[O.T.] le vecchie avventure di giorgio l'ex comunista
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[O.T.] le vecchie avventure di giorgio l'ex comunista
in nome della par condicio e in attesa che giorgio venga trombato dai suoi nella corsa al quirinale, posto le sue vecchie avventure per meglio chiarire ai più la figura dell' uom... ehm... del politico.
da www.ilgiornale.it
Napolitano, una carriera sui silenzi - di Pietro Mancini -
La candidatura dell'ottantunenne senatore a vita ex comunista Giorgio Napolitano, non appare affatto convincente, nè vincente, ancor di meno di quella di D'Alema, non definitivamente tramontata.
«La politica è sangue e merda»: anche quanti non condividono questa secca esternazione di un vecchio amico di Napolitano, l'ex ministro craxiano Rino Formica, converranno sul fatto che le qualità maggiormente da apprezzare in un politico sono il coraggio e la chiarezza delle posizioni, assunte anche a rischio dell'impopolarità e delle poltrone. Ebbene, il sosia di Re Umberto II di Savoia, sponsorizzato dall'ingegner De Benedetti e da Repubblica, ed enfaticamente esaltato ieri dal Corriere della Sera come il «Principe rosso», l'«uomo dei record targati Pci» nei momenti cruciali. Quando occorreva scegliere su quale posizione politica, e quale leader sostenere o affossare, si è sempre, astutamente, defilato. Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti di primo piano lasciarono il partitone rosso, Napolitano arrivó a bocciare con durezza questa scelta dell'esponente piemontese, profondendosi in elogi non solo di Togliatti, ma anche di Stalin. Il quale, facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo».
La riluttanza di Napolitano a lanciare la sfida per la conquista della leadership all'interno del Pci, anche quando dopo l'improvvisa morte di Berlinguer avrebbe avuto non poche chances di spuntarla, e la sua propensione a ritagliarsi incarichi di prestigio, ma non di primo piano, gli hanno fatto meritare la celebre stroncatura di Massimo Caprara, l'ex segretario particolare di Togliatti: «Giorgio? I suoi ruggiti somigliano, quasi sempre, a dei belati». In realtà , parafrasando Flaiano, Napolitano rappresenta il perfetto esemplare del «comunista alle vongole». Quel dirigente, cioè, che tenendo famiglia e partito, pur non condividendo affatto il compromesso storico, ha deciso di avanzare delle lievi critiche alla proposta di Berlinguer, mai spingendosi a sfidare in campo aperto il segretario. Più tardi, all'epoca del craxismo, il deputato campano fece sapere di condividere alcune battaglie di Bettino, come quella sulla riforma della scala mobile, ma non intese impegnarsi per convincere la maggioranza del Pci a non scontrarsi frontalmente con i socialisti. Fu in quel periodo che i suoi avversari interni lo declassarono da riformista a «migliorista»: per gli ex comunisti, quasi un insulto, che andava a colpire un dirigente, considerato alla stregua degli odiati socialdemocratici, che non si proponevano di cambiare la società , ma soltanto di migliorarne alcuni aspetti.
Nella sua regione, la Campania, Napolitano ha subìto, in religioso silenzio, l'ascesa di Bassolino: pur detestando don Antonio, non si è mai opposto al sistema di potere clientelare del governatore della Campania, limitandosi a far sapere, nel luglio del 2005, che condivideva solo alcune delle critiche, molto documentate, rivolte da Salvi e da Villone, della sinistra interna, sulla «questione morale» e sugli sprechi delle giunte di centrosinistra nelle regioni meridionali. Napolitano non rinunció alla flemma e al distacco neppure nella bufera di Tangentopoli. Mentre l'allora segretario del Pds battè un colpo, andando alla Bolognina a chiedere scusa ai militanti nel tentativo di contenere i danni che l'inchiestona della procura di Milano aveva provocato anche al suo partito, «Lord Brummel», come lo hanno battezzato gli amici per la sua antiquata eleganza, che era allora presidente della Camera, insabbió un drammatico documento. La lettera con la quale un giovane deputato socialista di Brescia, il craxiano Sergio Moroni, raggiunto da un avviso di garanzia firmato da Antonio Di Pietro per illecito finanziamento del partito, prima di suicidarsi, aveva sollecitato che si svolgesse un approfondito e serio dibattito a Montecitorio. Invitando Napolitano a far emergere la «distinzione tra quanti hanno accettato di adeguarsi a procedure legalmente scorrette in una logica di partito e quanti, invece, ne hanno fatto uno strumento di interessi personali».
Ma quel che non puó essere accettato è il diktat, secco, di Fassino: sul Colle deve salire a tutti i costi un diessino. Il primo partito del centrosinistra, reduce da un risultato tutt'altro che esaltante, è rimasto senza poltrone. E i diessini si stanno muovendo con l'obiettivo di lottizzare la presidenza della Repubblica, considerandola quasi alla stregua di un'Azienda sanitaria locale. Per Fassino e compagni, per fare il Capo dello Stato non basta aver partecipato ai congressi della Quercia, come ha fatto Giuliano Amato dopo la tragica morte del Psi, ma occorre aver avuto la tessera del vecchio Pci con le pregiate firme di Togliatti, Longo e Berlinguer. Contro questa logica, prima ancora dei leader di centrodestra, i primi a doversi ribellare dovrebbero essere i capi delle formazioni dell'area moderata e socialista dell'Unione. Se non intendono limitarsi a fare da spettatori ubbidienti ai Ds, Rutelli, Fassino e Mastella dovrebbero ridimensionare le arroganti pretese egemoniche degli alleati. Speriamo che almeno ci provino.
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Napolitano, una carriera sui silenzi - di Pietro Mancini -
La candidatura dell'ottantunenne senatore a vita ex comunista Giorgio Napolitano, non appare affatto convincente, nè vincente, ancor di meno di quella di D'Alema, non definitivamente tramontata.
«La politica è sangue e merda»: anche quanti non condividono questa secca esternazione di un vecchio amico di Napolitano, l'ex ministro craxiano Rino Formica, converranno sul fatto che le qualità maggiormente da apprezzare in un politico sono il coraggio e la chiarezza delle posizioni, assunte anche a rischio dell'impopolarità e delle poltrone. Ebbene, il sosia di Re Umberto II di Savoia, sponsorizzato dall'ingegner De Benedetti e da Repubblica, ed enfaticamente esaltato ieri dal Corriere della Sera come il «Principe rosso», l'«uomo dei record targati Pci» nei momenti cruciali. Quando occorreva scegliere su quale posizione politica, e quale leader sostenere o affossare, si è sempre, astutamente, defilato. Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti di primo piano lasciarono il partitone rosso, Napolitano arrivó a bocciare con durezza questa scelta dell'esponente piemontese, profondendosi in elogi non solo di Togliatti, ma anche di Stalin. Il quale, facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo».
La riluttanza di Napolitano a lanciare la sfida per la conquista della leadership all'interno del Pci, anche quando dopo l'improvvisa morte di Berlinguer avrebbe avuto non poche chances di spuntarla, e la sua propensione a ritagliarsi incarichi di prestigio, ma non di primo piano, gli hanno fatto meritare la celebre stroncatura di Massimo Caprara, l'ex segretario particolare di Togliatti: «Giorgio? I suoi ruggiti somigliano, quasi sempre, a dei belati». In realtà , parafrasando Flaiano, Napolitano rappresenta il perfetto esemplare del «comunista alle vongole». Quel dirigente, cioè, che tenendo famiglia e partito, pur non condividendo affatto il compromesso storico, ha deciso di avanzare delle lievi critiche alla proposta di Berlinguer, mai spingendosi a sfidare in campo aperto il segretario. Più tardi, all'epoca del craxismo, il deputato campano fece sapere di condividere alcune battaglie di Bettino, come quella sulla riforma della scala mobile, ma non intese impegnarsi per convincere la maggioranza del Pci a non scontrarsi frontalmente con i socialisti. Fu in quel periodo che i suoi avversari interni lo declassarono da riformista a «migliorista»: per gli ex comunisti, quasi un insulto, che andava a colpire un dirigente, considerato alla stregua degli odiati socialdemocratici, che non si proponevano di cambiare la società , ma soltanto di migliorarne alcuni aspetti.
Nella sua regione, la Campania, Napolitano ha subìto, in religioso silenzio, l'ascesa di Bassolino: pur detestando don Antonio, non si è mai opposto al sistema di potere clientelare del governatore della Campania, limitandosi a far sapere, nel luglio del 2005, che condivideva solo alcune delle critiche, molto documentate, rivolte da Salvi e da Villone, della sinistra interna, sulla «questione morale» e sugli sprechi delle giunte di centrosinistra nelle regioni meridionali. Napolitano non rinunció alla flemma e al distacco neppure nella bufera di Tangentopoli. Mentre l'allora segretario del Pds battè un colpo, andando alla Bolognina a chiedere scusa ai militanti nel tentativo di contenere i danni che l'inchiestona della procura di Milano aveva provocato anche al suo partito, «Lord Brummel», come lo hanno battezzato gli amici per la sua antiquata eleganza, che era allora presidente della Camera, insabbió un drammatico documento. La lettera con la quale un giovane deputato socialista di Brescia, il craxiano Sergio Moroni, raggiunto da un avviso di garanzia firmato da Antonio Di Pietro per illecito finanziamento del partito, prima di suicidarsi, aveva sollecitato che si svolgesse un approfondito e serio dibattito a Montecitorio. Invitando Napolitano a far emergere la «distinzione tra quanti hanno accettato di adeguarsi a procedure legalmente scorrette in una logica di partito e quanti, invece, ne hanno fatto uno strumento di interessi personali».
Ma quel che non puó essere accettato è il diktat, secco, di Fassino: sul Colle deve salire a tutti i costi un diessino. Il primo partito del centrosinistra, reduce da un risultato tutt'altro che esaltante, è rimasto senza poltrone. E i diessini si stanno muovendo con l'obiettivo di lottizzare la presidenza della Repubblica, considerandola quasi alla stregua di un'Azienda sanitaria locale. Per Fassino e compagni, per fare il Capo dello Stato non basta aver partecipato ai congressi della Quercia, come ha fatto Giuliano Amato dopo la tragica morte del Psi, ma occorre aver avuto la tessera del vecchio Pci con le pregiate firme di Togliatti, Longo e Berlinguer. Contro questa logica, prima ancora dei leader di centrodestra, i primi a doversi ribellare dovrebbero essere i capi delle formazioni dell'area moderata e socialista dell'Unione. Se non intendono limitarsi a fare da spettatori ubbidienti ai Ds, Rutelli, Fassino e Mastella dovrebbero ridimensionare le arroganti pretese egemoniche degli alleati. Speriamo che almeno ci provino.
"signori: tenete a mente le parole di un profeta !! lo scudetto 2006 è del milan "
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Camminatore pensa al tuo amico Bush che ha rubato il cranio di Geronimo! Questo è un vero crimine contro l'umanità !
CAMMINATORE DECOLLATI E POI RUBATI!
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Este ... nimo.shtml

CAMMINATORE DECOLLATI E POI RUBATI!
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Este ... nimo.shtml

Re: [O.T.] le vecchie avventure di giorgio l'ex comunista
Interessante. Questo Pietro Mancini non sa neanche che Stalin ai tempi dei fatti d'Ungheria era morto da tre anni. Il Giornale si conferma sempre una fonte attendibile.camminatore ha scritto: da www.ilgiornale.it
Napolitano, una carriera sui silenzi - di Pietro Mancini -
... Stalin. Il quale, facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo».
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Re: [O.T.] le vecchie avventure di giorgio l'ex comunista
Il giornalaccio del padrone è sempre il giornalaccio del padroneStavros ha scritto:Interessante. Questo Pietro Mancini non sa neanche che Stalin ai tempi dei fatti d'Ungheria era morto da tre anni. Il Giornale si conferma sempre una fonte attendibile.camminatore ha scritto: da www.ilgiornale.it
Napolitano, una carriera sui silenzi - di Pietro Mancini -
... Stalin. Il quale, facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo».

Il giornale detiene il record in italia di cause perse per le cazzate che ha scritto. Ma c'è ancora chi si ostina a leggerlo, quindi va bene così


Qui habet, dabitur ei. E comunque: Stikazzi
- Super Zeta
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Quello che non sopporto di camminatore è che lui non vuole sviluppare un dibattito, sa benissimo di non esserne in grado, non sa un cazzo di nessun argomento e su tre cose che dice in due viene sputtanato e nella terza deriso
Vuole solo provocare con minchiate da quattro soldi
Personalmente me lo ha fatto a fette Camminatore, vai avanti e sai già come va a finire, ti mando in Siberia dopo aver strappato a morsi il cuore dal petto ai tuoi bambini che successivamente mi gusteró al forno guarniti di patate
Vuole solo provocare con minchiate da quattro soldi
Personalmente me lo ha fatto a fette Camminatore, vai avanti e sai già come va a finire, ti mando in Siberia dopo aver strappato a morsi il cuore dal petto ai tuoi bambini che successivamente mi gusteró al forno guarniti di patate
...e poi ti farai eleggere Presidente della Repubblica e lui vedrà il tuo ritratto in tutti gli edifici pubbliciSuper Zeta ha scritto:Personalmente me lo ha fatto a fette Camminatore, vai avanti e sai già come va a finire, ti mando in Siberia dopo aver strappato a morsi il cuore dal petto ai tuoi bambini che successivamente mi gusteró al forno guarniti di patate

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mettiamoci anche questa.
Oramai è ufficiale: il Pci è ritornato
di ANTONIO SOCCI
àˆ tornato il Pci. Ormai è ufficiale, è Fassino stesso ad averlo
rivelato. àˆ tornato il Pci e punta al colpo grosso, pretende il
Quirinale. Attenzione: non è l'Ulivo, neanche i Ds, ma è proprio il
Pci, sono i comunisti a volerlo. Fassino con D'Alema e compagni si
sono ormai apertamente dichiarati. Infatti avevano appena costituito
il gruppo parlamentare unico dell'Ulivo, parlavano di partito
democratico, ma si è rivelato l'ennesimo travestimento perchè alla
"rosa di nomi" della Casa delle libertà , nomi tutti di area Ulivo,
Fassino ha ribattuto: niente da fare, non ci sono nomi nostri,
«è una discriminazione contro i noi». Noi chi? Noi comunisti.
Infatti non solo Marini e Dini, ma pure Giuliano Amato, non essendo
mai stato comunista, è stato silurato cinicamente dal Botteghino.
Certo, era di area diessina: fu l'ospite d'onore al congresso Ds di
Pesaro (...) (quello dell'«o si cambia o si muore»), quello dove
dissero che erano diventati riformisti. Poi D'Alema lo fece entrare
perfino nella Fondazione italiani-europei. Insomma, uno di area Ds,
ma non essendo stato comunista, non venendo dal Pci,al momento giusto,
essendo di ostacolo, è stato trombato. Quando Fassino al telefono gli
ha comunicato che passavano da D'Alema a Napolitano, il povero Amato
ha pateticamente osservato: «àˆ veramente strano che voi non difendiate
il vicepresidente del Partito socialista europeo (cioè lui stesso,
nda). àˆ anche il vostro partito, o sbaglio? ». Certo, il Pse è uno
dei tanti travestimenti che i comunisti italiani hanno indossato in
questi anni per gabbare il mondo.
Libero 9/5/06
Oramai è ufficiale: il Pci è ritornato
di ANTONIO SOCCI
àˆ tornato il Pci. Ormai è ufficiale, è Fassino stesso ad averlo
rivelato. àˆ tornato il Pci e punta al colpo grosso, pretende il
Quirinale. Attenzione: non è l'Ulivo, neanche i Ds, ma è proprio il
Pci, sono i comunisti a volerlo. Fassino con D'Alema e compagni si
sono ormai apertamente dichiarati. Infatti avevano appena costituito
il gruppo parlamentare unico dell'Ulivo, parlavano di partito
democratico, ma si è rivelato l'ennesimo travestimento perchè alla
"rosa di nomi" della Casa delle libertà , nomi tutti di area Ulivo,
Fassino ha ribattuto: niente da fare, non ci sono nomi nostri,
«è una discriminazione contro i noi». Noi chi? Noi comunisti.
Infatti non solo Marini e Dini, ma pure Giuliano Amato, non essendo
mai stato comunista, è stato silurato cinicamente dal Botteghino.
Certo, era di area diessina: fu l'ospite d'onore al congresso Ds di
Pesaro (...) (quello dell'«o si cambia o si muore»), quello dove
dissero che erano diventati riformisti. Poi D'Alema lo fece entrare
perfino nella Fondazione italiani-europei. Insomma, uno di area Ds,
ma non essendo stato comunista, non venendo dal Pci,al momento giusto,
essendo di ostacolo, è stato trombato. Quando Fassino al telefono gli
ha comunicato che passavano da D'Alema a Napolitano, il povero Amato
ha pateticamente osservato: «àˆ veramente strano che voi non difendiate
il vicepresidente del Partito socialista europeo (cioè lui stesso,
nda). àˆ anche il vostro partito, o sbaglio? ». Certo, il Pse è uno
dei tanti travestimenti che i comunisti italiani hanno indossato in
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Re: [O.T.] le vecchie avventure di giorgio l'ex comunista
Stavros ha scritto:Interessante. Questo Pietro Mancini non sa neanche che Stalin ai tempi dei fatti d'Ungheria era morto da tre anni. Il Giornale si conferma sempre una fonte attendibile.




Del resto, per toccare con mano l'attendibilità della Pravda...

CAMMINATORE, GIORNALIZZATI E POI PRAVDIZZATI... INFINE DIMETTITI!!!




Viva il mecdonald e nonna Rolanda (sic, su un muro a Piombino)
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camminatore ha scritto:Oramai è ufficiale: il Pci è ritornato
di ANTONIO SOCCI




Io non ho ancora capito di cosa si occupa Socci... di politica, di storia, di Madonne vere, di Madonne presunte, di Madonna? Boh...
CAMMINATORE SPIRITUALIZZATI (insieme a Socci...)




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