Chi è questa?
La storia di Malina di via Zamboni, l’escort più bella di Bologna, raccontata da un cliente devoto.
"Tante volte ho provato il desiderio di sfogarmi e di gridare ad alta voce che sono una prostituta e che non me ne vergogno. Che il nostro è un mestiere come un altro. Che non faccio niente di male ma piuttosto del bene, perché aiuto persone che ne hanno bisogno per vivere meglio.
La gente non ci conosce." (Malina
PRIMO CAPITOLO
2009
Arrivo a Bologna il 21 marzo 2009, dopo un viaggio di due giorni in pullman dalla Romania. Sono le 23.00, appena arrivata, e la sera stessa inizio a lavorare!
I primi sei mesi lavorerò sulla strada, come si dice nel gergo dei clienti OTR, On The Road, poi solo in appartamento.
Alcune parole d’italiano le ho imparate alla bell’e meglio prima di partire, e le mie colleghe mi hanno indicato dove aspettare il cliente, come contrattare la prestazione, dove portarlo per appartarci, come consumare il rapporto in auto e come ritornare alla base. La sera del mio arrivo mi portano a Porta Lame, anche se poi la mia postazione, finché lavorerò per strada, sarà in via Marco Polo.
Il mio primo e unico cliente arriva dopo mezz’ora e caso vuole che non sia un italiano ma un tedesco. È biondo, sulla quarantina. Non sono spaventata né intimorita, piuttosto emozionata e un po’ in apprensione per la novità e per la preoccupazione di non riuscire a seguire correttamente gli insegnamenti che ho ricevuto.
Prestazione base: pompino coperto e scopata. In auto mi muovo fin dall’inizio con agilità e disinvoltura, è una cosa che i miei clienti poi apprezzeranno molto.
Chiedo trenta euro, il tedesco ha solo monete da venti, così me ne dà quaranta lasciandomi il resto. Imparerò che con i clienti più gentili succede spesso.
Per quella sera basta così, ho comunque rotto il ghiaccio e posso accontentarmi. D’altronde sono appena arrivata e sono in una città che non conosco e di cui non parlo ancora la lingua. E che per otto anni diventerà la mia città.
Poco prima di ritirarmi ho accettato la proposta di Aldo di scrivere questo un libro. Mi ha fatto piacere raccontare la storia di questi anni.
L’ho fatto per dire quello che penso: ai clienti, alle altre ragazze e soprattutto all’altra gente.
Il mondo di noi ragazze che facciamo il mestiere dovrebbe essere compreso e non più disprezzato. Piuttosto che fare la fatica di comprendere è molto più facile essere cattivi, giudicare e odiare.
Tante volte ho provato il desiderio di sfogarmi e di gridare ad alta voce che sono una prostituta e che non me ne vergogno. Che il nostro è un mestiere come un altro. Che non faccio niente di male ma piuttosto del bene, perché aiuto persone che ne hanno bisogno per vivere meglio.
La gente non ci conosce.