Paola Senatore. Nonostante Tutto.

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La 'Passione' di Paola - Introduzione

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E’ la sera del 3 Novembre 1983. Da un centralissimo ristorante romano se ne esce una figura femminile dal passo spedito e ‘importante’ che, coperta da una pelliccia, sale su un taxi in attesa lì di fronte. Nulla di strano, si direbbe, e invece no. Perchè quella donna sotto la pelliccia è pressochè nuda, e non si tratta di un’esibizionista o di una mitomane, nossignore. All’interno del locale se ne sono accorti tutti: quella là è un’attrice, si chiama Paola Senatore e ha appena dato spettacolo con una scena madre degna della più bizzosa delle dive hollywoodiane. A conclusione della festa organizzata per il suo compleanno, la donna ha infatti avuto un alterco col regista e suo compagno d’allora Salvatore Bugnatelli, il quale, dopo aver diretto la bella Paola nel suo ultimo film ‘Lei Non Sa Chi Sono Io’, voleva proibirle di accettare alcuni ruoli scabrosi ed eccessivamente spinti che le erano stati proposti. Una parola tira l’altra, i due litigano e la Senatore, per dispetto, si toglie tutto tranne la collana. Poi, tra lo stupore generale dei clienti del ristorante, attraversa ancheggiando tutta la sala per guadagnare l’uscita dove l’aspetta, come detto, un taxi.
Anche questo era la Paola Senatore di allora, sguardo felino e spavaldo, esagerata e tracotante ex ’stellina’ della commedia sexy degli anni Settanta che ormai erano un ricordo, per quanto ancora recente, di uno splendore consumato alla periferia del cinema ‘che conta’, tra un D’Amato, un Mariano Laurenti, un Marino Girolami. Prima, molto prima del fattaccio. Prima della droga, prima dei servizi fotografici porno, prima di quel film hard in cui due anni dopo accarezzerà il degrado morale ancor più che fisico. E sarà una carezza dolorosa, bruciante, definitiva. Una condanna personale a cui seguirà quella giudiziaria, che le spalancherà le porte di Rebibbia per poi farla risorgere, col tempo, come una fenice. Piano, senza fretta, con delicatezza e umanità. Tutto quello che forse non ha del tutto trovato un’altra vittima di se stessa, Lilli Carati. O che, per un’atroce beffa del destino, quando si è salvata è stata subito rimangiata da altre tenebre ancor più perfide, quelle della malattia.
E l’hanno chiamata ‘pornostar’, Paola. Lei che di porno ne ha fatto uno solo, poi replicato in svariate versioni d’accordo, ma un film uno a fronte di una quindicina d’anni di cinema. Sexy, certo, di quelli sexy ‘da ridere’. Erotico, perchè negarlo, di quelli che andavano al botteghino e ti facevano fare soldi veri. Che poi quei film là li facevano tutte, tutte quelle che venivano dalla ‘commediaccia’. Del resto i tempi erano quelli che erano: all’epoca di ‘Emanuelle in America’, il 18 Agosto 1976, il Corriere della Sera le aveva dedicato un trafiletto in cui si scriveva ‘Paola Senatore (…) una notevole esperienza in commedie erotiche e sado-erotiche all’italiana, una gran bella ragazza finora sfruttata soltanto in film di serie “b” o “c” (…) Puntando ormai tutte le sue carte sull’erotismo per palati facili, il cinema commerciale italiano si sta deteriorando paurosamente e la mancanza di nuove e valide attrici è un segno tangibile di questa crisi. Possibile che dopo aver lanciato nel firmamento internazionale dive come Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, la bellezza italiana sia ormai confinata nei ghetti dei cinema frequentati da soli uomini?’ Domanda lecita quanto oziosa nel decennio ruggente delle ‘dive nude’, quelle che si spogliavano del tutto in contesti paradossalmente più nazional-popolari dei nomi eccellenti citati nell’articolo.

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Poi però ‘todo cambia’, come canta dolorosamente Mercedes Sosa. ‘Cambia todo en este mundo’, cambiano gli anni e si portano via i paradisi di cartapesta col cinismo dei forti. E’ così che quando ti trovi a compiere 34 anni come Paola in quella serata romana, e la tua carriera cinematografica ha imboccato un sentiero non ancora discendente ma sicuramente non più brillante, ti trovi nella necessità di fare i conti con foto di nudo che diventa luce rossa, coi film che da ’sexy’ si fanno ‘soft’ e poi chissà. E allora ti capita di peccare di quello che gli antichi greci chiamavano ‘hybris’, ovvero orgoglio, presunzione d’immortalità, eccesso di sicurezza e ostentazione di potenza. Potenza come ad esempio il tuo corpo nudo nella notte, il tuo fisico che t’ha portata sul set di Tinto Brass, quelle forme su cui, ora, il regista e amico Bruno Gaburro è pronto a costruire una trilogia erotico-letteraria. Roba seria: un nudo d’autore, un erotismo per palati raffinati. E con compensi economici importanti.
Si, però la mitologia insegna che ogni peccato di orgoglio, ogni eccesso di ‘hybris’, si paga a caro prezzo. E’ la legge divina, per chi divino non è. E Paola, per quanto bella, divina non lo era di certo. Non ci saranno le rose delle star ad attenderla dopo quel suo gesto di bizzosa ribellione notturna in quel di Roma, ma una lenta discesa verso inferni personali e professionali che lasciano ferite di celluloide. Ma poi per fortuna ‘todo cambia’, basta elaborare il tutto e superarlo aggrappandosi a qualcosa, qualcuno, fisico o metafisico che sia.

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Per chi scrive parlare di Paola Senatore non è come parlare di altre attrici scivolate nel porno in varia misura e per vari motivi. Nel lontano 2003 dedicai a Paola un ‘Hard History’ in tre puntate sulle pagine di Videoimpulse, articoli che riporterò di seguito prossimamente intervenendo qua e là con eventuali nuove informazioni dove possibile, fino ad arrivare al film porno ‘Non Stop - Sempre Buio In Sala’ che è stato per alcuni versi la sua ‘finis malorum’, per altri il principio della fine. Ma c’è dell’altro. All’epoca titolai con lo stesso nome del film il mio primo sito riguardante l’hard vintage, un abbozzo di quello che poi avrei fatto (e non ancora fatto), letto e studiato in materia. Questo perchè riconobbi in quel film girato male e ‘interpretato’ ancor peggio uno spaccato di verità durissimo, perfino imbarazzante nel suo essere senza veli. Una pornografia che non prendeva per il culo promettendo finte godurie sia per chi la esegue che per chi la guarda, ‘vendendosi’ involontariamente come documento verità altamente drammatico in un contesto di cinema amatoriale, e per questo ancor più adiacente al reale. Tutto questo è lo sciagurato porno di Paola Senatore.
Dimenticatevi i lustrini, i sorrisi, le belle parole che voi volete sentire e che vi vengono dette perchè dovete (non) ragionare da clienti paganti. Se la vita è difficile, il porno può buttarti giù dal burrone: questo non emerge solo dall’esperienza di Paola, ma da quella di molte altre attrici o semplicemente donne e uomini che, in casi d’indigenza di varia natura, si sono rivolte ad un mondo che ‘lo devi saper prendere’ e anche in quel caso non è detto che ti convenga. E queste sono storie di vita, non di ‘ripresa’.
Per tutti questi motivi, Paola come Lilli Carati o Karin Schubert non saranno mai, per me, elenchi di film da compilare o ‘scene da vedere’ ma persone da raccontare, anche e spesso soprattutto attraverso quei film hard che parlano di loro come forse molte pellicole artisticamente ‘degne’ (ma bugiarde, perchè il cinema è sempre bugiardo) non hanno saputo fare.

Continua...
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