OT:Che gli importava della vita di un altro o della propria?
Inviato: 11/01/2008, 20:58
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Che gli importava della vita di un altro o della propria?
O la vita bisognava metterla in gioco soltanto per dovere, per spirito di sacrificio, e mai per capriccio, per passione o semplicemente per misurarsi col destino?
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Questa frase l'ho appena letta sul libro "doppio sogno" dal quale hanno tratto eyes wide shut....
Mi ha fatto pensare molto, e benche il libro è del 1925 mi sembra attualissima.
Viviamo in un mondo dove ci è permesso rischiare la vita solo per doveri (lavori pericolosi, correre per strada dietro a cartellini e appuntamenti, trascurare la salute e il benessere per il lavoro, riempirsi di caffe per lavorare di piu ecc ecc, imbottirsi di psicofarmaci per mantenere un vita "normale" nonostante lo stress da lavoro ecc ecc)
Insomma ci è permesso rischiare la propria vita solo se il fine è "il bene comune" e quindi i soldi e la produttività . Lo stress alla lunga uccide, come uccide fare 120 mila chilometri l'anno per lavoro o lavorare in ambienti inquinati o pericolosi.
Ma se provo a rischiare la vita per un motivo che non sia dovere (fumare, drogarmi, andare a puttane, correre in auto in orario extra lavoro,) vengo additato come pazzo da internare, come uno che non ha rispetto della vita propria e altrui.
E mi obbligano a cinture di sicurezza, a caschi, a non fumare, a non andare a puttane, a non toccare nessuna sostanza che non sia legale.
Insomma ho il dovere di rischiare la vita "per il lavoro" ma non ho il diritto di rischiarla per gli affari miei, anche se magari questo rischiarla mi porta a grandi "piaceri" o semplicmente a viverla la vita, non solo lasciarla scorrere.
Mi sento incazzato. MAH.
Che gli importava della vita di un altro o della propria?
O la vita bisognava metterla in gioco soltanto per dovere, per spirito di sacrificio, e mai per capriccio, per passione o semplicemente per misurarsi col destino?
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Questa frase l'ho appena letta sul libro "doppio sogno" dal quale hanno tratto eyes wide shut....
Mi ha fatto pensare molto, e benche il libro è del 1925 mi sembra attualissima.
Viviamo in un mondo dove ci è permesso rischiare la vita solo per doveri (lavori pericolosi, correre per strada dietro a cartellini e appuntamenti, trascurare la salute e il benessere per il lavoro, riempirsi di caffe per lavorare di piu ecc ecc, imbottirsi di psicofarmaci per mantenere un vita "normale" nonostante lo stress da lavoro ecc ecc)
Insomma ci è permesso rischiare la propria vita solo se il fine è "il bene comune" e quindi i soldi e la produttività . Lo stress alla lunga uccide, come uccide fare 120 mila chilometri l'anno per lavoro o lavorare in ambienti inquinati o pericolosi.
Ma se provo a rischiare la vita per un motivo che non sia dovere (fumare, drogarmi, andare a puttane, correre in auto in orario extra lavoro,) vengo additato come pazzo da internare, come uno che non ha rispetto della vita propria e altrui.
E mi obbligano a cinture di sicurezza, a caschi, a non fumare, a non andare a puttane, a non toccare nessuna sostanza che non sia legale.
Insomma ho il dovere di rischiare la vita "per il lavoro" ma non ho il diritto di rischiarla per gli affari miei, anche se magari questo rischiarla mi porta a grandi "piaceri" o semplicmente a viverla la vita, non solo lasciarla scorrere.
Mi sento incazzato. MAH.