Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

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Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#1 Messaggio da Alec Empire »

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1972

"Dolly, sei pronta per la scena?" la voce era quella di Gerard Damiano, il regista. Stava chiamando sul set una tale Dolly Sharp per una performance di cunnilingus. Si, perché si stava girando un porno in quel di Miami, Florida. Era Gennaio, ma si sa – Gennaio in Florida è una cosa, Gennaio a New York è tutt’altro. E questa Dolly veniva proprio dalla Grande Mela, dove aveva ricevuto qualche settimana prima un’offerta per una piccola parte in questo film. La trama – per quello che poteva contare la trama in un porno – la vedeva amica più grande della protagonista, una certa Linda, Linda Lovelace. Ma quell’offerta non era arrivata per caso. Intanto Dolly – che non si chiamava Dolly ma Helen – era ben inserita nel circuito dei loop a luci rosse: ne aveva fatti di svariati, sapeva bene come funzionavano. E il suo compagno dell’epoca, Billy, le faceva occasionalmente compagnia partecipando anche lui ai filmini. Dolly/Helen era nel giro già da un paio d’anni, si mostrava affidabile, non aveva screzi con nessuno. Anzi, era riservatissima e non familiarizzava con gli altri attori. Dunque si, per quella particina andava bene. E lei fu ben contenta di andarsene la sera di Capodanno, lasciandosi alle spalle il freddo di NY per raggiungere la più clemente Florida. Si sarebbe trattenuta là per due settimane: il tempo di girare il film, prendersi i soldi pattuiti e tornare ad essere Helen, Helen Wood, madre single che doveva tirare avanti per due. Ma questo, nel porno, nessuno lo sapeva. E comunque a nessuno doveva importare: Dolly spariva dopo le riprese, era un lavoro come un altro.

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Gennaio per gli States vuol dire Super Bowl. E Damiano aveva programmato di girare parte del suo film proprio nel weekend della partita. Il che era una garanzia per evitare attenzioni indesiderate: tutti avrebbero avuto gli occhi rivolti alla tv al Tulane Stadium di New Orleans, dove si sarebbero affrontati Cowboys e Dolphins.

"Dolly, sei pronta per la scena?" "Si certo, eccomi" professionale e impersonale, quasi fredda diceva qualcuno, Dolly Sharp si sistema su di un tavolo da cucina a cosce aperte, anzi spalancate, con una grazia nella postura che contrasta con l’indifferenza altera emanata dallo sguardo. Singolare quella donna, sessualmente pronta ed efficiente eppure assolutamente estranea, per nobiltà d’atteggiamento, all’ambiente in cui s’era intrufolata. Con un gesto teatrale chiede a Linda di darle una sigaretta, poi si rivolge alla testa di colui che sta per leccarle la figa chiedendo dolcemente. ‘Ti dispiace se fumo mentre mangi (while you’re eating)?’ Ottenuto l’ok, Dolly lo lascia fare e, massaggiandogli i capelli, si gusta la sua sigaretta con aria soddisfatta, appoggiata svogliatamente sulle braccia affusolate. Dà l’impressione di essere in pace con se stessa. Ed è più di un’impressione.

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Coi soldi che avrebbe ricevuto per quel film, di cui ignorava il titolo e neppure gli interessava, Dolly Sharp – anzi, Helen Wood – era certa di attraversare un momento di stabilità economica per lei e per suo figlio, come non le capitava da tempo. Gli ultimi periodi erano stati piuttosto travagliati, e lei non era certo una di quelle ragazze che facevano porno nel tempo libero per arrotondare. Ormai aveva un’età, se n’era fatta una ragione, e doveva conviverci. Pensare che solo pochi anni prima s’era addirittura fatta siliconare il seno, pur di allontanare il sentore di un corpo che non era più quello di un tempo. Però la Helen che aveva fatto questo era ormai lontana, un’altra donna. Una ballerina che negli anni Sessanta aveva sostenuto più di tremila show nel corpo di ballo della Radio City Music Hall Of New York, passando poi a miscelare il proprio stile di danza jazz con le suggestioni mitteleuropee dello Zigani Ballet, troupe acrobatica ungherese operante al Latin Quarter Nightclub.
Era stata un’artista, Helen. Che sul finire del 1968 s’era ritrovata senza scritture teatrali, senza marito, con un figlio da crescere e con un corpo non più adatto a fronteggiare le grandi platee dei balletti. Allora si rifece il seno, scelta patetica per una danzatrice di burlesque in là con gli anni. Però poteva funzionare per un’altra cosa.

1970

‘Cercasi talenti per film indipendenti a basso budget – è necessario il nudo’. L’annuncio era stato pubblicato da Tallie ‘Chick’ Cochrane, singolare figura di attrice e truccatrice che gestiva a quel tempo un’agenzia di casting per film ‘adult’ a New York, sulla 45esima Strada.
Prevedendo di trovarsi in bolletta nel giro di poco, Helen Wood non ci pensò su due volte. Si recò alla sede dell’agenzia fornendo per la prima volta il nome farlocco di ‘Dolly Sharp’ – laddove la scelta di ‘Dolly’ fu fatta per omaggiare Dolly Parton, la country woman preferita di Helen.
"Salve, io sono Dolly Sharp"
"Beh, felice di conoscerti, Dolly Sharp. Io sono Chick. Dimmi cosa hai fatto"
"Ok, questo è quello che ho fatto per la maggior parte della mia vita"
concluse la ‘nuova’ Dolly, prendendo la gamba e sollevandosela sopra la testa. “incredibile! Era come guardare un contorsionista!" – ha poi ricordato la Cochrane, meravigliata e un po’ confusa: ma una così perché voleva fare porno?

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Preso atto della disponibilità di quella strana candidata, Tallie la mise in contatto con un suo ‘faccendiere’ abituale rispondente al nome di Sam Menning. Figura alquanto ambigua, Sam aveva un passato avventuroso in cui da capitano di nave s’era reinventato stilista di intimo, quindi fotografo soft core – si dice che negli anni Cinquanta avesse scattato molte delle foto bondage di Bettie Page. Ultimamente stava cavalcando l’onda delle luci rosse principalmente in veste ‘mercantile’ tramite la vendita di film in 8mm alla mafia locale – mafia che poi provvedeva alla distribuzione dei loop nelle librerie di Times Square. Da buon produttore, Menning accolse questa aspirante attrice Dolly Sharp non senza riserve: “Mi ha sorpreso quando è entrata per la prima volta, perché la maggior parte delle ragazze che si presentavano avevano 20 anni. Voglio dire, quando ho avuto una ragazza che aveva 24 anni, sono rimasto sorpreso perché la consideravo vecchia. La maggior parte delle persone che ho filmato erano universitari, o attori e musicisti. Giovani che in fondo avevano bisogno di un po' di soldi in più per mantenere vivi i loro sogni".
Sogni invece Dolly non ne aveva più. Oh se in passato li aveva inseguiti e raggiunti con grande tenacia, forte di un carattere rigido, severo con se stessa. Prima di riciclarsi in Dolly Sharp, miss Helen Wood era stata qualcuno, certo quelli del porno non potevano saperlo anche per un limite generazionale, ma in fondo meglio così: meno si sapeva di lei, meglio era. Il presente non ammetteva nostalgie di sorta, ma necessità, e lei “non aveva scrupoli, era disposta a fare atti sessuali che alcuni degli altri nuovi artisti non avrebbero preso in considerazione. Era anche acrobatica, capace di piegare il suo corpo in ogni tipo di forme e posizioni sorprendenti.”
Forte di queste credenziali, Dolly fu prontamente reclutata nel circuito dei ‘filmini’ apparendo spesso a fianco della coppia newyorkese dei Russell, James e Tina. Si trattava di due hippie del tutto estranei alla Sharp per cultura, età e modo di fare molto ‘easy’, woodstockiano. Ricorda Jason: "Non sapevamo cosa fare con lei. Sembrava abbastanza grande per essere uno dei nostri genitori, e aveva queste strane eccentricità, come ad esempio chiedere al regista chi fosse il suo personaggio, ignorando il resto del cast. Ci consideravamo un gruppo affiatato: quello era un periodo in cui temevamo di venir beccati perché i film erotici erano illegali, quindi stavamo tutti molto uniti. Ma non Dolly. Lei pensava di essere qualcos'altro".
E difatti era qualcos’altro Dolly Sharp, che a 35 anni suonati si ritrovava in un mondo di cui pochi anni prima ignorava l’esistenza calcando ben altri palcoscenici. Accanto ad un passato illustre e virtuoso, la nostra vantava tuttavia uno straordinario spirito di adattamento: racconteremo dunque da dove veniva e dove aveva deciso di andarsene.

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Re: Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#2 Messaggio da Alec Empire »

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1952

Ci sono giorni che segnano la vita delle persone. Situazioni in cui tu senti che tutto sta per decollare, che la via è quella giusta, che ora o mai più. Nella vita della giovane Helen Wood quel giorno fu il 19 Maggio del 1952, quando, nella cornice del lussuoso Algonquin Hotel sulla 44esima strada di New York, ebbe l’onore di ricevere il riconoscimento di una delle dodici "Personalità più importanti del palcoscenico del 1952". Questo, a soli diciotto anni, era un autentico privilegio che andava a riconoscere le sue già indiscutibili doti di ‘artista totale’: musicista – virtuosa del violino fin da giovanissima – ballerina, con all’attivo già tre musical di assoluto rilievo in rotazione nientedimeno che a Broadway dal 1949 – e ‘starlette televisiva’ già ospite del celebre ‘Ed Sullivan Show’. Che ragazza prodigio, Helen, che quella magica sera di Maggio si trovò a condividere il premio con un’altra promessa del mondo dello spettacolo rispondente al nome di Audrey Hepburn.

Del resto il buongiorno s’era visto dal mattino. Ovvero da quando, soprannominata ‘Il Tornado del Texas’ per via delle sue abilità da violinista, deliziava la gente di Port Arthur e non solo con stupefacenti esibizioni di musica danzante che, vista la sua giovane età, avevano impressionato davvero tutti. “Signora Hunt, ascolti – aveva detto a sua madre Jascha Heifetz, rinomato violinista – sua figlia ha davanti un futuro radioso come musicista. Tutto ciò che deve fare è trasferirsi a New York e farla studiare alla Juilliard”.
Già, la Juilliard, la migliore scuola delle Arti per una ragazza virtuosa come Helen. Una che, a dispetto della giovane età, mostrava un’autodiscipina da professionista per migliorarsi sempre di più. Prima col violino, poi come ballerina. Giornate intere ad esercitarsi e ricevere lezioni, prontamente accolte e assimilate con un rigore davvero unico per una ragazzina. Helen Wood era una predestinata, lo era stata da sempre. E quel premio ricevuto nel ’52 era lì a dimostrarlo.

1958

“Sai una cosa? Sei l’unica ballerina bianca con l’anima nera che abbia mai visto” Che complimento per Helen. E da chi arrivava: addirittura Sammy Davis Jr., cantante-ballerino che, come lei, frequentava spesso il set televisivo dell’Ed Sullivan Show. Suo buon amico, al pari di star del calibro di Burt Lancaster, Tony Curtis, Robert Mitchum, Joan Collins. Queste ed altre le personalità con cui la Wood era apparsa in tv nel periodo 1956-58, all’insegna di un intrattenimento brillante che la vedeva a volte ballare, altre volte suonare il violino, ovviamente cantare. Spesso si prendeva tutta l’attenzione del pubblico suonando mentre ballava e terminando l’esibizione con un crescendo che lasciava tutti a bocca aperta. Helen era intima con Sullivan, dicevano i gossip, e il fatto che il presentatore fosse già sposato metteva quel giusto pepe alla notizia per contribuire a far parlare di lei.
In verità però va detto che ad Helen questi rumors non interessavano affatto. La giovane dancing queen arrivata a New York dopo essersi barcamenata brillantemente col teatro musicale era ormai diventata un personaggio assolutamente capace di mantenere i piedi per terra, perseverando nel migliorarsi e puntando dritto alla perfezione in tutto ciò che faceva. Questo non per un fine di lucro, anzi: s’era trovata ad interrompere un remunerativo rapporto col Roxy Theater di New York anni prima, compiendo forse il suo unico piccolo errore fino a quel momento. Non era una questione di soldi, ma di bellezza, di armonia, di arte. E lì Helen sapeva di poter primeggiare. Questo circondandosi, naturalmente, di artisti altrettanto volenterosi e stakanovisti come lei nell’arte del teatro e del ballo. Non era narcisista, ma pretendeva il massimo da se stessa e dagli altri.

1972

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John e Lem Amero non riuscivano a credere ai loro occhi. I due fratelli stavano per dirigere il loro primo film hard, ‘Dynamite’, e si trovarono di fronte ad una donna non più giovanissima che aveva qualcosa di dannatamente familiare. Dopo un attimo di stupore, la riconobbero: quella che stava per fare un anal nel loro film d’esordio era Helen Hunt, la ballerina che avevano visto tantissime volte esibirsi col Radio City Music Hall qualche anno prima: si, proprio quella che suonava il violino mentre ballava sulle punte. Com’era possibile che si trovasse lì a far porno? A dispetto di certe parrucche che la donna utilizzava in quel periodo, la sua vera identità non sfuggì ai registi. Altro che Dolly Sharp. I fratelli Amero non hanno mai saputo perché una persona di talento come Helen apparisse in film pornografici. Non le hanno mai chiesto né hanno mai fatto capire che la riconoscevano. Forse temevano la verità: che la persona che avevano ammirato da lontano non fosse più in grado di sostenersi. Eppure Dolly aveva una presenza sessuale non comune, appariva più forte, più sicura di sé, meno civettuola delle altre interpreti. Il suo corpo era più tonico e atletico delle sue co-protagoniste più ‘morbide’, ed era insolitamente espressiva, sfoderando espressioni che alternavano agonia ed estasi.
Del resto era chiaro che, pur trovandosi gioco forza ad abbandonare le ‘sue’ scene, quelle che ormai non la cercavano da tempo, fisicamente parlando la Helen che ora si chiamava Dolly non s’era affatto lasciata andare. La sua figura appariva tesa, tirata, forse ancora memore dei massacranti allenamenti giornalieri cui si era sottoposta fino all’ultimo, nella speranza di poter ottenere l’ennesima scrittura, l’ennesimo tour teatrale.

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Con l’ingresso nell’hard, il proporsi in maniera attraente rientrava parimenti nei suoi doveri di professionista. E, fosse cascato il mondo, nessuno doveva trovare da ridire sulle sue interpretazioni. Non era accaduto prima, quando si trattava di sfidare la legge di gravità con le sue doti di contorsionista, non sarebbe successo ora che doveva farsi vedere nuda, scopando. "C'è stato un tempo in cui Dolly era presente in ogni ripresa. Una cosa che dirò per lei è che era una professionista. Sempre puntuale. Si presentava, si metteva i costumi e il trucco e se ne stava lì seduta a leggere il suo libro fino a quando non era il momento di esibirsi. Era come una segretaria in disparte. Non è mai stata molto socievole, ma mi piaceva" ha ricordato l’attore e regista Fred Lincoln.
Il fatto che rendeva Helen sicura in quel bislacco settore in cui s’era infilata è che quel che faceva era roba che la gente vedeva e poi dimenticava. Filmini usa e getta, destinati ad un consumo talmente effimero e ‘privato’ che niente giustificava la premura di andare a vedere chi fossero davvero le attrici, o il regista, o il titolo. Alla fine, nessuno sapeva niente di niente. E questo, nella sua nuova dimensione di individuo lontano dalle luci della ribalta, la faceva stare tranquilla. Paradossalmente si trattava di uno dei lavori più sicuri che avrebbe potuto trovare, dopotutto. Ecco perché ci si era buttata a capo fitto, senza lesinare disponibilità di sorta: “Non aveva limiti sessuali, ecco, ed è stata una delle prime ragazze ad offrirsi di fare scene di sesso anale – ha precisato Jamie Gillis - Dovete ricordare che questo è stato quando gli uomini venivano pagati 75 dollari al giorno, e le donne ne prendevano 100. Dolly chiedeva 25 dollari in più se faceva sesso anale".
Una questione di soldi per una prestazione erogata, punto. Niente di più, niente di meno. Il tempo della ‘polvere di stelle’ era definitivamente tramontato, così sembrava. O forse no.

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Re: Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#3 Messaggio da Alec Empire »

1952

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Quando Hollywood bussa alla porta, come si fa a dire di no? Ad Helen Wood accadde in quel fatidico 1952, Settembre, per la precisione. Già consacratasi star del musical teatrale, la giovane non poteva che aspirare anche al grande schermo. Fu la 20th Century Fox a presentarle sul tavolo un contratto di ben sette anni, per blindarla e farla crescere professionalmente: si trattava pur sempre di una ragazzina. 500 dollari la settimana che sarebbero cresciuti fino a 2000 qualora lo studio avesse esercitato su di lei le legittime opzioni previste da contratto, questi i termini dell’operazione. Dopo aver ballato a Broadway e Las Vegas, era il turno della celluloide: avanti a gonfie vele.
Viste le indubbie doti nel genere del musical, la Century Fox pensò come prima cosa di affidare la Wood alla MGM (Metro Goldwyn Meyer) che in quel periodo era in procinto di realizzare proprio una commedia brillante a carattere musicale, ‘Give a Girl a Break’ (titolo italiano ‘Tre Ragazze di Broadway’). La regia era affidata al talentuso Stanley Donen, che l’anno dopo avrebbe girato il classico ‘Sette Spose per Sette Fratelli’, la trama vedeva Helen e altre due attrici come candidate per un posto in uno spettacolo lasciato libero da una bizzosa star. Tutto pareva perfetto: musiche, coreografie, quell’atmosfera frenetica e sbarazzina che da sempre permeava i musical di razza – e la MGM era una casa di produzione di razza, su questo non c’era alcun dubbio. Eppure il film non decollò. O meglio, la risposta di pubblico e di botteghino fu inferiore rispetto alle attese, questo nonostante i numeri danzanti nella pellicola vedessero una Helen in gran spolvero, leggera e armoniosa nei terzetti con le colleghe Merge Champion e Debbie Reynolds. In realtà Helen si trovò in mezzo ad una questione di ego delle altre due attrici, che condizionarono la serenità del set tutto. Ricordiamo che si sta parlando di un’epoca in cui gli standard cinematografici erano altissimi, spesso anche in prodotti poi rivelatisi autentici flop commerciali. Sta di fatto che ‘Give a Girl a Break’ ebbe la sua premiere nel tardo 1953 a Brooklyn e non negli splendori di Manhattan.

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In quello stesso anno Audrey Hepburn, l’altra ragazza prodigio premiata con Helen, si godeva il successo del film ‘Vacanze Romane’, divenuto subito un classico. Ma andava bene così: Audrey era pur sempre più grande di qualche anno e masticava cinema già da un po’. Bastava aspettare, e tutto sarebbe arrivato anche per lei. Nel frattempo meglio tornare nel suo Texas col musical teatrale ‘Can Can’, che le garantì ampi consensi e ottime recensioni. Come sempre.

1968

‘The Times They Are A-Changin’ cantava Bob Dylan, ed era vero. I tempi stavano davvero cambiando, forse anche troppo e comunque non in meglio. Se la parentesi cinematografica del decennio precedente s’era rivelata una bolla d’aria – dopo il film di debutto la Century Fox perse semplicemente interesse in Helen – nei primi anni Sessanta la nostra s’era comunque ricreata un posto di rilievo nella dimensione del cabaret danzante proponendo i suoi show musicali acrobatici nel corpo di ballo della Radio City Music Hall, come abbiamo già detto. Questo aveva comportato un ritorno a New York in pianta stabile con spettacoli quasi tutte le sere accanto a professionisti della coreografia degni di lei.
Poi, piano piano, le prime crepe. Che portavano un nome: Rockettes. Si trattava di un gruppo di ballerine nuove, giovani e ben sincronizzate, che andavano ad arricchire l’offerta d’intrattenimento danzante a cui erano abituati gli esteti del ballo. Ora, Helen Wood era una ballerina di altra generazione e no, grazie: di quelle Rockettes proprio non voleva saperne. Il fatto è che non avevano il suo spessore, la sua tecnica, la sua grazia…non potevano trovarsi in un suo stesso show, ecco.
Ma c’era dell’altro. Helen aveva ormai superato la trentina dedicandosi pressochè esclusivamente alla perfettibilità della sua arte e – forse – aveva perso dei treni sentimentali che non sarebbero più passati. E infatti non ripassarono: la nostra, corteggiata in precedenza da esponenti del ‘bel mondo’, finì per sposarsi con un certo Ed, un tizio di cui i rotocalchi non sapevano niente. Non era certo questo il problema, chiaro. Piuttosto, l’uomo non si stava rivelando quello giusto. Helen ne ebbe la conferma nel 1968 dopo ‘The Night They Raided Minsky’s’, suo ultimo spettacolo/omaggio al burlesque dei tempi andati. Col burlesque se ne andò anche Ed, lasciandola con un bimbo piccolo. Il loro divorzio sancì anche il divorzio della Wood dal periodo migliore della sua vita, quello delle luci della ribalta. Del resto Sammy Davis Jr. le era stato buon profeta, molti anni prima: “I prossimi saranno i tuoi anni migliori. Goditeli finchè durerà”.

1971

Tallie Cochrane, colei che aveva introdotto Helen/Dolly Sharp al mondo del porno, veniva da Memphis, Tennessee. E, da donna del Sud, sapeva come far parlare un’altra donna del Sud qual era la texana Helen Wood. "Col tempo ho legato un po' con lei, ma era sempre piuttosto riservata e schiva. Pensavo che fosse sposata e che suo marito forse non sapesse quello che stava facendo - ma noi lo sapevamo bene. "Dolly Sharp" non sembrava un nome vero e proprio, quindi percepivamo che probabilmente in lei c'era qualcosa di più di quello che si vedeva".

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Eccome se c’era. Per quanto Helen si fosse adattata al mestiere di attrice a luci rosse, proprio non riusciva ad abbandonare certe bizzarrie tipiche delle star hollywoodiane più viziate. Se ne rese conto l’attore Alex Mann sul set di ‘Millie’s Homecoming’: “Aveva questo cagnolino che andava con lei ovunque andasse! Era pazzesco. Questo cane le era devoto, lo si vede addirittura sullo sfondo di un paio di suoi film. E aveva anche un piccolo televisore che collegava e guardava per conto suo. La chiamavamo la 'Soap Opera Queen'"

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In effetti nel film, conosciuto anche col titolo di ‘Lady Zazu’s Daughter’, è possibile chiaramente vedere il cane nel divano posto sullo sfondo, mentre Helen – con una messa in piega molto più chiara rispetto al colore di capelli che presenterà in ‘Deep Throat’ - è impegnata in una bella scena lesbo con Tina Russell. Sfoggiando la consueta apertura di gambe ‘a spaccata’ si gode la lingua della Russell, che provvede anche a penetrarla con un fallo. Si tratta di un’ottima scena, in cui la macchina da presa del regista Eduardo Cemano indugia parecchio sui primi piani della Wood oltre ai consueti dettagli ginecologici. Ed Helen/Dolly gli dà motivo di farlo, esibendo colorite espressioni di goduria e piacere se vogliamo anche iperboliche, tuttavia consone con lo spirito goliardico e disimpegnato del film. Chi scrive valuta questa pellicola come la più riuscita tra i porno di Dolly Sharp, un giusto compromesso tra la sua capacità di godere – o bravura nel fingere di farlo – e duttilità professionale (si veda la scena finale di sesso di gruppo, in cui l’attrice mostra una furia notevole).

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31 Dicembre

Ormai da qualche tempo – praticamente poco dopo aver cominciato a fare i loop – Helen s’era messa con un tizio che le faceva da partner sia nel privato che sul set, condividendo occasionalmente la professione di performer col nome d’arte di William (o Billy) Love. Il contatto con Gerard Damiano per una parte nel suo film da girare in Florida l’aveva avuto lei, ma non si può mai dire: magari c’era bisogno anche di un maschio. Coltivando questa speranza, i due si mossero verso Miami con destinazione Cozy Rest Motel per l’ennesimo ‘filmetto’.

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Re: Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#4 Messaggio da Alec Empire »

Gennaio 1972: Gola Profonda

Chi ha detto che girare un film porno in pellicola sia uno scherzo evidentemente non conosce il porno, e, per logica estensione, non conosce il cinema.
Prendete Gerry Damiano: aveva preparato tutto, tutto quello che sarebbe servito alla realizzazione del futuro ‘Deep Throat’: una sceneggiatura carina con una piccola storia, un cast credibile sostenuto dalla protagonista designata, quella Linda che aveva manifestato doti prodigiose di capienza orale, una location ‘chic’. Ma il diavolo si nasconde sempre nei dettagli. La recitazione, per cominciare. Linda Lovelace sapeva come ingoiare un cazzo, ma non esprimeva espressione alcuna durante le scene narrative. E per quanto Damiano ne potesse tagliare alcune, ce n’erano altre assolutamente indispensabili per costruire la vicenda. Dunque il regista si calò nelle vesti di ‘maestro di dizione’, tentando di ottenere da quella che doveva essere l‘attrice principale un minimo di partecipazione espressiva. Questo con l’inevitabile spreco di qualche giornata di riprese, dedicata dal resto della troupe al sesso libero e al libero consumo di marijuana per ingannare l‘attesa. Poi ci fu la grana location. S’era deciso di utilizzare per le riprese in interni una rispettabile villa di certi amici dotata altresì di piscina, particolare non trascurabile quest’ultimo visto che una scena di dialogo tra Linda e Dolly Sharp doveva svolgersi appunto in prossimità di una piscina. Tutto apposto, allora, almeno fino al mattino del primo ciak. Di buon’ora si presentò alla porta un tizio, ovvero il proprietario della villa, a cui gli amici di Damiano non pagano l’affitto da mesi. Il che significava che dovevano sloggiare tutti, subito.
Di colpo, il progetto di Damiano veniva a mancare delle fondamenta, ovvero del posto in cui girare. Con lo spettro delle riprese interrotte ancor prima di cominciare, decisione unanime della troupe fu quella di incrociare le braccia: tra gli ‘scioperanti’ c’erano pure Dolly e il fidanzato Billy Love, che, appena giunti da New York, sentivano puzza di fregatura.
Mai dire mai con Damiano, però. Il regista aveva preso alloggio con i suoi collaboratori al Cozy Rest Motel – da non confondere con l’omonimo motel di Des Moines, Iowa – e per qualche strana intermittenza cinefila la disposizione delle camere di quel posto gli ricordava il ben più noto Bates Motel, quello hitchcockiano di ‘Psyco’ in cui il Maestro del Brivido aveva fatto morire Janet Leigh. D’improvviso tutto era risolto: il film si sarebbe girato lì, al Motel, con la relativa zona piscina destinata alla scena no sex di Linda e Dolly.

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Tirando un respiro di sollievo per la ripresa del lavoro, Helen/Dolly Sharp cominciò ad occuparsi delle scene che la riguardavano. Faceva parte del cast anche Harry Reems – in un ruolo molto importante, tra l’altro. Lui e Dolly s’erano già ‘incrociati’ qualche tempo prima in ‘The Weirdos and The Oddballs’ per la regia di Eduardo Cemano, e, per quello che contava, Harry non ne era esattamente attratto: “Era una strana. Era chiaro che non eravamo persone con cui si sentiva a suo agio. Personalmente non la trovavo eccitante - era più grande, non era il mio tipo...mi pareva come di far sesso con mia zia! In più aveva queste strane, dure e appuntite protesi al seno…” Pur tuttavia, Reems vi trovava qualcosa di ignoto e affascinante: "Ma ero in qualche modo attratto da lei; sapevo che aveva una specie di segreto, e volevo scoprire quale fosse. Ho provato a scherzarci insieme, ma sembrava non avere il senso dell'umorismo. Ho chiesto di lei a un gruppo di persone, e qualcuno mi ha detto che era un'artista...una ballerina, credo. Poteva essere vero perché era la persona più flessibile con cui avessi mai fatto sesso". Ovunque andava, Dolly portava con sé una parte della ‘vecchia Helen’ in forma di voci di corridoio e pettegolezzi che ne sancivano l’estraneità anagrafica e comportamentale dai suoi nuovi colleghi.
Le sorprese non erano comunque finite. Grazie all’occhio attento di Damiano, inaspettatamente saltò fuori un po’ di gloria anche per il fidanzato di Dolly, William Love. Dopo aver appurato la lunghezza del cazzo di Billy, il regista venne definitivamente convinto a scritturarlo grazie alla pendenza del suo membro verso destra a mo’ di banana: a lui il ruolo chiave del fidanzato di Linda, colui che, alla fine, doveva riuscire a farle raggiungere il tanto agognato orgasmo per via orale.

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Linda Lovelace e Il 'famoso' uccello a banana di William Love

Giugno 1972: Fermate il Mondo, Voglio Scendere

La qualità del settore porno da sempre apprezzata da Helen era – l’abbiamo capito – l’anonimato. Un nome d’arte, ed era fatta. Tra l’altro, in questi filmini spesso i credits o non c’erano, o erano inattendibili e incompleti. Prendendo in prestito una frase da ‘Hardcore’ di Paul Schrader, film che nel 1979 si occupò dell’affaire porno/snuff in modo sorprendentemente lucido e attendibile, ‘Questi film nessuno li fa, nessuno li vede, nessuno li gira. In pratica, non esistono’. E Helen/Dolly aveva cominciato in un momento in cui l’hard era squisitamente clandestino per esigenze di sopravvivenza. Ora però accadeva una cosa strana, assurda, impensabile. Quel film di Damiano, quel ‘Deep Throat’, debuttò il 12 Giugno 1972 al World Theater di Times Square nella sua New York. Improvvisamente se ne parlava ovunque: foto tratte dal film venivano stampate sulle riviste e i quotidiani si producevano in recensioni critiche mai pensate per prodotti a luci rosse. Soprattutto, era in atto una vera e propria corsa per saperne di più sulle persone coinvolte. Linda Lovelace e Harry Reems divennero celebrità, Gerry Damiano era ruffianamente corteggiato da Hollywood, e l'intellighenzia cinefila più insospettabile si dileggiava nel dibattere su quelle scene ardite, su quella ventata di ‘novità’. Per usare le parole della scrittrice Lili Anolik, firma dell’Esquire e non solo, “La bocca della nazione era spalancata in un misto di eccitazione, orrore, fascino e incredulità. ‘Gola Profonda’ è stato il primo film X a diventare mainstream. Fu una vera e propria sensazione, uno dei film più redditizi mai realizzati, costato solo venticinquemila dollari e che ha fruttato ben seicento milioni di euro. E’ stato anche il responsabile dell'inizio dell'era nota come "porno chic", un'epoca in cui i tipi rispettabili della classe media diventavano ‘hardcore’. Il New York Times Magazine gli ha dedicato cinque pagine di analisi da urlo. E i cigni dell'alta società di Truman Capote sono emigrati nei locali dei bassifondi per vederlo".

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Alt. Il rischio di essere riconosciuta in un film hardcore e per questo tornare sulle prime pagine dei giornali non era stato contemplato da Helen. Helen che solo adesso cominciava a rendersi conto di aver sottovalutato vari aspetti del lavoro che aveva intrapreso poco più di due anni prima. Primo fra tutti, quello legale: da chi veniva finanziata l’industria del porno, chi ne traeva profitto, chi è che, in ultima analisi, la pagava?
La risposta aveva cominciato a incuriosire anche i federali, che si erano attivati per saperne di più. ‘Gola Profonda’ si stava rivelando la punta di un gigantesco e ben strutturato iceberg che stava venendo in superficie dopo anni di sotterranea illegalità ‘legalizzata’, in cui chi di dovere spesso sapeva, ma tirava a campare magari chiudendo un occhio – e avendo qualcosa in cambio.
Quest’ambiguità ora non era più possibile, quantomeno non agli stessi livelli: vuoi perché ormai il dado era tratto, vuoi perché s’incominciavano a svelare dei meccanismi finanziari che univano l’industria a luci rosse a quella mafiosa. Questo film, ad esempio, era stato finanziato dalla famiglia criminale dei Colombo, che si era occupata di produzione e distribuzione tramite la figura di Anthony Peraino. Un brutto giro, insomma, che gettava pesanti ombre di pericolo fino alle ultime pedine di quel gioco, spesso inconsapevoli: gli attori.
Improvvisamente, l’identità di Dolly Sharp aveva cambiato aspetto. Da porto sicuro in cui nascondersi s’era trasformata, per Helen Wood, in una combinazione di nome e cognome potenzialmente pericolosa per se stessa e per quella parvenza di famiglia che a modo suo stava mandando avanti. Ma la questione famiglia venne rapidamente a dissolversi quando Billy la piantò, lasciandola nuovamente sola con suo figlio. E il suo mondo tornò a tremare, poco a poco.

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Alec Empire
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Re: Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#5 Messaggio da Alec Empire »

1974, 7 Luglio

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Mattina presto nel quartiere di Chelsea, New York. Herbert Streicher meglio conosciuto come Harry Reems venne svegliato da un bussare ripetuto e incalzante. “Ho guardato attraverso lo spioncino e c'erano tre tizi con pistole e distintivi dell'FBI". Le indagini su ‘Gola Profonda’ erano andate avanti, il cerchio s’era stretto, e pareva che ci stesse andando di mezzo anche lui, il principale attore maschile del film.

L’America è un posto strano, dove i famosi 15 minuti di notorietà di cui parlava Andy Warhol potevano e possono procedere parallelamente a persecuzioni legali ai danni degli interessati. La fama è pura schizofrenia immorale, un miscuglio di vocazione artistica e indisciplina borderline che rendono gli idoli prescelti delle figure neutre, egualmente passibili di adorazioni incondizionate e linciaggi unilaterali. Oggi stringi la mano a Dio, domani stringi patti col Diavolo, è tutto parte di un copione dove i margini si dissolvono fino a diventare invisibili. Santità e Dannazione, Giusto e Sbagliato, Bene e Male sono concetti resi relativi e funzionali ad un codice etico che cambia in funzione di variabili capricciose e contingenze inaspettate. L’unica costante resta il rumore che crei, sia quando vieni osannato che quando ti mandano al rogo.

‘Gola Profonda’ Dietro le Sbarre

Nell’ambito del processo contro il film, Reems venne accusato assieme ad otto presunti mafiosi di ‘cospirazione per il trasporto di materiale osceno attraverso i confini dello Stato di New York’. Durante le indagini era infatti venuto alla luce un articolato sistema di corrieri attraverso cui i produttori del film Louis Peraino – figlio di Anthony, fornitore dei fondi - Anthony Battista e altri avevano trasportato il presunto film osceno per via interstatale allo scopo di renderlo disponibile e proiettabile in un enorme numero di cinema. Tutto questo aveva un nome: accusa di cospirazione per violare le leggi sull'oscenità. Nessuno era in disaccordo o si preoccupava del fatto che Harry non avesse avuto alcun ruolo nel finanziamento, nel marketing o nella distribuzione del film. Il fatto è che da un giorno all'altro Reems è diventato il primo attore o artista di qualsiasi tipo ad affrontare accuse federali per il suo lavoro.
Il processo "Gola Profonda", durato nove settimane, è stato uno dei più costosi nella storia della corte federale di Memphis, con testimoni arrivati da New York, Florida, California e New Jersey. Le accuse si muovevano su un duplice binario: da un lato veniva chiamata in causa la questione morale, in base a cui il film veniva dipinto come ‘indiscutibilmente e irrimediabilmente osceno’, ‘banchetto di squallore e decadenza’. Dall’altra, c’era il consolidato legame pecuniario che legava questa pellicola a capitali provenienti da ambienti della malavita organizzata.
La scelta del Tennessee come luogo del processo potrebbe sembrare apparentemente senza senso: dato che il film veniva distribuito da New York, e dato che la maggior parte degli imputati viveva lì, New York sarebbe stata il luogo naturale per le indagini, l'accusa e le udienze. Restando nella Grande Mela, però, l’intera operazione avrebbe fatto troppo rumore mediatico vista la già notevole fama del film. Al contrario, ottenendo una facile condanna nell'angolo più castigato del Paese, il governo federale poteva creare i mezzi per fissare gli standard dell'oscenità per tutto il Paese: dove andava Memphis, New York l’avrebbe seguita.

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Harry Reems con Jack Nicholson e Warren Beatty, che lo sostennero durante il processo

Se lo scopo del processo era quello di arrestare l'influenza della mafia e impedire la diffusione della pornografia, il pubblico non la vedeva allo stesso modo. Tutta la pressione era su Harry, essendo lui ‘il volto’ del film. Da questo a diventare il parafulmine dell'ira del Sud il passo fu breve. "La gente si metteva in fila fuori dal tribunale", ha ricordato. "E non tiravano uova ai mafiosi: tiravano uova a me!" Per quanto potesse rimanere misurato e fiducioso, Harry era innervosito da questa diffusa ottusità. E rimase anche turbato da ciò che fu rivelato al processo. "Ho cominciato a sentir parlare di persone uccise, mazze da baseball sulla testa dei proiezionisti, soldi che andavano alle Bahamas, e mi sono presto reso conto di essere stato confuso con la gente sbagliata", ha detto. "Ogni giorno mi sedevo sul banco dei testimoni e ogni giorno mi allontanavo sempre di più da loro".
Ma perché, per fare un esempio, Reems era finito in mezzo a questa bufera mentre Gerard Damiano no? Tecnicamente, anche la Damiano Films aveva ricevuto le medesime accuse a proprio carico. Damiano Films in quanto società dunque, ma non Gerard Damiano in persona. Questo perchè il regista era stato costretto a cedere tutti i suoi diritti e interessi sul film ai Peraino padre e figlio – i produttori – per 25.000 dollari. L’alternativa, disse Gerard ad un cronista del NY Times, era quella di trovarsi con entrambe le gambe rotte: lui scelse l’accordo economico, anche se non conveniente. Appare evidente che sapeva con chi aveva a che fare, a differenza degli attori. In base alla sentenza del 1976, Harry Reems avrebbe dovuto affrontare una pena detentiva fino a cinque anni e una multa di 10.000 dollari. Per sua fortuna, nella tesi d’accusa nei suoi confronti c’era un vizio di forma. Tre anni dopo l’arresto, ottenne giustizia e una carriera nel cinema ‘normale’ sbarrata a causa della cattiva reputazione costruitasi per ciò che non aveva commesso. “Recitare era il mio vero amore, e ho seppellito questa possibilità entrando nei film per adulti - ammise una volta Harry - Non c'era posto per me nell'intrattenimento convenzionale". Il resto della sua vita è stata, infatti, una caduta verticale.

"Mi sono goduto quei primi giorni, e non cambierei nulla. Sembrava fossimo dei pionieri che stavano creando qualcosa di nuovo. Ma a Memphis tutto cominciò ad andare storto” (Harry Reems)

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1974, dopo l’arresto di Reems

La vita di Helen Wood era diventata un attacco di panico. Prima l’inaspettata popolarità di quel film girato in Florida, poi la paura (e la vergogna) di poter essere rintracciata e scoperta, infine la persecuzione legale ai danni del film stesso con l’arresto del suo protagonista.

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Erano in pochi a saperlo, ma prima che tutto degenerasse la donna covava un piccolo desiderio: mettersi a insegnare danza e violino ai giovani di talento, qual era stata lei un tempo. Per come s’erano messe le cose, dopo il boom di ‘Gola Profonda’ tutti sembravano aver visto il film, per cui le era inimmaginabile presentarsi in una scuola di musica o proporsi per un incarico senza correre il concreto rischio di essere riconosciuta.
La questione diventava più stringente anche perché vedeva indirettamente coinvolto suo figlio, che Helen aveva deciso di mettere al riparo da qualunque cosa fosse potuta succederle. L’unica maniera per cercare di scongiurare il peggio era andarsene via, dal porno e da New York: la vicenda di Reems fu la goccia a far traboccare il vaso.
Ritornare in Texas nella sua Port Arthur, là dove tutto era iniziato, era nient’altro che una magnifica sensazione: troppi i rischi di esporsi, troppa la pressione che sentiva. Meglio fuggire. In Virginia, ad esempio.
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Re: Dolly Sharp, da Broadway a Gola Profonda

#6 Messaggio da Alec Empire »

1988

Le tavole calde sono i Purgatori del Sogno Americano, col loro viavai di anime. Prime fra tutte quelle delle cameriere, i cui volti esprimono, a seconda dell’età, ansia di vittoria o rassegnata serenità della sconfitta. Da un lato le ragazze che contano sui soldi delle mance per contribuire a finanziarsi studi e vizi, la loro è una sosta temporanea – almeno così credono – in attesa di quel meglio che la vita deve per forza riservare loro. Dall’altro, le donne un po’ attempate che con quei pochi soldi tirano a campare, col loro bagaglio di scadenze quotidiane e famiglie precarie. Per loro i sogni hanno lasciato spazio ad una realtà asciutta e grigia che s’è fermata lì, tra un’ordinazione da portare al tavolo ed un doppio turno. Non c’è più altro da aspettarsi, là fuori.
Oggi le grandi distribuzioni stanno travolgendo quel senso di ‘blues’ che si percepiva nella tavola calda di periferia o di quartiere, ma quel loro essere al contempo luoghi di passaggio e polverosi rifugi dell’anima è ancora percepibile. Per quanto si tenti di rivestire questi posti con la felicità di plastica delle tracklist alla moda, la loro vera essenza si cela da sempre – e sempre rimane – nelle ballate delle occasioni mancate di una Lucinda Williams. Blues, appunto.

Un giorno del 1988 un tizio chiamato John si sedette al tavolo d’una caffetteria nel quartiere di Reseda, Los Angeles. E lì non potè fare a meno di notare una persona. Vide passare una cameriera in età ma dal fisico sodo, asciutto, con una grazia naturale che gli faceva pensare a tutto tranne che ad una comune cameriera cinquantenne. Quella donna era Helen Wood. "Aveva qualche mese più di me, ed era in una forma incredibile per la sua età. Non fui immediatamente attratto da lei, ma c'era qualcosa nella sua personalità che non mi lasciava andare. Mi ha conquistato: era molto intelligente e vivace e aveva questa risata pazzesca…passavamo sempre più tempo insieme". John aveva trovato una Helen che da anni non parlava più di sè con nessuno. Né dei tempi trascorsi a Broadway in punta di piedi e sulle corde di violino, né del burlesque ballato a New York, né della deriva porno che si chiamava ‘Gola Profonda’. Non parlava neppure dei problemi di salute che da qualche tempo le stava dando quell’intervento al seno fatto tanti anni prima, nel 1968. Sembrava un’altra vita ormai, invece i granulomi siliconici erano lì a ricordarle che era tutto vero, lei era la stessa Helen Wood di sempre e rischiava seriamente una mastectomia.
I due iniziarono un rapporto appassionato e tempestoso. Gli alti erano alti, i bassi erano difficili e spiacevoli. John la trovava narcisista e ossessionata dal raggiungimento della perfezione in tutto ciò a cui si dedicava: "Non s’accontentava d’essere una cameriera, ma voleva essere la migliore dannata cameriera che ci fosse mai stata. E lo era. Ne andava molto orgogliosa".
Soprattutto, John ricorda la sua disciplina: "Dio se era disciplinata. E testarda. Non posso credere che il generale Eisenhower o George Patton insieme abbiano avuto quel tipo di disciplina. Era una mania vera e propria".
Gli anni erano passati, non c’era più un film da fare o uno show da preparare, ma Helen Wood rimaneva Helen Wood: perfezionista in tutto quello che il destino le riservava.

Un giorno la donna si aprì con John in merito alla sua carriera di artista. La danza, il canto, il violino. Gli anni della dedizione, della speranza e dell'attesa. Gli spettacoli, gli applausi, i premi. I film, la televisione e gli spettacoli di varietà. Da Ed Sullivan a Hollywood, Las Vegas e New York. Broadway, Radio City e il burlesque.
John non le credeva, ma si divertiva. Per avvalorare i suoi racconti, lei si presentò con delle fotografie. Ora le credeva. Eppure, se tutto questo era vero, non riusciva a capire perché fosse finita a fare la cameriera. E in questo Helen non lo aiutava, evitando di dargli anche solo un indizio riguardo a che cosa l’aveva portata lì.

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Helen nel 1956, Las Vegas

1993

Dopo cinque anni di relazione, John scoprì il suo ruolo in 'Gola Profonda' da un amico che la riconobbe. E non la prese bene, anzi: l’intera faccenda assunse toni violenti, quanto più lei si rifiutava di chiarire certi ‘vuoti temporali’ su quello che appariva ormai chiaro – l’aver fatto porno per un certo periodo di tempo – tanto più l’uomo perdeva il controllo, incapace di affrontare la duplicità di una persona che appariva reticente e di umore lunatico appena si toccavano certi tasti.
Si arrivò ad ordini di restrizione, riconciliazioni e lunghe conversazioni. Fu un periodo complicato e disordinato, ma alla fine i due parvero trovare una tregua ‘scomoda’ e ripresero il loro rapporto.
Tuttavia John divenne ossessionato dalle contraddizioni della sua vita, e la incalzava costantemente sul suo passato. Alla fine Helen gli confessò che si, aveva fatto film per adulti esclusivamente per ragioni di denaro. Aveva comunque girato solo un piccolo numero di film, senza essersi mai realmente integrata con i suoi colleghi attori porno. All’inizio aveva pensato che le uniche persone che avrebbero guardato i suoi film sarebbero stati dei vecchietti anonimi o giù di lì, persone senza importanza. Nessuno di loro avrebbe mai ricucito un legame con il suo passato.

Aprendosi ulteriormente, Helen illustrò a John le somiglianze che vedeva tra la danza, la lussuria, l'amore e il sesso. Passione e dolore, tutti indissolubilmente legati e parte del suo DNA, diceva. Non poteva immaginare in alcun modo di vivere senza.

Tutte queste confessioni scioccanti e contraddittorie avevano un loro filo logico: Helen fu infatti diagnosticata come bipolare. A questo proposito, ha spiegato John: "Aveva questa spaventosa capacità di tenere le diverse parti della sua vita compartimentate e completamente separate. Era come se nemmeno la sua mano sinistra sapesse cosa stava facendo la mano destra. La sua carriera a Broadway e quella dello spettacolo in qualche modo esistevano in una parte completamente diversa della sua psiche".
Improvvisamente, ecco spiegata quella smania di perfezione, quel rigore monastico con cui Helen fin da giovane organizzava rigidamente le sue giornate tra prove di musica, danza e recitazione. Ecco quella freddezza che spesso l’aveva portata a trascorrere anni in un corpo di ballo senza interagire empaticamente. Empatia che era continuata a mancarle anche ai tempi del porno, mascherata dall’immancabile senso del dovere insito nella sua professionalità. Ma c’era di peggio. Cancro al colon, dissero i medici, proprio nei primi anni Novanta.

1998

Helen Wood morì nel Novembre del ’98 tra le braccia di John. Aveva 63 anni ed era morta da guerriera, riprendendosi e incassando le inevitabili aggressive ricadute. Negli ultimi anni della sua vita aveva ripreso in mano anche il violino, e secondo John furono quelli i suoi ultimi gesti di forza.

Epilogo in Flashback, 1950

Per quella figlia prodigio che si ritrovava, la signora Wood era pronta a qualunque sacrificio. La Juilliard era la migliore scuola per una giovane artista, e alla Juilliard avrebbe mandato Helen. Per racimolare un po’ di denaro, la stessa Helen però doveva collaborare. Si rivolse alla Conover Model Agency – l’agenzia che aveva curato l’immagine di Rita Hayworth, nientemeno - che avrebbe pagato la ragazza 10 dollari l’ora per pubblicizzare abiti da teenager. Helen si sacrificò, posando e sorridendo ‘vestita a festa’ ma quel lavoro non le piacque mai. Lei non si sentiva modella, ma musicista e ballerina. Cascasse il mondo, l’avrebbe dimostrato a tutti.
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