[b:e6da57fc54]Due o tre cose su Pasolini[/b:e6da57fc54]
di Francesco Pullia
Anch'io, come altri, non ho mai creduto che Pino Pelosi possa essere stato l'esecutore materiale o, comunque, l'unico responsabile dell'assassinio di Pasolini così come, d'altra parte, ho sempre ritenuto infondata e strumentale l'ipotesi di un'aggressione premeditata da parte di qualche gruppetto neofascista. Da piazza Fontana all'ondata di stragi e attentati che per più di un decennio hanno insanguinato l'Italia, è stato dimostrato che la dietrologia, tutta italiana, preconcetta e unidirezionale non serve affatto alla causa della verità . Non spetta al sottoscritto sapere cosa accadde davvero quella maledetta notte novembrina di trent'anni fa. E' certo, però, che lo scrittore non è stato tanto un testimone scomodo del progressivo degradarsi della nostra vita politica e sociale ma, di più, un ermeneuta attento e scrupoloso della trasformazione antropologica verificatasi in seguito alla concezione delinquenziale, criminale e criminosa, del potere propria non solo del ceto governativo ma anche, e con non minore responsabilità , di quella parte che ha ambito (e continua ad ambire) ad accreditarsi come oppositrice per meglio svolgere un ambiguo, ma redditizio, ruolo di collusione, connivenza, copertura, spartizione. In un Paese autenticamente liberale un'intelligenza critica come quella di Pasolini sarebbe stata incoraggiata, in Italia, invece, è stata indice di follia, indecorosa irregolarità , smoderatezza intellettuale, devianza. Nelle "Lettere luterane", parola per parola, pagina per pagina, è preconizzato l'immediato destino dell'autore ma anche quello nostro, sia nella nostra singolarità che collettività . E' triste, amaro, notare che quel processo che, in quasi totale solitudine (con lui c'era solo Pannella), avrebbe desiderato e, anzi, auspicato come doveroso nei confronti del Palazzo e dei numerosi e camaleontici cortigiani sia stato di fatto annientato tramite un potere fagocitante, onnivoro, che tutto assimila per ridurre in repentina putrefazione. In un suo intervento, scritto nel settembre del 1975, Pasolini sfidò pubblicamente un ministro dell'allora "sinistra" democristiana, che aveva parlato di "Stato liberale e cultura occidentale", a dimostrargli che proprio "Stato liberale e cultura occidentale", con riferimento all'Italia, non fossero altro, che "flatus vocis", concetti "assolutamente intraducibili in termini di politica e tanto meno di economia politica". Era l'indignazione di un uomo che, come egli stesso scrisse nel contributo che avrebbe dovuto leggere al congresso di Firenze del Partito Radicale, credeva fortemente nella "religione laica della democrazia", un uomo che, se fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe visto l'avverarsi di un imbarbarimento generale, con il prevalere ovunque di un presente di violenza e sopraffazione (si pensi ai recenti episodi d'intolleranza antisemitica o nei confronti di svantaggiati fisici o mentali) e il diffondersi, grazie anche a questa sinistra, di un conformismo cinico e baro. Sì, ci manca Pasolini, nel cinema, nella letteratura, nella quotidianità . Ci manca la sua religiosa bestemmia ben diversa dalla bestemmia della religione trionfante nei nostri schermi e in Vaticano.
http://www.radicali.it/newsletter/view. ... 20RADICALI