Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (OT)

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SuperTrivelle
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#526 Messaggio da SuperTrivelle »

Ieri sera, al TG2, un esperto di geopolitica ha svelato alcune delle bugie su cui gli "indipendentisti" catalani hanno basato tutta la loro messinscena criminale (ed è andata ancora bene che non ci è scappato il morto): avevano promesso che le banche non sarebbero scappate dalla Catalogna, avevano promesso che la Catalogna sarebbe stata ammessa nell'Unione Europea...

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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#527 Messaggio da SuperTrivelle »

Più uno le spara grosse, più gli vanno dietro.

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Drogato_ di_porno
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#528 Messaggio da Drogato_ di_porno »

i bastardi comunisti non mollano. fascisti rossi peggio dei neri. roba da "Libro nero del comunismo"

Franco era il male minore.
Catalogna: Pressioni su Puigdemont affinché dichiari l'indipendenza

Aumentano le pressioni sul presidente catalano affinché dichiari il prima possibile l'indipendenza della Catalogna.
La Cup, partito indipendentista catalano di estrema sinistra alleato del partito di Puidgemont, ha chiesto al presidente della Generalitat (Governo della Catalogna) di dichiarare l'indipendenza al più presto, a seguito delle minacce del primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, di far ricorso all'articolo 155 per sospendere l'autonomia regionale.
"Non saremo capaci di rispettare la volontà che la maggioranza ha espresso attraverso le urne se non con una proclamazione di indipendenza" sostengono i dirigenti della Cup in una lettera inviata a Puidgemont nella quale affermano che il non proclamare immediatamente l'indipendenza vorrebbe dire "avvallare le minacce, il disprezzo e la repressione" dimostrate dalle autorità spagnole a Madrid.
"Restare immobili di fronte alle minacce e alla negazione della sua autorità non ci permetterà di esistere come popolo, non ci consentirà di governarci né di ottenere più diritti e libertà" viene dichiarato nella lettera.
Non si tratta della prima richiesta di dichiarare l'indipendenza rivolta al presidente della Generalitat; lo stesso appello era stato lanciato già dall'Anc, l'Assemblea Nazionale Catalana, organizzazione indipendentista particolarmente attiva nella promozione del Referendum del 1 ottobre.
Gli sviluppi della questione catalana verranno discussi giovedì prossimo a Bruxelles, prima del Consiglio Europeo, dove il segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo, Pedro Sanchez, incontrerà il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker.
Negli ultimi anni Juncker ha inontrato numerosi leader delle Autonomie spagnole, ma mai il presidente catalano Puidgemont.
Catalogna, la sinistra indipendentista attacca: “Puigdemont vuole elezioni anticipate”
La sfida degli alleati del governo: «Subito in piazza per la secessione»


Per le strade di Madrid va in scena il patriottismo spagnolo: militari in corteo, inchini al re, applausi alla polizia e bandiere da tutte le parti. La festa dell’Hispanidad (nel giorno della scoperta dell’America) si celebra ogni anno, ma la ribellione della provincia carica la giornata di simbologia immediata. Le armi esibite ravvivano i cuori più nazionalisti, il contesto catalano, però, sembra meno drammatico di qualche giorno fa. Il ricevimento a Palazzo Reale (fila di due ore e mezza per stringere la mano al re), raccontano i testimoni, era meno teso di quello che ci si sarebbe aspettati qualche giorno fa.
La scadenza si avvicina, lunedì, o al massimo giovedì, il presidente della Catalogna dovrà uscire dall’ambiguità. O almeno così vuole il premier Rajoy che ha fissato per le 10 del 16 ottobre la scadenza dell’ultimatum: «Hai dichiarato l’indipendenza o no?». Difficile uscirne per il capo della Generalitat, che vede le sue truppe sempre meno unite, anche a causa della giocata ardita del 10 ottobre: proclamare la secessione e sospenderla dopo pochi secondi. Se la risposta sarà «abbiamo dichiarato l’indipendenza», giovedì scatterà la sospensione dell’autonomia, con un nuovo acutizzarsi della crisi. Se la risposta sarà «no», ci sarà la rottura con l’ala dura dell’indipendentismo. La Cup, infatti, oggi pubblicherà una lettera per fare pressioni sul presidente: «Proclama subito la repubblica». L’estrema sinistra promette manifestazioni già prima di lunedì, temendo che Puigdemont voglia convocare nuove elezioni in Catalogna, magari sperando di superare il 50%, in una sorta di plebiscito mascherato. Fonti della maggioranza smentiscono questa ipotesi, ma tutti gli scenari razionali finiscono con un unico esito: elezioni anticipate.
L’ideale per il governo catalano sarebbe essere forzati ad andare al voto da uno scioglimento del parlamento, voluto da Madrid. Secondo questo schema la settimana prossima potrebbe iniziare così: Puigdemont insiste nella sua ambiguità, la Spagna reagisce con la sospensione dell’autonomia, il parlamento catalano tenta una dichiarazione di indipendenza, Madrid scioglie la Camera e si va a votare con la campagna elettorale fatta: «Rajoy ha umiliato i catalani». A quel punto la sindaca di Barcellona Ada Colau potrebbe far parte di una nuova maggioranza. Lunedì, però, è un giorno importante non solo per l’ultimatum di Madrid: due leader dei movimenti indipendentisti, dovranno comparire all’Audiencia Nacional, accusati di reati gravissimi. Un loro arresto potrebbe essere una miccia che riporterebbe il conflitto dalle istituzioni alla strada. E a quel punto sarebbe difficile controllare gli eventi.
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Drogato_ di_porno
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#529 Messaggio da Drogato_ di_porno »

L'indipendenza è durata 8 secondi, un po' meno delle 11 ore di Lluis Companys

c'è gente che vive tutta una vita in 8 secondi.
Puigdemont, l’indipendentista per otto secondi che rischia la galera per 25 anni

http://www.linkiesta.it/it/article/2017 ... per/35801/
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Drogato_ di_porno
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#530 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Quella dei comunisti è una strategia elettorale, puntano a far cadere Puigdemont per andare di nuovo ad elezioni e diventare maggioranza
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dostum
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#531 Messaggio da dostum »

Drogato_ di_porno ha scritto:Quella dei comunisti è una strategia elettorale, puntano a far cadere Puigdemont per andare di nuovo ad elezioni e diventare maggioranza
I marocchini li conceranno per le feste
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OSCAR VENEZIA
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#532 Messaggio da OSCAR VENEZIA »

Nel 1981 in Spagna ogni tanto ancora si sparavano un Golpe



Il colpo di Stato spagnolo del 23 febbraio 1981 (conosciuto in Spagna come 23-F e noto anche come golpe Tejero) fu organizzato e tentato, senza successo, da alcuni comandanti militari spagnoli.

L'atto più eclatante dell'intera operazione fu l'assalto al Congresso dei deputati, operato da un folto gruppo di militari della Guardia Civil comandati dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina, durante la votazione del candidato alla presidenza del governo spagnolo Leopoldo Calvo Sotelo dell'Unione del Centro Democratico.


Prodromi
Il colpo di Stato del 1981 maturò in stretta connessione con le tensioni vissute durante la transizione spagnola verso la democrazia. Quattro elementi, in particolare, avevano generato una tensione permanente che il governo dell'UCD non era riuscita a contenere: la crisi economica, le difficoltà della riorganizzazione territoriale dello Stato, le azioni terroristiche dell'ETA e le resistenze di alcuni settori dell'esercito spagnolo contro il nuovo sistema democratico.

I primi sintomi di malessere nell'esercito apparvero nell'aprile del 1977 quando, a causa della legalizzazione del Partito Comunista di Spagna, si dimise il ministro della marina, ammiraglio Pita da Veiga, e il Consiglio superiore dell'esercito dichiarò di prendere atto della legalizzazione senza però condividerla. Nel novembre del 1978 fu poi sgominata l'Operazione Galaxia, un piano golpista organizzato proprio da Antonio Tejero, che per quello fu condannato a sette mesi di prigione.

Mentre crescevano fermenti golpisti in alcuni settori dell'Ejército de Tierra e dell'estrema destra postfranchista, il governo avanzava all'inizio del decennio verso una profonda crisi, che nel corso del 1980 si rivelò sempre meno sostenibile. Tra i principali eventi di quell'anno ci furono le dimissioni di Manuel Clavero dalla carica di ministro della Cultura (15 gennaio), il rimpasto di governo del 3 maggio, la mozione di censura presentata contro Adolfo Suárez dal PSOE (28-30 maggio), le dimissioni del vicepresidente del governo Fernando Abril Martorell (22 luglio) che produsse un nuovo rimpasto in settembre e l'elezione a ottobre di Miguel Herrero Rodríguez de Miñón, candidato alternativo a quello ufficiale proposto dal gruppo parlamentare centrista di Suárez.

La crescente debolezza di Suárez in seno al proprio partito lo costrinse a dimettersi da presidente del governo e dell'UCD il 29 gennaio 1981 durante una drammatica trasmissione televisiva, subito dopo la quale gli eventi precipitarono. Il primo febbraio, il Collettivo "Almendros" pubblica su El Alcázar un articolo di chiara impronta golpista. Dal 2 al 4 febbraio il Re è nei Paesi Baschi, dove i deputati di Herri Batasuna lo accolgono tra fischi e incidenti. Il 6 febbraio si scopre assassinato un ingegnere della centrale nucleare di Lemóniz, sequestrato un giorno prima, mentre si seguono con apprensione gli sviluppi del sequestro dell'industriale Luis Suñer. In questo clima sciale si pone una questione politica interna, quella di trovare il successore di Suárez. Tra il 6 ed il 9 febbraio si tiene il travagliato secondo Congresso dell'UCD a Maiorca, durante la quale un partito diviso elegge un presidente di circostanza, Agustín Rodríguez Sahagún, individuando poi, il giorno 10, il candidato alla presidenza del governo nella figura di Leopoldo Calvo Sotelo.

Le tensioni politiche raggiunsero il culmine quando il 13 febbraio si diede notizia della morte a Carabanchel di Jose Ignacio Arregui, vittima delle torture inflitte dalla Direzione generale di sicurezza. Quel giorno si arrivò a uno sciopero generale nei Paesi Baschi e a un aspro dibattito tra i gruppi parlamentari al Congresso. Il governo destituì vari dirigenti della polizia, mentre nel ministero dell'Interno si susseguivano dimissioni a catena in segno di solidarietà ai torturatori mentre il giornale El Alcázar presentava l'azione del governo come una gestione debole da interrompere in modo netto.

Fu in tale clima infuocato che Calvo-Sotelo presentò il suo governo il 18 febbraio. Il 20 non ottenne la fiducia del Parlamento spagnolo e fu fissata per il 23 una nuova votazione. Proprio quel giorno fu scelto dai golpisti per il loro tentativo, nel quale sarebbero confluite le diverse aspirazioni: quelle di un golpe duro - impersonate da Tejero e dal capitano generale Jaime Milans del Bosch - e quelle golpe blando, promosse dal generale Alfonso Armada, uomo di fiducia del Re.

El Golpe
Il tentativo del 23 febbraio 1981 raggruppò e coordinò tutte le diverse trame golpiste che covavano sin dall'inizio della transizione democratica della Spagna.

L'occupazione del Congresso dei deputati

L'emiciclo del Congresso dei deputati
Alle diciotto in punto cominciò al Congresso dei deputati la votazione nominale per l'investitura di Leopoldo Calvo Sotelo come presidente del governo di Spagna. Poco dopo le sei e mezza, quando stava per esprimere il proprio voto il deputato socialista Juan Manuel Núñez Encabo, fece irruzione nell'emiciclo del Congresso un gruppo di decine di militari della Guardia Civil, mitra alla mano, comandato dal tenente colonnello Antonio Tejero, che dalla tribuna ordinò che tutti stessero calmi e aspettassero l'arrivo dell'autorità competente, lasciando intendere che si trattasse di un militare, che però non giunse mai. Le sue parole furono:

« ¡Quieto todo el mundo! »
Un operatore della TVE riuscì a filmare per quasi mezz'ora quanto stava accadendo nel Congresso, portando così all'attenzione del mondo l'unico documento audiovisivo sul tentato golpe. La replica venne dal generale Gutiérrez Mellado, vicepresidente del governo e ministro della difesa, che ordinò ai golpisti di gettare le armi e fu aggredito dai militari, che spararono inoltre diversi colpi di arma da fuoco contro il tetto dell'emiciclo. Con la presa delle Cortes e il sequestro del potere esecutivo e legislativo fu generato un cosiddetto «vuoto di potere», sul quale si pretendeva di creare un nuovo ordine politico. Alcuni deputati in particolare furono allontanati dagli altri: il presidente del governo uscente e presidente dell'UCD Adolfo Suárez González, il vicepresidente del governo e ministro della difesa uscente, Agustín Rodríguez Sahagún, il leader dell'opposizione Felipe González Márquez, il secondo in lista del PSOE Alfonso Guerra González e il leader del Partito Comunista di Spagna Santiago Carrillo.

La sollevazione della regione militare di Valencia[modifica | modifica wikitesto]
Poco dopo si sollevò a Valencia il capitano generale della Terza regione militare Jaime Milans del Bosch, che portò per strada i suoi carri armati, dichiarò lo stato d'emergenza e provò a convincere gli altri militari ad assecondare l'operazione.

Nella notte, 250 volontari portoghesi di estrema destra attraversarono il confine per aiutare il golpe. Nel frattempo un altro generale golpista, Torres Rojas, falliva nel suo intento di succedere al generale Juste nel comando nella Divisione corazzata Brunete, con la quale avrebbe dovuto occupare i punti strategici della capitale, tra cui soprattutto radio e televisione da cui avrebbe diramato un comunicato sul successo del golpe.

Il governo provvisorio
Essendo i ministri sequestrati dai golpisti, alle ore ventuno però un comunicato del ministero dell'interno informava della costituzione di un governo provvisorio formato dai sottosegretari uscenti di tutti i ministeri, presieduto dal direttore della sicurezza Francisco Laína, secondo le istruzioni del Re, per assicurare la continuità del governo dello Stato, in stretto contatto con la Giunta dei capi di Stato maggiore.

La presa di posizione del re
L'indisponibilità del Re Juan Carlos I ad appoggiare il golpe permise di sgominarlo quella notte stessa. Il monarca si assicurò, di persona e attraverso i suoi collaboratori, della fedeltà dei vertici militari. Per il suo comportamento si distinse anche il presidente della Generalità della Catalogna, Jordi Pujol, che poco prima delle ventidue trasmise a tutta la Spagna - attraverso le frequenze di Radio Nacional e Radio Exterior - un discorso nel quale invitava alla calma. Fino all'una di notte continuarono i negoziati attorno al Congresso, ai quali partecipò il governo di emergenza che comprendeva anche il generale Alfonso Armada, il quale poi sarebbe stato sollevato perché sospettato di partecipare al golpe.

Verso l'una di notte del 24 febbraio il Re comparve in televisione, vestito con la divisa di capitano generale degli eserciti, per schierarsi contro i golpisti, difendere la Costituzione spagnola ed esautorare Milans del Bosch. A partire da quel momento, il golpe si considerò fallito. A mezzanotte del 24 febbraio Alfonso Armada si presentò nel Congresso con un doppio obiettivo: convincere il tenente colonnello Tejero a desistere dal suo intento ed assumere egli stesso il ruolo di Capo del Governo agli ordini del Re, con un comportamento chiaramente anticostituzionale. Ma Armada non era la "autorità competente" annunciata da Tejero e questi lo congedò con violenza. Da parte sua, Milans del Bosch, isolato, annullò i suoi piani alle cinque del mattino e fu arrestato; Tejero, invece, resistette fino a mezzogiorno del 24, ma durante la mattinata del 24 i deputati furono liberati.

Reazioni internazionali
Non appena si produsse l'assalto al Congresso, il golpe fu condannato con la massima durezza da tutti i paesi della Comunità economica europea (l'attuale Unione europea), istituzione con la quale la Spagna stava negoziando l'adesione, ottenuta poi nel 1986. Fra tutti gli stati membri si deve sottolineare per l'energia della protesta il Regno Unito, e soprattutto l'allora Primo ministro Margaret Thatcher, che qualificò la sollevazione militare come "un atto terrorista".

D'altro canto, gli Stati Uniti d'America mantennero una posizione ufficiale di neutralità rispetto agli avvenimenti, sebbene esistono diversi indizi che sembrano indicare come la presidenza di Ronald Reagan disponesse di informazioni in anticipo grazie ai rapporti della CIA.[senza fonte] Tra le attitudini sospette di cui furono protagonisti gli Stati Uniti, c'è il ricevimento di futuri golpisti spagnoli a Washington DC nel 1980, l'incremento dei movimenti di navi della marina militare statunitense nello stretto di Gibilterra nei giorni precedenti il tentativo e lo stato di allerta della base aerea di Torrejón de Ardoz, della United States Air Force, decretato già dalla domenica precedente il golpe.

Lo stesso Tejero, sul banco degli accusati durante il giudizio che seguì il golpe, affermò che "sia il governo degli Stati Uniti sia il Vaticano erano stati contattati dal generale Armada". Dopo l'entrata di Tejero nell'emiciclo, il segretario di Stato statunitense, Alexander Haig, si limitò a dire che "l'assalto al Congresso dei deputati era una questione interna degli spagnoli", la qual cosa gli valse forti critiche internazionali; una volta fallito il golpe, cambiò le sue dichiarazioni con un sorprendente "dobbiamo congratularci che in Spagna abbia trionfato la democrazia".[1] D'altro canto, il Vaticano si trovava riunito il giorno 23 in una Assemblea episcopale, per cui non furono diffuse dichiarazioni fino al giorno 24, quando il golpe era già fallito.

Il processo e le conseguenze del golpe
Dopo il golpe rimasero alcuni interrogativi, soprattutto riferiti al ruolo giocato da ognuno dei principali golpisti e sulle vere intenzioni e appoggi dell'esercito. Le conseguenze più rilevanti furono l'avvio di un processo di involuzione delle autonomie e un rafforzamento politico della monarchia nell'opinione pubblica e negli ambienti politici, anche internazionali.

Nel processo tenutosi in seguito davanti al Consiglio Supremo di Giustizia Militare, conosciuto come il processo di Campamento (quartiere periferico di Madrid sede di un'importante caserma in cui si svolse il dibattimento) furono condannati a 30 anni di reclusione i principali responsabili del golpe, riconosciuti in Jaime Milans del Bosch, Alfonso Armada e Antonio Tejero Molina. In tutto furono 30 le persone condannate, di cui 17 personalità della Guardia Civil, 13 delle forze armate e un civile, l'ex dirigente dei Sindacati Verticali franchisti Juan Garcia Carrés, mentre tre ufficiali furono assolti.

L'anno successivo una cospirazione golpista fu smantellata in ottobre con l'arresto di tre ufficiali, poi condannati a 13 anni.

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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#533 Messaggio da Drogato_ di_porno »

la merda del Sudamerica (golpisti e caudillos) è diretta emanazione della Spagna
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#534 Messaggio da dostum »

Drogato_ di_porno ha scritto:la merda del Sudamerica (golpisti e caudillos) è diretta emanazione della Spagna
Però servono per sistemare i comunisti no? poi la Merkler è sempre felice di fare come il papino

La defezione della Spagna farebbe crollare il lato sud della FESTUNG EUROPE
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#535 Messaggio da Drogato_ di_porno »

dostum ha scritto:Però servono per sistemare i comunisti no?
dipende, il POUM fu sistemato da altri comunisti.

ci sono anche i comunisti che mettono a morte altri comunisti.
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#536 Messaggio da SuperTrivelle »

Ma poi, per quel che ne so, tutte le forze di estrema sinistra, di QUALUNQUE Paese (ad esempio le forze che hanno portato al governo i vari Tsipras, Varoufakis ecc. in Grecia), si sono SEMPRE espresse contro l'Unione Europea e contro le istituzioni ad essa connesse. Come mai invece gli indipendentisti catalani ci tengono a dire che loro vogliono "restare in Europa"? Forse lo fanno semplicemente -ed opportunisticamente- nella speranza di ottenere l'appoggio della UE? Mah...

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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#537 Messaggio da GeishaBalls »

Cosa c’entrano gli indipendentisti - catalani e non - con l’estrema sinistra?

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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#538 Messaggio da bellavista »

il vulnus iniziale è stato non aver permesso un referendum regolare come in scozia.
questo avrebbe evitato tutto il resto.

non avendo permesso questo, per responsabilità del governo centrale, si sono sviluppati tutti i successivi problemi. con errori da entrambe le parti.

questi sono i fatti: bastava farli votare in modo regolare come in scozia. ma la gente non impara mai nulla dalla storia.
Qui habet, dabitur ei. E comunque: Stikazzi

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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#539 Messaggio da bellavista »

SuperTrivelle ha scritto:Ma poi, per quel che ne so, tutte le forze di estrema sinistra, di QUALUNQUE Paese (ad esempio le forze che hanno portato al governo i vari Tsipras, Varoufakis ecc. in Grecia), si sono SEMPRE espresse contro l'Unione Europea e contro le istituzioni ad essa connesse. Come mai invece gli indipendentisti catalani ci tengono a dire che loro vogliono "restare in Europa"? Forse lo fanno semplicemente -ed opportunisticamente- nella speranza di ottenere l'appoggio della UE? Mah...
strategia, e anche abbastanza elementare.
se dicevano di voler uscire anche dalla ue si trovavano anche la ue contro, in questo modo la ue no rompe il cazzo e dice che sono affari interni della spagna.

non è che ci voglia un fine stratega per capire la logica della cosa
Qui habet, dabitur ei. E comunque: Stikazzi

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OSCAR VENEZIA
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Re: Catalunya e le altre "sorelle". Dove andranno da sole? (

#540 Messaggio da OSCAR VENEZIA »

Che la Ue sia un ente invadente, senza tradizione e antipatico non ci piove. Ciò posto ormai non e' facile condurre uno stato in Europa standone fuori, tanto più se si e' sempre stati dentro.
L'adesione alla UE e' una forma di continuità rassicurante e viene data per convenienza.
Chi aderisce, vuole rimanere o vuole entrare non necessariamente ama quel cesso di bandiera.

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