I politici catalani avevano bisogno di un pugno di morti per sedere al tavolo delle trattative e ricevere l'aiuto di Napoleone III
Se riuscissimo a continuare con la strategia vincente attuata finora - questa è una delle teorie prevalenti tra i "moderati" - a fare valere il peso degli 800 e passa feriti malmenati dalla polizia domenica e a trascinare tutta l'opinione pubblica internazionale dalla nostra parte, allora sì che qualcuno dall'esterno sarebbe costretto ad agire, per esempio l'Unione europea.
ma il fronte rivoluzionario comincia a scindersi in falchi e colombe, moderati e radicali, "La Révolution est comme Saturne: elle dévore ses propres enfants". Presto rivoluzionari catalani metteranno a morte altri rivoluzionari catalani secondo il ricorrente schema delle crisi storiche. Già compare il termine "traditori".
Non è detto però che la cosiddetta Diu, la Dichiarazione unilaterale di indipendenza, arrivi già questa settimana. Secondo El Confidencial, già a partire da ieri si sono aperte le contraddizioni dentro al fronte indipendentista sui prossimi passi da fare dopo il successo del referendum. Da un lato c'è l'ala più dura del gruppo secessionista, formata dal partito veterocomunista Cup e dai movimenti sociali Anc e Omnium, che hanno ricoperto un ruolo fondamentale durante il processo referendario, agendo come "avanguardia indipendentista" capace di mobilitare le masse. Dall'altro lato però gli operatori più politici del gruppo indipendentista, con a capo Puigdemont e Junqueras, ragionano in maniera tattica e vorrebbero approfittare della gigantesca vittoria d'immagine ottenuta ieri dopo la violenta e maldestra risposta del governo spagnolo al referendum, che ha attirato le critiche di tutto il mondo su Madrid. Puigdemont e i suoi sanno che, anche con la vittoria di ieri, affinché la Catalogna ottenga davvero l'indipendenza serve l'intervento di un attore terzo. Intanto però la Cup e i movimenti sociali hanno proclamato uno sciopero generale per "bloccare il paese" martedì 3 ottobre. La ragione ufficiale è la protesta contro le violenze della polizia. Ma l'obiettivo è forzare la mano della Generalitat. Venerdì notte, due giorni prima del referendum, alla manifestazione di chiusura della campagna elettorale, Mireia Boya, esponente della Cup, ha lanciato un messaggio chiaro che è suonato come una minaccia anche per i suoi alleati: "Roma non paga i traditori. Ci ricorderemo di voi e non vi perdoneremo mai".