisogna parlarne». Se afferma di aver ormai chiuso con il tema della sessualità grazie a questo quarto romanzo, ritiene di non aver esaurito la questione della religione. «La caduta del cattolicesimo senza dubbio mi ossessiona. L’avevo constatata in Irlanda ed è ugualmente spettacolare in Spagna. C’è una domanda alla quale davvero non ho trovato risposta: dove è finita la speranza della vita eterna? Che cada nell’oblio così rapidamente mi sorprende. Come mi sorprende il fatto che i costumi possano cambiare del tutto nell’arco di cinque anni, senza che nessuno trovi niente da ridire e senza resistenza alcuna. Persino in quel che di più rigido possiamo immaginare. Abbiamo avuto molti esempi sul finire del secolo scorso, la caduta del comunismo è stata incredibilmente rapida».
Rispetto alla maggioranza degli scrittori francesi contemporanei, in Michel Houellebecq colpisce la propensione a mettere in risalto, spesso con leggerezza, le tendenze profonde, a non perdere mai il filo del grande racconto anche quando scrive microstorie. Come sulla caduta del Muro e anche sui fatti dell’11 settembre, accaduti solo qualche giorno dopo la pubblicazione di Piattaforma, che terminava con l’esplosione di una bomba di terroristi islamici in un famoso centro di turismo sessuale thailandese. «àˆ buffo - sorride Houellebecq - il numero del New York Times che riferiva dei miei guai con i musulmani era datato 11 settembre. In seguito si è esagerato un po’ sulle mie capacità profetiche! L’attentato in Asia è successo a Bali, ma poteva benissimo aver luogo nel sud della Thailandia, come in Piattaforma . Il fatto che i musulmani avrebbero prima o poi reagito contro il turismo sessuale non era molto difficile da prevedere. La mia non era una profezia difficile. Mentre gli attentati dell’11 settembre mi hanno sorpreso, soprattutto per la psicologia di quegli individui che da così tanto tempo vivevano negli Stati Uniti. àˆ bizzarro vivere in un Paese da nemico. Non sono molti i libri su questo tema, penso a Conrad con L’agente segreto. Ma l’11 settembre è rimasto per me solo un fatto televisivo. Un grande momento di televisione, ma pur sempre solo tv. Mi dispiace. E non ha cambiato la mia convinzione che l’Islam è condannato a lungo termine, come tutte le religioni rivelate. Diciamo che questo è un soprassalto storico. La verità scientifica finisce col vincere, sempre. àˆ triste per gli uomini: avevano fede in una eternità di gioia e adesso hanno fede nel nulla. Ma non c’è niente da fare, la verità è triste. La fine delle religioni è triste. Ma inevitabile».
Senza aspettare che gli si ponga la domanda, in questo importante centro della resistenza dei musulmani moderati alla Riconquista spagnola, Michel Houellebecq devia dall’argomento della conversazione per dire che alla fine, e molto tempo dopo, «rimpiange un po’ le sue parole sull’Islam («la religione più idiota», ndr )». «Mi sono reso conto che alcuni potevano prenderle male, anche se è un po’ assurdo. Se a una persona battezzata, ma che non crede in Dio e non segue i precetti del Papa, parliamo dei cristiani, questa non si sente coinvolta. Invece, in Francia, se a un tizio d’origine musulmana che si trovi nella stessa situazione parliamo dei musulmani, lui si sente coinvolto. àˆ assurdo, ma bisogna riconoscere che è così. Quella che prendo di mira è la religione in sè. Mentre non rimpiango d’essere stato lapidario. Penso che occorra essere brevi quando il soggetto ha poco interesse. Se scrivessi un libro contro il buddismo, mi ci vorrebbero parecchie centinaia di pagine, perchè è una religione interessante e complicata. L’Islam è una religione semplice e stupida e quindi possiamo sbrogliarcela con una frase». Lo stesso per il cattolicesimo? «No. àˆ un po’ più complicato. Ci sono sviluppi interessanti. Quindi no, non è vero che tutte le religioni si equivalgono. Ma dirlo è un errore, perchè rimanda a una dimensione identitaria un po’ assurda. Insomma, le persone sono un po’ assurde...». Alcune più di altre, per esempio quelle che Houellebecq ha incontrato in una setta durante il lavoro preparatorio al nuovo romanzo. Dice solo: «Erano in duemila a urlare e questo mi ha spaventato molto più dei due milioni di giovani che avevo visto alle Giornate mondiali della gioventù».
Per questo romanzo, come sempre, Houellebecq ha fatto ricerche e si è impregnato del mondo in mezzo al quale vive. Per esempio, ha acquistato una Mercedes 500 Slk e proprio lui, il poeta delle autostrade, ha viaggiato in autostrada e si è fermato - per la prima volta, a 45 anni - a lavare l’auto, per provare la sensazione di essere infine diventato un comune maschio europeo. Finito il romanzo, ha rivenduto la Mercedes. E con la Messa in si minore di Bach a tutto volume, alla guida del suo coupè Peugeot, corre oggi verso l’Irlanda per ritrovare Clèment, il suo cane, «il solo che resisterà a qualsiasi tentativo di scrittura».
Da
www.miserabili.com traggo questa prima intervista sul nuovo libro.
di SYLVAIN BOURMEAU
Il primo di settembre uscirà in Francia (in Italia, il 14, presso Bompiani) il nuovo romanzo di Michel Houellebecq, La possibilità di un’isola. A Les Inrockuptibles l'autore di Platforme ha rilasciato un'intervista che oggi il Corriere della Sera propone nella traduzione di Daniela Maggioni. Per coloro a cui fosse sfuggita, replico qui la conversazione tra Houellebecq e Bourmeau. gg]
Dopo più di tre anni di silenzio seguiti alla polemica e agli strascichi giudiziari scatenati definendo l’Islam la religione «più idiota», è al bar dell’agriturismo «Alqueràa de Morayma», in Andalusia, che Michel Houellebecq ha scelto di riapparire. «Stavo per assopirmi al volante» sbuffa insonnolito, quasi barcollante, dopo l’interminabile serie di curve che l’hanno portato qui dai dintorni di Almeràa. àˆ lì che risiede da un anno e mezzo ed è lì che qualche settimana fa ha portato a termine il suo quarto romanzo, La possibilità di un’isola.
Tutti credevamo che Houellebecq si trovasse sulla costa ovest dell’Irlanda, dove aveva comprato una casa bianca, ai confini occidentali dell’Europa, di fronte all’America. In realtà stava in Andalusia, altri confini dello stesso continente, di fronte all’Africa. «Tendo a fermarmi a vivere nei luoghi in cui vado per terminare i miei libri, nei luoghi stessi in cui i miei romanzi finiscono. Dopo Piattaforma, ho seriamente pensato di trasferirmi a Pattaya, perchè s’intuisce che è un posto dal quale la gente non ripartirà mai, il che è assai sconcertante». Il suo prossimo romanzo uscirà il 1° settembre in Francia e quasi contemporaneamente anche in Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e in Spagna, il Paese dove la storia finisce e dove è stato scritto. «Ho capito che certe cose mi sarebbero apparse più chiare in Spagna - spiega Houellebecq -. Su molti argomenti, sulle sfide biologiche della sessualità , dell’invecchiamento e della riproduzione, gli spagnoli sono meno ipocriti. La chiamano tele basura ed è vero che la tv spagnola è una televisione spazzatura. Ma ció non toglie che sia ricca d’insegnamenti. Certo, ci si vergogna un po’ a guardarla, ma qui l’intensità delle testimonianze è più forte. In Francia le persone che frequentano queste trasmissioni cominciano a diventare furbe. Molto meno in Spagna, dove mi ha sorpreso la spontaneità degli ospiti in tv».
Nell’ascoltarlo e nel riabituarci al suo modo singolare di pronunciare le parole, capace d’imprimere il ritmo di un pensiero vivace e al tempo stesso lento, ci accorgiamo di quanto oggi Michel Houellebecq sia sereno. Sprigiona un’euforia discreta, veramente houellebecquiana. «Non so quanto durerà - confida -. Probabilmente uno o due mesi. àˆ la soddisfazione di aver scritto quello che considero il mio migliore romanzo». Sul filone di Particelle elementari e non di Piattaforma, che fu «in una certa misura un fallimento». «Credo che la narrazione sia una gran rottura di scatole per me e che non saró mai più uno storyteller. Avrei fatto meglio a fare un film». Abbronzato, quasi gioioso aggiunge: «Non mi è mai capitato di lavorare in condizioni così favorevoli come in questo posto, senza alcun contatto con i mass media e senza dovermi preoccupare di alcuna cosa che non fosse il libro. All’epoca di Particelle elementari sono stato costretto a interrompermi e questo per me non va bene. In realtà , sono capace di produrre sempre la stessa quantità di impegno: sono costantemente al massimo delle mie possibilità , quindi se le condizioni sono migliori, si puó sperare che il risultato sarà migliore. In effetti fa un po’ Lance Armstrong! (dice ridendo). Adesso che ho ottenuto lo status di autore, mi sento perfettamente autorizzato a non occuparmi di niente, ad accantonare tutti i problemi. E va bene così. Sono vere vacanze dalla vita». Delle vacanze di studio. Il ritmo di vita di Houellebecq è del tutto diverso da quello spagnolo: va a dormire verso le sette di sera e si alza verso le due di notte per scrivere, come sempre, nello stato di dormiveglia che predilige. Talvolta accompagnato dalla musica. La Messa in si minore di Bach, i Pink Floyd (Atom Heart Mother, Ummagumma) e anche Moody Blues e Procol Harum. «Tutto quello che è stato prodotto a Londra fra il 1965 e il 1970 è buono, in fondo».
Michel si serve di nuovo un bicchiere di Ribeiro del Duero. Parla spesso dell’invecchiamento, in particolare del suo. Canta Old Man imitando la voce inumana e sublime di Neil Young; un poeta gli disse una volta che quella voce assomigliava molto al canto andaluso. La prima volta che Houellebecq mi ha parlato del suo nuovo romanzo, avvertendomi che era un libro triste, aveva le lacrime agli occhi (a suo parere in genere «oggi non si piange abbastanza, mentre piangere fa bene alla salute»). Era ancora sotto choc per la recente lettura di Un pedigree di Patrick Modiano, colpito dalla qualità di quel testo scarno e dalle rassomiglianze con la sua vita, con certi fatti burleschi impossibili da inventare. Mi diceva che non si puó capire quel che si prova a crescere con genitori che non ti amano: non è odio, si tratta di qualcos’altro; e per inciso mi aveva buttato lì che la madre era morta poco tempo prima. Un altro bicchiere di vino. Ma Michel beve poco, a dire la verità . Non ce n’è più bisogno: il lavoro è finito. «Nessuno si rende conto di quanto sia spossante scrivere. Se gli scrittori bevono, non è per trovare l’ispirazione o chissà che. Sono come i manovali, bevono per dimenticare la giornata di lavoro».
La possibilità di un’isola , secondo l’autore, non dovrebbe sollevare polemiche. Tuttavia, Houellebecq è evasivo sul contenuto, pur concedendo qualche indizio: «Si tratta sempre di personaggi comuni, non mi sono allontanato dal mio obiettivo, che è l’umanità media. àˆ sicuramente in questo che sono più ambizioso. Più ci occupiamo di mediocrità universale e più è difficile. Sarebbe più facile con una serial killer lesbica»; «sono persuaso che tutto accadrà : utero artificiale, clonazione, mutazioni genetiche... àˆ un’onda inarrestabile che cambierà profondamente l’umanità . Quindi bisogna parlarne». Se afferma di aver ormai chiuso con il tema della sessualità grazie a questo quarto romanzo, ritiene di non aver esaurito la questione della religione. «La caduta del cattolicesimo senza dubbio mi ossessiona. L’avevo constatata in Irlanda ed è ugualmente spettacolare in Spagna. C’è una domanda alla quale davvero non ho trovato risposta: dove è finita la speranza della vita eterna? Che cada nell’oblio così rapidamente mi sorprende. Come mi sorprende il fatto che i costumi possano cambiare del tutto nell’arco di cinque anni, senza che nessuno trovi niente da ridire e senza resistenza alcuna. Persino in quel che di più rigido possiamo immaginare. Abbiamo avuto molti esempi sul finire del secolo scorso, la caduta del comunismo è stata incredibilmente rapida».
Rispetto alla maggioranza degli scrittori francesi contemporanei, in Michel Houellebecq colpisce la propensione a mettere in risalto, spesso con leggerezza, le tendenze profonde, a non perdere mai il filo del grande racconto anche quando scrive microstorie. Come sulla caduta del Muro e anche sui fatti dell’11 settembre, accaduti solo qualche giorno dopo la pubblicazione di Piattaforma, che terminava con l’esplosione di una bomba di terroristi islamici in un famoso centro di turismo sessuale thailandese. «àˆ buffo - sorride Houellebecq - il numero del New York Times che riferiva dei miei guai con i musulmani era datato 11 settembre. In seguito si è esagerato un po’ sulle mie capacità profetiche! L’attentato in Asia è successo a Bali, ma poteva benissimo aver luogo nel sud della Thailandia, come in Piattaforma . Il fatto che i musulmani avrebbero prima o poi reagito contro il turismo sessuale non era molto difficile da prevedere. La mia non era una profezia difficile. Mentre gli attentati dell’11 settembre mi hanno sorpreso, soprattutto per la psicologia di quegli individui che da così tanto tempo vivevano negli Stati Uniti. àˆ bizzarro vivere in un Paese da nemico. Non sono molti i libri su questo tema, penso a Conrad con L’agente segreto. Ma l’11 settembre è rimasto per me solo un fatto televisivo. Un grande momento di televisione, ma pur sempre solo tv. Mi dispiace. E non ha cambiato la mia convinzione che l’Islam è condannato a lungo termine, come tutte le religioni rivelate. Diciamo che questo è un soprassalto storico. La verità scientifica finisce col vincere, sempre. àˆ triste per gli uomini: avevano fede in una eternità di gioia e adesso hanno fede nel nulla. Ma non c’è niente da fare, la verità è triste. La fine delle religioni è triste. Ma inevitabile».
Senza aspettare che gli si ponga la domanda, in questo importante centro della resistenza dei musulmani moderati alla Riconquista spagnola, Michel Houellebecq devia dall’argomento della conversazione per dire che alla fine, e molto tempo dopo, «rimpiange un po’ le sue parole sull’Islam («la religione più idiota», ndr )». «Mi sono reso conto che alcuni potevano prenderle male, anche se è un po’ assurdo. Se a una persona battezzata, ma che non crede in Dio e non segue i precetti del Papa, parliamo dei cristiani, questa non si sente coinvolta. Invece, in Francia, se a un tizio d’origine musulmana che si trovi nella stessa situazione parliamo dei musulmani, lui si sente coinvolto. àˆ assurdo, ma bisogna riconoscere che è così. Quella che prendo di mira è la religione in sè. Mentre non rimpiango d’essere stato lapidario. Penso che occorra essere brevi quando il soggetto ha poco interesse. Se scrivessi un libro contro il buddismo, mi ci vorrebbero parecchie centinaia di pagine, perchè è una religione interessante e complicata. L’Islam è una religione semplice e stupida e quindi possiamo sbrogliarcela con una frase». Lo stesso per il cattolicesimo? «No. àˆ un po’ più complicato. Ci sono sviluppi interessanti. Quindi no, non è vero che tutte le religioni si equivalgono. Ma dirlo è un errore, perchè rimanda a una dimensione identitaria un po’ assurda. Insomma, le persone sono un po’ assurde...». Alcune più di altre, per esempio quelle che Houellebecq ha incontrato in una setta durante il lavoro preparatorio al nuovo romanzo. Dice solo: «Erano in duemila a urlare e questo mi ha spaventato molto più dei due milioni di giovani che avevo visto alle Giornate mondiali della gioventù».
Per questo romanzo, come sempre, Houellebecq ha fatto ricerche e si è impregnato del mondo in mezzo al quale vive. Per esempio, ha acquistato una Mercedes 500 Slk e proprio lui, il poeta delle autostrade, ha viaggiato in autostrada e si è fermato - per la prima volta, a 45 anni - a lavare l’auto, per provare la sensazione di essere infine diventato un comune maschio europeo. Finito il romanzo, ha rivenduto la Mercedes. E con la Messa in si minore di Bach a tutto volume, alla guida del suo coupè Peugeot, corre oggi verso l’Irlanda per ritrovare Clèment, il suo cane, «il solo che resisterà a qualsiasi tentativo di scrittura».