Re: Joe D'Amato - Uno Nessuno Centomila
Inviato: 17/02/2022, 12:57
Sono d'accordo con te. D'Amato ha sfornato quasi 200 pellicole, molte mediocri. Anche nell'hard. Tenendo presente che a lui, l'hard non piaceva e lo faceva per questioni meramente alimentari (il passaggio definitivo era avvenuto dopo il fallimento della Filmirage, tieni conto che i suoi film erotici orientali alla "Sex and Zen" non avevano avuto successo). Le cose migliori le ha fatte negli anni settanta. Negli anni ottanta, molto lascia a desiderare. Salvo "Rosso Sangue" e poco altro. "Antropophagus" è tremendo. Non ho mai capito lo status di cult di quel film. Frankenstein 2000 non è male, ma ha una fattura dal film TV europeo, sembra quasi tedesco (la fotografia è simile ai telefilm dell'ispettore Derrick di quegli anni).Salieri D'Amato ha scritto: ↑15/11/2021, 2:57Sposo quasi in pieno le tue tesi sul cinema di genere. Ma farei alcune puntualizzazioni.Alec Empire ha scritto: ↑14/11/2021, 11:14Bellissima intervista che dice molto del Massaccesi uomo e regista. Secondo me, figure come la sua sono state un po’ vittime di quegli inevitabili passaggi di consegne tecniche, tematiche e commerciali insite nel mondo del cinema. La sua è una figura epica, essendo stato presente per decenni in un settore così complesso forte di una capacità di barcamenarsi assai rara. Anche perché, come giustamente si fa notare, non si sentiva (e non era) un artista, bensì un abile e puntiglioso artigiano che cause di forza maggiore hanno portato a trattare a piene mani una materia ‘ingrata’, almeno stilisticamente parlando.
Sulla discriminazione del D’Amato regista in quanto pornografo senz’altro sarà così, però ne resto convinto fino ad un certo punto. Voglio dire, basandosi solo sulla sua produzione di genere, quindi dall’horror all’erotico, non è che ci siano capolavori degni dell’eternità: esistono film importanti, sono il primo a dirlo, ma al contempo discutibili. Non è l’hard a fare da discriminante netto nel suo percorso registico. Paradossalmente, io continuo a pensare che l’apice della sua filmografia sia da ricercarsi proprio in quel ‘Sesso Nero’ che è coniugazione prima di porno e thrilling. Credo che, se qualche collega di D’Amato non lo ha avuto in simpatia, è perchè, oggettivamente, il mercato in cui il regista si è trovato ad operare è un mercato di serie B con prodotti di media qualità invisi a determinati contesti. Il suo è un caso come tantissimi altri.
Per essere ancora più chiari, è assurdo che, oggi, si dispensino riconoscimenti ‘a prescindere’ a più o meno tutti gli esponenti del cinema bis settantiano tanto quanto era assurdo, a suo tempo, l’oscurantismo con cui i film di questo tipo venivano censurati, tagliati ed esclusi dalle rotazioni televisive. In media stat virtus: parliamo di opere interessanti ed abili uomini di cinema, non geni né guitti, non santi né demoni. La loro peculiarità risiede proprio nell’assenza di ‘doti alte’, nell’essere ‘cinematografari’ con qualcosa da dire e, spesso, mezzi limitati per dirlo. E’ qui che esce fuori la creatività, nell’arte di arrangiarsi al di là della mancanza di originalità.
Il cinema di D'Amato e tutto quello cosidetto bis, non ha sfornato che prodotti che vanno dal molto valido alla ciofeca immonda, con rare eccezioni di quasi capolavori o film perfettamente confezionati.
Questo a mio avviso è dovuto a 2 fattori: il primo, detto e stradetto, è che i mezzi erano limitati e con essi quindi avevamo attori di terzo piano o veri e propri cani, fotografia di serie B, sceneggiature spesso senza capo ne coda o comunque piene di buchi, montaggio alla proviamo così tanto cambia poco, costumisti e truccatori dopolavoristi e soprattutto tempi di lavorazione compressi ai minimi termini, spesso in 15/30 giorni si doveva terminare di girare il film. Converrai che anche per un Kubrik sarebbe difficile sfornare capolavori in queste condizioni, lui che oltre ad avere cast e tecnici di primordine aveva tempi di lavorazione lunghissimi.
Il secondo punto è che gli stessi registi che si cimentavano nel cinema bis erano registi con poco talento o senza ambizioni stilistiche, solo in rari casi erano registi che amavano fare generi non riconosciuti dall'allora cinema "alto". Spesso anche film di culto lo sono diventati per l'originalità o per un paio di scene iconiche o per la crudezza delle scene o per la bellezza delle protagoniste o per un'interpretazione sopra le righe ... e non certo per la grandezza del regista. Per dire, lo stesso Argento non è a mio avviso un grandissimo regista nel termine più inclusivo del termine, il successo è dovuto essenzialmente ad aver trovato il filone giusto (thriller o giallo all'italiana), storie semplici ma crude e ricche di violenza esplicitata delle scene, alle colonne sonore azzeccate e ai titoli strani ed evocativi; prova ne è che a distanza di anni lui, quando è ormai un riconosciuto "maestro", fa La terza madre, con un budget superiore a quello dei suoi primi film ed effetti speciali immensamente migliori, tecnicamente è un film superiore ai precedenti ma con gli stessi difetti, compresa una sceneggiatura debole (in questo caso anche schizofrenica), ma viene percepito da tutti come una cagata.
Diciamo quindi che i registi che hanno saputo imporsi e creare film indimenticabili sono quelli che hanno saputo raccontare storie e personaggi iconici, che hanno saputo creare un sense of wonder, ma soprattutto stimolare visivamente le nostre ossessioni, paure e voyerismo, a prescindere dalla validità intrinseca del film prodotto. Boiate come Cannibal holocaust sono film di culto, anche per me.
In definitiva pochi sono stati i registi veramente validi del cinema di genere, che quando hanno avuto tra le mani budget un pochino più alti e qualche attore discreto, hanno sfornato ottimi film da tutti i punti di vista. Rimanendo all'Italia citerei soprattutto Di Leo, Fulci, Sollima, Corbucci, Castellari. D'Amato è molto probabilmente un gradino sotto come dici, artigiano più che artista, anche se a me restano nella memoria in particolare gli Emanuelle, vuoi per il fascino della Gemser, per le colonne sonore o chissà che altro.