Porco Cannes
Inviato: 11/06/2006, 1:08
ANNO XI NUMERO 136 - PAG V IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 10 GIUGNO 2006
di Mariarosa Mancuso
Non c'era via di mezzo. O scopavano
in tre mosse, dieci secondi in tutto,
non importa se nei fienili delle
Fiandre, alla reggia di Versailles, nel
retro del furgoncino a Glasgow - che ne
è stato dei mitici sedili reclinabili? - o
scopavano per l'intero film. Dalla prima
scena all'ultima, e con tutta la fantasia
necessaria a mandare in soffitta
il déjà vu del sesso cinematografico,
sport più godereccio per chi lo pratica
che per gli spettatori in tribuna. Mai
come quest'anno a Cannes si sono visti
tanti cazzi in attività , per non parlare
degli aborigeni tutti nudi, ma con il
pendaglio a riposo, che transitavano in
"10 canoe" dell'australiano Rolf De
Heer. Battuto ogni record precedente:
il Pompino Metafisico di "Batalla en el
cielo" del messicano Carlos Reygadas,
e il Grande Pompino Americano di
"The Brown Bunny", che risvegliò una
platea di dormienti. Fino a un attimo
prima il film diretto da Vincent Gallo
(protagonista Vincent Gallo, musiche
di Vincent Gallo, montaggio di Vincent
Gallo) pedinava uno sfigato alla guida
di un camioncino dal finestrino sporchissimo,
che riempiva il serbatoio in
tempo reale, e si infilava un maglione
nella piazzola di sosta. Rimasero svegli
fino al dunque solo i ben informati, che
avevano ricavato la dritta dalle rivistine.
Con una gomitata avvertirono i vicini.
Il giorno dopo, leggendo altre rivistine,
scoprimmo che Vincent Gallo
era stato colto da un attacco di timidezza,
e nella scena hardcore si era nascosto
dietro una protesi.
Cannes 2006 era il porno in tutti i
suoi stati: filosofeggiante, parlato, disegnato,
pentito e desideroso di ritagliarsi
un angolino nel cinema mainstream,
artisticamente modificato, da circo e da
macelleria. Con una tappa in cineteca:
al Palais era allestita la mostra "A Mischievous
Eisenstein": 157 disegni erotici
del maestro, che evidentemente
non aveva in testa solo corazzate, scalinate,
carrozzine rotolanti, stacchi sull'occhio
della madre affranta. E una
nella pubblicità : in "Southland Tales"
di Richard Kelly (il regista prodigio di
"Donnie Darko") due automobili scopano
allegramente. Giustificazione del
creativo, quando il cliente si scandalizza:
"E' la versione per l'Europa". Fino
al porno che non è porno, per il semplice
motivo che fa sganasciare dal ridere,
impedendo ogni altra reazione.
"Non credo che qualcuno riuscirà a eccitarsi
vedendo il mio ultimo film" ha
annunciato John Cameron Mitchell, già
regista di "Hedwig, la diva con qualcosa
in più" (il qualcosa era il rimasuglio
di un'operazione per cambiar sesso
praticata da un chirurgo distratto).
Il minibus per superdotati
"Shortbus" comincia con una spruzzata
di disinfettante su un gigantesco
giocattolo sessuale di gomma rossa. E'
stato girato con attori non professionisti,
reclutati dopo un lungo e faticoso
casting su Internet. Le star non erano
disposte a impegnarsi in esercizi non
simulati, e anche le pornostar avrebbero
avuto qualche difficoltà nell'acrobatica
performance che mostra un
atletico giovanotto mentre fa quello
che Gabriele d'Annunzio riusciva a fare
(dice la leggenda) previa rimozione
di due costole. "Leccarello", come
suggerisce il blog di Piersandro Pallavicini
(nel suo romanzo "Atomico
Dandy" ci sono più ammucchiate che
nel resto della letteratura italiana
contemporanea, lo consideriamo un
espertone). Il bel giovanotto di "Shortbus"
le costole le ha ancora tutte.
Quindi lavora da contorsionista, in rovesciata:
posizione che sfugge al kamasutra
ma non ai manuali di pilates
(comunque, meglio non provarci a casa,
se soffrite di cervicale). Senza trucco
e senza inganno - la macchina da
presa non stacca mai - fino alla naturale
conclusione. Una mezz'oretta e
molte orge più avanti, uno schizzo di
sperma finirà su un quadro di Jackson
Pollock, aggiungendo una sfumatura
inedita alla tecnica del "dripping".
"Shortbus" è il pulmino, più piccolo
del classico scuolabus, che porta a
scuola i bimbi superdotati o sottodotati.
Nel film, il nome di un locale molto
promiscuo di New York. Lì si intrecciano
i destini di una sessuologa che non
ha mai sperimentato un orgasmo, e di
due giovanotti che vorrebbero aprire la
coppia. Lei ci prova con un ovetto vibratore
telecomandato, ma il comando
a distanza (offre varie velocità , poeticamente
classificate da "colibrì" a "uragano")
si smarrisce tra la folla. Lo ritrova
un tizio in pelle nera e catene da
maciste, che vorrebbe accendere il televisore,
e meno l'aggeggio sembra funzionare,
più si accanisce sui tasti. Segue
vilipendio dell'inno americano, "Star-
Spangled Banner", mai così maltrattato
da quando Jimy Hendrix lo straziò
con la chitarra elettrica sul palco di
Woodstock. Se state pensando all'ultima
scena vista in "Canicola" di Ulrich
Seidl, premiato a Venezia nel 2001 (purtroppo
Thomas Bernhard era già morto,
e non poté applaudire) e all'inno austriaco
cantato con una candela - accesa
- che spunta dalle chiappe, avete
pensato male, ma non abbastanza.
Si esce da "Shortbus" ancora con la
ridarola, e almeno due battute da segnare
sul quadernino. La prima è in tema,
pronunciata dal cuoco che ha cucinato
per festa, deluso perché gli ospiti
non hanno fatto abbastanza onore al
buffet: "Succhiano cazzi, e poi dicono di
essere vegetariani". La seconda riguarda
anche chi ha fatto voto di castità :
"Una volta volevo cambiare il mondo"
- dice uno dei personaggi in una botta
di malinconia (post orgia omne animal
triste). Pausa. "Ora voglio solo lasciare
la stanza con dignità ".
Porno soft francese da sbadiglio
Un'altra battuta trascina verso "On
ne devrait pas exister", girato da un tale
che si fa chiamare HPG. Bassetto,
calvo, senza un pelo (da nessuna parte,
garantisce, gli crediamo sulla parola),
primattore in centinaia di pellicole
XXX, debutta come regista alla Quinzaine
des réalisateurs, vetrina per i titoli
d'arte e cultura. Alla domanda:
"Chi ha messo i soldi?" HPG dichiarò
fieramente: "Ho finanziato il film con il
sudore dei miei attributi" (e forse l'originale
era pure più forte). Il protagonista
entra in scena come un Rocco Siffredi
bis, lo stallone italiano che la regista
Catherine Breillat rubò al porno
per farne un attore parlante. In "Anatomie
de l'enfer" se ne stava vestito
quasi sempre, mentre la partner Amira
Casar stava quasi sempre nuda. Non essendo
un'attrice porno, per i primi piani
tipo "Origine del mondo" di Gustave
Courbet, aveva una controfigura (mentre
nessuno doppia il pornoattore
quando fa scempio di un testo già micidiale
di suo, in francese lacaniano). Essendo
un'attrice francese snob, sul set
non rivolse mai la parola a Siffredi, detto
"la bite humaine" (Zola avrebbe apprezzato).
"Bites mouillées" è il titolo
del filmetto porno - ambientato in piscina,
maschi vestiti da marinaretti in
puro stile Tom of Finland - dentro il
film serio firmato HPG. Il giovanotto è
più incazzoso che divertente: va all'Actors
Studio dei poveri, litiga con i colleghi,
si fa prendere a pesci in faccia, delira
sull'arte. Si capisce che la promozione
del collega Siffredi in serie A gli
è andata di traverso, e non trovando
una Breillat deve arrangiarsi da solo.
Poiché il destino è beffardo, la proiezione
viene funestata dall'incubo dei
frequentatori di cinemini porno: le luci
in sala si riaccendono all'improvviso
(per un allarme incendio), costringendo
gli spettatori a ricomporsi con rapide
mosse. Dal torpore in cui erano
sprofondati.
Finiti per equivoco nel film d'autore
francese che viene dal porno, tanto vale
ficcarsi scientemente nel porno
d'autore francese. Per lunga esperienza
festivaliera, il luogo dove la noia si
taglia con il coltello. L'avvenimento
2006 era "Les anges exterminateurs" di
Jean-Claude Brisseau, regista condannato
lo scorso dicembre a un anno di
carcere con la condizionale e a 15 mila
euro di multa per molestie sessuali alle
attrici provinate (poi parlano male
di Hollywood e del sofà del produttore).
Il film del maestro, trattato dalla
stampa francese con il rispetto dovuto
a un redivivo Bresson, racconta l'autobiografica
storia. Corredata dalle parole
che non hanno convinto i giudici:
l'autoerotismo - in pubblico e in privato
- era artistico, le ragazze erano consenzienti,
il piacere delle donne è un
mistero, io sono soltanto un umile ricercatore
in un campo dove nessun altro
osa metter piede.
Il titolo bunueliano è ovviamente
una falsa pista, per un film che dire monotono
è un complimento. "Prima proviamo
le scene di sesso, poi le battute
del dialogo", spiega la controfigura di
Brisseau: un attore più giovane di dieci
anni, più bello e più freddo davanti alle
esibizioni (se dobbiamo prestar fede
alle testimonianze delle attrici che hanno
fatto causa). Il compitino sulle scambievolezze
tra arte e vita è stato celebrato
dal Monde come un vertice di assoluta
creatività . A noi poveri di spirito,
depurato dalle chiacchiere, pareva
lo spot dello slogan femminista inneggiante
alle virtù del dito.
Attratti dai nomi di Marina Abramovic
(l'unica artista contemporanea di
cui potremmo disegnare le tette a memoria,
non esiste performance in cui
non le mostri) e di Matthew Barney coniugato
Bjork, abbiamo guardato anche
"Destricted". Primo porno a episodi di
una serie: sempre che gli spettatori,
presa visione di questi sette cortometraggi,
non vorranno i soldi indietro.
(Accadde anni fa in un cinema porno di
Lugano dove proiettavano "Flesh" di
Paul Morrissey, uscito dalla Factory
warholiana: gli habitué non gradirono
il culo sempre nudo del gigolò Joe Dallesandro,
e l'attacco di feticismo per i
sandali argentati).
E meno male che c'è il marito di Bjork
Al cinema Matthew Barney vuol dire
"Cremaster", cinque film intitolati
al muscoletto che a seconda della temperatura
smolla o rattrappisce i testicoli.
E' l'uomo con il kilt e le orecchie
di plastica che piazza belve leonine
con i tacchi alti al Guggenheim Museum,
e un barista massone in cima al
Chrysler Building. Sul Village Voice,
Michael Atkinson si è divertito a suggerirgli
le trame per "Cremaster" numero
sei, sette e otto. Quella del sei comincia
così, e come tutte le parodie
rende bene l'idea: "Vestito da Elisabetta
I, assieme a un macaco completamente
rasato, Barney volteggia in un
centro commerciale dove i ballerini
del Bolscioi e quelli dei Mummenschanz
si danno battaglia con pistole
cariche di vernici colorate". Pornograficamente
parlando, mette in scena
una variazione forestale su "Crash" di
David Cronenberg: strusciamenti tra
uomo nudo provvisto di cetriolo gigantesco
(Barney, sempre lui), e una macchina
disboscatrice da varie tonnellate.
Nella prima scena il cetriolo è molliccio;
appena il mezzo arriva, e mostra
l'albero di trasmissione, la temperatura
si fa torrida. Titolo: "Hoist" (sta per
issare, o inalberare, solitamente usato
per le vele). Sempre meglio dell'episodio
"Death Walley", ovvero "Brokeback
Mountain" per strumento solista.
Gaspar Noé - ideatore della serie, famoso
per "Irréversible", il film dove
Monica Bellucci veniva stuprata in un
sottopassaggio per dieci minuti - aggiunge
una bambola gonfiabile da seviziare.
Fa da fiancheggiatore l'ungherese
Gyà¶rgy Pà¡lfi, con "Taxidermia", e
l'erezione flambé: in cima al pisello,
mezzo metro di fiamma da mangiatore
di fuoco.
La salvezza arriva dall'animazione,
con un film danese disegnato come un
manga giapponese. "Princess" di Andreas
Morgenthaler (alla Quinzaine)
sfiora lo snuff movie, e i porno di nicchia
con suore e donne incinte. Libération
- che non si scandalizza mai di
nulla, se non quando si imbatte in un
bel film - lo ha trovato di dubbia moralità .
La violenza (per giusta causa,
sullo sfruttatore anche pedofilo) è tale
che a un certo punto distogliamo gli occhi
dal cartoon. Fa da giustiziera una
bambina di cinque anni, che maneggia
il piede di porco come nessuna: maciulla
il cattivo tra le gambe, fa per andarsene,
torna e gli fa volar via tutti e
trentadue i denti.
La salvezza bis arriva dal sesso orale
(nel senso di parlato, se togliamo il
sonoro non resta nulla). E' la specialità
di Kevin Smith, che dodici anni dopo
"Clerks" torna al Quick Stop Grocery.
Lì il commesso Dante aveva saputo che
la fidanzata Veronica si era data da fare
con 37 uomini, confessandone solo
tre. La precisa domanda era infatti
"con quanti sei stata a letto?", e lei tra
le lenzuola c'era andata con pochi. Con
gli altri si era inginocchiata. Il film, costato
27 mila dollari, messi insieme con
un astuto uso delle carte di credito, era
così ben scritto e ben girato che bastava
un "37" sussurrato dal collega Randall
per mettere di malumore il povero
Dante. Non ce ne voglia Kevin
Smith, uno dei nostri eroi. Ma abbiamo
visto "Clerks 2" tenendo le dita incrociate:
i seguiti solitamente si ammosciano.
Sbagliato. E' divertente quanto
il primo, e sposta le frontiere del comune
senso del pudore parecchio
avanti. Quando la pellicola fu visionata
dalla commissione di censura per il
rating, qualcuno commentò: "Servirebbe
una categoria apposta, quelle esistenti
non bastano". "Noi preferiamo
chiamarlo sesso inter-specie" spiega il
performer Kelly, che nel film si esibisce
con un asino. Randall ha affittato lo
spettacolino per l'addio al celibato di
Dante, in procinto di trasferirsi in Florida
con la sua nuova fidanzata. Stavolta
l'ha scelta del tipo precisino. Intanto
si trastulla nel retrobottega con
Rosario Dawson, dando fondo alle
scorte di maionese e sottaceti, e non
per farcire gli hamburger.
Nelle chiacchiere a luci rosse, Kevin
Smith è imbattibile. Se pensate che
"Romance & Cigarettes" di John Turturro
sia insuperabile, in almeno tre
categorie - sogni erotici ("vorrei scoparmi
una tennista con una palla da
tennis nelle braghe"); battute fulminanti
("Nella vita non c'è solo un cazzo
duro..." sentenzia James Gandofini,
"Ah sì, e che altro c'è?" risponde Kate
Winslet), giri di parole che vendicano
per sempre il penoso discorso antifamiglia
che accompagna la scena del
burro di "Ultimo tango" ("puoi passare
dalla porta di servizio, su per il tubo di
stufa, capisci cosa intendo...") - ripensateci.
Quando, naturalmente, "Clerks
2" uscirà nelle sale, previo doppiaggio.
Auguri agli adattatori. Ne hanno bisogno.
In cambio vorremmo essere i primi
a sapere come diavolo tradurranno
il tormentone "ass-to-mouth".
PORCO CANNES
Come andare a un serioso festival di cinema e uscirne
con una laurea su orge, blowjob, bambole e film a luci rosse
di Mariarosa Mancuso
Non c'era via di mezzo. O scopavano
in tre mosse, dieci secondi in tutto,
non importa se nei fienili delle
Fiandre, alla reggia di Versailles, nel
retro del furgoncino a Glasgow - che ne
è stato dei mitici sedili reclinabili? - o
scopavano per l'intero film. Dalla prima
scena all'ultima, e con tutta la fantasia
necessaria a mandare in soffitta
il déjà vu del sesso cinematografico,
sport più godereccio per chi lo pratica
che per gli spettatori in tribuna. Mai
come quest'anno a Cannes si sono visti
tanti cazzi in attività , per non parlare
degli aborigeni tutti nudi, ma con il
pendaglio a riposo, che transitavano in
"10 canoe" dell'australiano Rolf De
Heer. Battuto ogni record precedente:
il Pompino Metafisico di "Batalla en el
cielo" del messicano Carlos Reygadas,
e il Grande Pompino Americano di
"The Brown Bunny", che risvegliò una
platea di dormienti. Fino a un attimo
prima il film diretto da Vincent Gallo
(protagonista Vincent Gallo, musiche
di Vincent Gallo, montaggio di Vincent
Gallo) pedinava uno sfigato alla guida
di un camioncino dal finestrino sporchissimo,
che riempiva il serbatoio in
tempo reale, e si infilava un maglione
nella piazzola di sosta. Rimasero svegli
fino al dunque solo i ben informati, che
avevano ricavato la dritta dalle rivistine.
Con una gomitata avvertirono i vicini.
Il giorno dopo, leggendo altre rivistine,
scoprimmo che Vincent Gallo
era stato colto da un attacco di timidezza,
e nella scena hardcore si era nascosto
dietro una protesi.
Cannes 2006 era il porno in tutti i
suoi stati: filosofeggiante, parlato, disegnato,
pentito e desideroso di ritagliarsi
un angolino nel cinema mainstream,
artisticamente modificato, da circo e da
macelleria. Con una tappa in cineteca:
al Palais era allestita la mostra "A Mischievous
Eisenstein": 157 disegni erotici
del maestro, che evidentemente
non aveva in testa solo corazzate, scalinate,
carrozzine rotolanti, stacchi sull'occhio
della madre affranta. E una
nella pubblicità : in "Southland Tales"
di Richard Kelly (il regista prodigio di
"Donnie Darko") due automobili scopano
allegramente. Giustificazione del
creativo, quando il cliente si scandalizza:
"E' la versione per l'Europa". Fino
al porno che non è porno, per il semplice
motivo che fa sganasciare dal ridere,
impedendo ogni altra reazione.
"Non credo che qualcuno riuscirà a eccitarsi
vedendo il mio ultimo film" ha
annunciato John Cameron Mitchell, già
regista di "Hedwig, la diva con qualcosa
in più" (il qualcosa era il rimasuglio
di un'operazione per cambiar sesso
praticata da un chirurgo distratto).
Il minibus per superdotati
"Shortbus" comincia con una spruzzata
di disinfettante su un gigantesco
giocattolo sessuale di gomma rossa. E'
stato girato con attori non professionisti,
reclutati dopo un lungo e faticoso
casting su Internet. Le star non erano
disposte a impegnarsi in esercizi non
simulati, e anche le pornostar avrebbero
avuto qualche difficoltà nell'acrobatica
performance che mostra un
atletico giovanotto mentre fa quello
che Gabriele d'Annunzio riusciva a fare
(dice la leggenda) previa rimozione
di due costole. "Leccarello", come
suggerisce il blog di Piersandro Pallavicini
(nel suo romanzo "Atomico
Dandy" ci sono più ammucchiate che
nel resto della letteratura italiana
contemporanea, lo consideriamo un
espertone). Il bel giovanotto di "Shortbus"
le costole le ha ancora tutte.
Quindi lavora da contorsionista, in rovesciata:
posizione che sfugge al kamasutra
ma non ai manuali di pilates
(comunque, meglio non provarci a casa,
se soffrite di cervicale). Senza trucco
e senza inganno - la macchina da
presa non stacca mai - fino alla naturale
conclusione. Una mezz'oretta e
molte orge più avanti, uno schizzo di
sperma finirà su un quadro di Jackson
Pollock, aggiungendo una sfumatura
inedita alla tecnica del "dripping".
"Shortbus" è il pulmino, più piccolo
del classico scuolabus, che porta a
scuola i bimbi superdotati o sottodotati.
Nel film, il nome di un locale molto
promiscuo di New York. Lì si intrecciano
i destini di una sessuologa che non
ha mai sperimentato un orgasmo, e di
due giovanotti che vorrebbero aprire la
coppia. Lei ci prova con un ovetto vibratore
telecomandato, ma il comando
a distanza (offre varie velocità , poeticamente
classificate da "colibrì" a "uragano")
si smarrisce tra la folla. Lo ritrova
un tizio in pelle nera e catene da
maciste, che vorrebbe accendere il televisore,
e meno l'aggeggio sembra funzionare,
più si accanisce sui tasti. Segue
vilipendio dell'inno americano, "Star-
Spangled Banner", mai così maltrattato
da quando Jimy Hendrix lo straziò
con la chitarra elettrica sul palco di
Woodstock. Se state pensando all'ultima
scena vista in "Canicola" di Ulrich
Seidl, premiato a Venezia nel 2001 (purtroppo
Thomas Bernhard era già morto,
e non poté applaudire) e all'inno austriaco
cantato con una candela - accesa
- che spunta dalle chiappe, avete
pensato male, ma non abbastanza.
Si esce da "Shortbus" ancora con la
ridarola, e almeno due battute da segnare
sul quadernino. La prima è in tema,
pronunciata dal cuoco che ha cucinato
per festa, deluso perché gli ospiti
non hanno fatto abbastanza onore al
buffet: "Succhiano cazzi, e poi dicono di
essere vegetariani". La seconda riguarda
anche chi ha fatto voto di castità :
"Una volta volevo cambiare il mondo"
- dice uno dei personaggi in una botta
di malinconia (post orgia omne animal
triste). Pausa. "Ora voglio solo lasciare
la stanza con dignità ".
Porno soft francese da sbadiglio
Un'altra battuta trascina verso "On
ne devrait pas exister", girato da un tale
che si fa chiamare HPG. Bassetto,
calvo, senza un pelo (da nessuna parte,
garantisce, gli crediamo sulla parola),
primattore in centinaia di pellicole
XXX, debutta come regista alla Quinzaine
des réalisateurs, vetrina per i titoli
d'arte e cultura. Alla domanda:
"Chi ha messo i soldi?" HPG dichiarò
fieramente: "Ho finanziato il film con il
sudore dei miei attributi" (e forse l'originale
era pure più forte). Il protagonista
entra in scena come un Rocco Siffredi
bis, lo stallone italiano che la regista
Catherine Breillat rubò al porno
per farne un attore parlante. In "Anatomie
de l'enfer" se ne stava vestito
quasi sempre, mentre la partner Amira
Casar stava quasi sempre nuda. Non essendo
un'attrice porno, per i primi piani
tipo "Origine del mondo" di Gustave
Courbet, aveva una controfigura (mentre
nessuno doppia il pornoattore
quando fa scempio di un testo già micidiale
di suo, in francese lacaniano). Essendo
un'attrice francese snob, sul set
non rivolse mai la parola a Siffredi, detto
"la bite humaine" (Zola avrebbe apprezzato).
"Bites mouillées" è il titolo
del filmetto porno - ambientato in piscina,
maschi vestiti da marinaretti in
puro stile Tom of Finland - dentro il
film serio firmato HPG. Il giovanotto è
più incazzoso che divertente: va all'Actors
Studio dei poveri, litiga con i colleghi,
si fa prendere a pesci in faccia, delira
sull'arte. Si capisce che la promozione
del collega Siffredi in serie A gli
è andata di traverso, e non trovando
una Breillat deve arrangiarsi da solo.
Poiché il destino è beffardo, la proiezione
viene funestata dall'incubo dei
frequentatori di cinemini porno: le luci
in sala si riaccendono all'improvviso
(per un allarme incendio), costringendo
gli spettatori a ricomporsi con rapide
mosse. Dal torpore in cui erano
sprofondati.
Finiti per equivoco nel film d'autore
francese che viene dal porno, tanto vale
ficcarsi scientemente nel porno
d'autore francese. Per lunga esperienza
festivaliera, il luogo dove la noia si
taglia con il coltello. L'avvenimento
2006 era "Les anges exterminateurs" di
Jean-Claude Brisseau, regista condannato
lo scorso dicembre a un anno di
carcere con la condizionale e a 15 mila
euro di multa per molestie sessuali alle
attrici provinate (poi parlano male
di Hollywood e del sofà del produttore).
Il film del maestro, trattato dalla
stampa francese con il rispetto dovuto
a un redivivo Bresson, racconta l'autobiografica
storia. Corredata dalle parole
che non hanno convinto i giudici:
l'autoerotismo - in pubblico e in privato
- era artistico, le ragazze erano consenzienti,
il piacere delle donne è un
mistero, io sono soltanto un umile ricercatore
in un campo dove nessun altro
osa metter piede.
Il titolo bunueliano è ovviamente
una falsa pista, per un film che dire monotono
è un complimento. "Prima proviamo
le scene di sesso, poi le battute
del dialogo", spiega la controfigura di
Brisseau: un attore più giovane di dieci
anni, più bello e più freddo davanti alle
esibizioni (se dobbiamo prestar fede
alle testimonianze delle attrici che hanno
fatto causa). Il compitino sulle scambievolezze
tra arte e vita è stato celebrato
dal Monde come un vertice di assoluta
creatività . A noi poveri di spirito,
depurato dalle chiacchiere, pareva
lo spot dello slogan femminista inneggiante
alle virtù del dito.
Attratti dai nomi di Marina Abramovic
(l'unica artista contemporanea di
cui potremmo disegnare le tette a memoria,
non esiste performance in cui
non le mostri) e di Matthew Barney coniugato
Bjork, abbiamo guardato anche
"Destricted". Primo porno a episodi di
una serie: sempre che gli spettatori,
presa visione di questi sette cortometraggi,
non vorranno i soldi indietro.
(Accadde anni fa in un cinema porno di
Lugano dove proiettavano "Flesh" di
Paul Morrissey, uscito dalla Factory
warholiana: gli habitué non gradirono
il culo sempre nudo del gigolò Joe Dallesandro,
e l'attacco di feticismo per i
sandali argentati).
E meno male che c'è il marito di Bjork
Al cinema Matthew Barney vuol dire
"Cremaster", cinque film intitolati
al muscoletto che a seconda della temperatura
smolla o rattrappisce i testicoli.
E' l'uomo con il kilt e le orecchie
di plastica che piazza belve leonine
con i tacchi alti al Guggenheim Museum,
e un barista massone in cima al
Chrysler Building. Sul Village Voice,
Michael Atkinson si è divertito a suggerirgli
le trame per "Cremaster" numero
sei, sette e otto. Quella del sei comincia
così, e come tutte le parodie
rende bene l'idea: "Vestito da Elisabetta
I, assieme a un macaco completamente
rasato, Barney volteggia in un
centro commerciale dove i ballerini
del Bolscioi e quelli dei Mummenschanz
si danno battaglia con pistole
cariche di vernici colorate". Pornograficamente
parlando, mette in scena
una variazione forestale su "Crash" di
David Cronenberg: strusciamenti tra
uomo nudo provvisto di cetriolo gigantesco
(Barney, sempre lui), e una macchina
disboscatrice da varie tonnellate.
Nella prima scena il cetriolo è molliccio;
appena il mezzo arriva, e mostra
l'albero di trasmissione, la temperatura
si fa torrida. Titolo: "Hoist" (sta per
issare, o inalberare, solitamente usato
per le vele). Sempre meglio dell'episodio
"Death Walley", ovvero "Brokeback
Mountain" per strumento solista.
Gaspar Noé - ideatore della serie, famoso
per "Irréversible", il film dove
Monica Bellucci veniva stuprata in un
sottopassaggio per dieci minuti - aggiunge
una bambola gonfiabile da seviziare.
Fa da fiancheggiatore l'ungherese
Gyà¶rgy Pà¡lfi, con "Taxidermia", e
l'erezione flambé: in cima al pisello,
mezzo metro di fiamma da mangiatore
di fuoco.
La salvezza arriva dall'animazione,
con un film danese disegnato come un
manga giapponese. "Princess" di Andreas
Morgenthaler (alla Quinzaine)
sfiora lo snuff movie, e i porno di nicchia
con suore e donne incinte. Libération
- che non si scandalizza mai di
nulla, se non quando si imbatte in un
bel film - lo ha trovato di dubbia moralità .
La violenza (per giusta causa,
sullo sfruttatore anche pedofilo) è tale
che a un certo punto distogliamo gli occhi
dal cartoon. Fa da giustiziera una
bambina di cinque anni, che maneggia
il piede di porco come nessuna: maciulla
il cattivo tra le gambe, fa per andarsene,
torna e gli fa volar via tutti e
trentadue i denti.
La salvezza bis arriva dal sesso orale
(nel senso di parlato, se togliamo il
sonoro non resta nulla). E' la specialità
di Kevin Smith, che dodici anni dopo
"Clerks" torna al Quick Stop Grocery.
Lì il commesso Dante aveva saputo che
la fidanzata Veronica si era data da fare
con 37 uomini, confessandone solo
tre. La precisa domanda era infatti
"con quanti sei stata a letto?", e lei tra
le lenzuola c'era andata con pochi. Con
gli altri si era inginocchiata. Il film, costato
27 mila dollari, messi insieme con
un astuto uso delle carte di credito, era
così ben scritto e ben girato che bastava
un "37" sussurrato dal collega Randall
per mettere di malumore il povero
Dante. Non ce ne voglia Kevin
Smith, uno dei nostri eroi. Ma abbiamo
visto "Clerks 2" tenendo le dita incrociate:
i seguiti solitamente si ammosciano.
Sbagliato. E' divertente quanto
il primo, e sposta le frontiere del comune
senso del pudore parecchio
avanti. Quando la pellicola fu visionata
dalla commissione di censura per il
rating, qualcuno commentò: "Servirebbe
una categoria apposta, quelle esistenti
non bastano". "Noi preferiamo
chiamarlo sesso inter-specie" spiega il
performer Kelly, che nel film si esibisce
con un asino. Randall ha affittato lo
spettacolino per l'addio al celibato di
Dante, in procinto di trasferirsi in Florida
con la sua nuova fidanzata. Stavolta
l'ha scelta del tipo precisino. Intanto
si trastulla nel retrobottega con
Rosario Dawson, dando fondo alle
scorte di maionese e sottaceti, e non
per farcire gli hamburger.
Nelle chiacchiere a luci rosse, Kevin
Smith è imbattibile. Se pensate che
"Romance & Cigarettes" di John Turturro
sia insuperabile, in almeno tre
categorie - sogni erotici ("vorrei scoparmi
una tennista con una palla da
tennis nelle braghe"); battute fulminanti
("Nella vita non c'è solo un cazzo
duro..." sentenzia James Gandofini,
"Ah sì, e che altro c'è?" risponde Kate
Winslet), giri di parole che vendicano
per sempre il penoso discorso antifamiglia
che accompagna la scena del
burro di "Ultimo tango" ("puoi passare
dalla porta di servizio, su per il tubo di
stufa, capisci cosa intendo...") - ripensateci.
Quando, naturalmente, "Clerks
2" uscirà nelle sale, previo doppiaggio.
Auguri agli adattatori. Ne hanno bisogno.
In cambio vorremmo essere i primi
a sapere come diavolo tradurranno
il tormentone "ass-to-mouth".
PORCO CANNES
Come andare a un serioso festival di cinema e uscirne
con una laurea su orge, blowjob, bambole e film a luci rosse