(OT ?) Italia, poche donne accedono a internet...
Inviato: 16/01/2004, 13:39
Fonte : Repubblica di oggi
ROMA - Non c'è paese al mondo più sessista dell'Italia nell'uso di Internet. E' questo uno dei dati più significativi tra quelli contenuti nell'ultima edizione del World Internet Project, i cui primi risultati sono stati resi noti oggi dal Center for Communication Policy dell'Università di Los Angeles (UCLA). Il progetto, unico nel suo genere, ha lo scopo di fornire un colpo d'occhio sugli effetti sociali, politici ed economici di Internet a livello mondiale raccogliendo e confrontando i risultati di vari studi condotti negli ultimi due anni in quattordici paesi di Europa, Asia e America.
Lo studio dell'UCLA rivela come il "digital divide", ovvero la disparità di accesso alle nuove tecnologie a causa dell'appartenenza sociale, sia un problema reale. Una disparità che si evidenzia tanto sull'asse ricchezza/povertà , quanto su quello uomini/donne. In Italia, ad esempio, la quantità di utenti Internet sul totale della popolazione è del 31,2 per cento. Considerando solo i poveri, si scende al 10,6 per cento, una differenza di 20,6 punti. La disparità tra i sessi è altrettanto accentuata: tra gli uomini, gli utenti della Rete sono il 41,7 per cento, tra le donne il 21,5. Uno scarto di 20,2 punti.
Non tutti i paesi fanno male come l'Italia (a Taiwan e in Svezia, per esempio, uomini e donne sono quasi alla pari). Tuttavia il dato è molto significativo. "In media, il gap tra uomini e donne è dell'8 per cento", spiega Jeffrey Cole, direttore del Center for Communication Policy. "Non è neanche tanto, se si considerano le disparità tra i sessi che persistono in molte parti del mondo. Tuttavia, in alcuni paesi tecnologicamente sviluppati, dove gli uomini che utilizzano Internet sono quasi il doppio delle donne, questo gap è sorprendente".
E le sorprese contenute nel rapporto UCLA non finiscono qui. Ad esempio, si scopre che Internet non toglie tempo alle attività sociali e culturali, bensì alla televisione. "I precedenti rapporti avevano dimostrato che gli utenti di Internet americani 'prelevavano' il tempo per stare online dalle ore precedentemente dedicate alla tv", spiega ancora Cole. "Ora questa tendenza sta diventando mondiale". In alcuni paesi, come Cile, Ungheria e Giappone, i navigatori passano oltre cinque ore a settimana in meno davanti alla tv rispetto a chi non usa Internet. Inoltre, gli appassionati della Rete dedicano un maggior numero di ore alla lettura e ai rapporti sociali. "Si tratta di un cambiamento enorme che abbiamo appena iniziato ad esplorare", commenta Cole.
L'ultimo capitolo del World Internet Project è dedicato all'informazione online. E anche in questo caso, le sorprese non mancano. Infatti, nonostante la pessima fama di Internet in materia di bufale e falsi scoop, in quasi tutti i paesi oggetto della ricerca la maggior parte degli interpellati dichiara di trovare credibili e accurate quasi tutte le informazioni trovate online. I più fiduciosi sono i coreani (69,7 per cento), mentre la palma dello scetticismo va alla Svezia, dove il 36 per cento degli intervistati ha detto di non credere praticamente a niente di quello che si legge online.
(16 gennaio 2004)
ROMA - Non c'è paese al mondo più sessista dell'Italia nell'uso di Internet. E' questo uno dei dati più significativi tra quelli contenuti nell'ultima edizione del World Internet Project, i cui primi risultati sono stati resi noti oggi dal Center for Communication Policy dell'Università di Los Angeles (UCLA). Il progetto, unico nel suo genere, ha lo scopo di fornire un colpo d'occhio sugli effetti sociali, politici ed economici di Internet a livello mondiale raccogliendo e confrontando i risultati di vari studi condotti negli ultimi due anni in quattordici paesi di Europa, Asia e America.
Lo studio dell'UCLA rivela come il "digital divide", ovvero la disparità di accesso alle nuove tecnologie a causa dell'appartenenza sociale, sia un problema reale. Una disparità che si evidenzia tanto sull'asse ricchezza/povertà , quanto su quello uomini/donne. In Italia, ad esempio, la quantità di utenti Internet sul totale della popolazione è del 31,2 per cento. Considerando solo i poveri, si scende al 10,6 per cento, una differenza di 20,6 punti. La disparità tra i sessi è altrettanto accentuata: tra gli uomini, gli utenti della Rete sono il 41,7 per cento, tra le donne il 21,5. Uno scarto di 20,2 punti.
Non tutti i paesi fanno male come l'Italia (a Taiwan e in Svezia, per esempio, uomini e donne sono quasi alla pari). Tuttavia il dato è molto significativo. "In media, il gap tra uomini e donne è dell'8 per cento", spiega Jeffrey Cole, direttore del Center for Communication Policy. "Non è neanche tanto, se si considerano le disparità tra i sessi che persistono in molte parti del mondo. Tuttavia, in alcuni paesi tecnologicamente sviluppati, dove gli uomini che utilizzano Internet sono quasi il doppio delle donne, questo gap è sorprendente".
E le sorprese contenute nel rapporto UCLA non finiscono qui. Ad esempio, si scopre che Internet non toglie tempo alle attività sociali e culturali, bensì alla televisione. "I precedenti rapporti avevano dimostrato che gli utenti di Internet americani 'prelevavano' il tempo per stare online dalle ore precedentemente dedicate alla tv", spiega ancora Cole. "Ora questa tendenza sta diventando mondiale". In alcuni paesi, come Cile, Ungheria e Giappone, i navigatori passano oltre cinque ore a settimana in meno davanti alla tv rispetto a chi non usa Internet. Inoltre, gli appassionati della Rete dedicano un maggior numero di ore alla lettura e ai rapporti sociali. "Si tratta di un cambiamento enorme che abbiamo appena iniziato ad esplorare", commenta Cole.
L'ultimo capitolo del World Internet Project è dedicato all'informazione online. E anche in questo caso, le sorprese non mancano. Infatti, nonostante la pessima fama di Internet in materia di bufale e falsi scoop, in quasi tutti i paesi oggetto della ricerca la maggior parte degli interpellati dichiara di trovare credibili e accurate quasi tutte le informazioni trovate online. I più fiduciosi sono i coreani (69,7 per cento), mentre la palma dello scetticismo va alla Svezia, dove il 36 per cento degli intervistati ha detto di non credere praticamente a niente di quello che si legge online.
(16 gennaio 2004)