ma i Negri sono più veloci a correre perchè in Africa dovevano scappare dai leoni? E se c'era un fossato di 9 metri dovevano saltarlo per sfuggire al leone come l' 8.91 di Carl Lewis e l' 8.95 di Mike Powell a Tokyo 1991? oppure perchè dovevano inseguire le gazzelle di Thompson? E poi distinguerei tra negri africani e negri americani-caraibici.
I Negri americani venivano selezionati dagli schiavisti nei paesi d'origine (Africa occidentale) dove si operava una prima scrematura. Si selezionavano gli esemplari più robusti metà dei quali moriva durante la traversata dell'Atlantico. Infine nelle piantagioni di canna da zucchero e cotone solo i più forti sopravvivevano e si riproducevano creando Usain Bolt alto 2 metri e capace di correre i 100 in 9.58 e i 200 in 19.19 (Mendel gli faceva una pippa, altro che piselli e cavalli). Ecco perchè i Negri dell'emisfero occidentale (americhe) sono più grossi dei Keniani dei 3000 siepi, lunghi e filiformi, discendenti dei pastori degli altopiani africani abituati a correre su lunghe distanze. come asbel kiprop con le sue gambine
ma torniamo alle doti fisiche. c'è questa immagine che i Negri devono perennemente scappare dai leoni che li inseguono. quindi corrono più in fretta, hanno più resistenza e saltano più in lungo. non saltano in alto perchè nella savana ci sono pochi alberi, ecco perchè i campioni di salto in alto sono quasi tutti bianchi. se i Negri vanno in palestra due crunch e due pesi e hanno subito la tartaruga e i pettorali scolpiti. ora, questa è un'impostazione lamarckiana. il corpo si modifica in base alle pressioni ambientali.
Lamarck diceva che la giraffa a furia di allungare il collo per mangiare le foglie faceva come l'ispettore gadget (lo allungava sul serio)
Darwin invece sosteneva che inizialmente c'erano giraffe con collo lungo e collo corto ma solo quelle col collo lungo sono sopravvissute. anche se non negava la possibilità di mutazioni genetiche (raggi X ecc.)
Io ho tentato tante volte di allungarmi il cazzo. Mi sono sparato un'infinità di raspe strizzandomelo e manipolandolo e stirandolo come se fosse fatto di pongo o das. ma niente, non è cresciuto di un millimetro. magari se avessi figli e Lamarck fosse nel giusto, i miei discendenti ce l'avrebbero più lungo, ma è magra consolazione. I Negri hanno piselli colossali e debbo accettarlo.
da ultimo la somiglianza con le scimmie (denti in fuori, mandibola enorme, naso largo e schiacciato). perchè? sono l'anello congiunzione? a furia di vivere coi gorilla nella giungla gli somigliano? Io conosco una ragazza che lavora in un maneggio e ha il viso equino.
E poi Hitler e Jesse Owens. Esiste una chiara e onesta intervista rilasciata in patria da Jesse Owens che sbugiarda la bufala del Fuhrer che non voleva stringergli la mano perchè negro. Anzi Hitler lo salutò e gli inviò un suo ritratto in regalo. Owens fu più discriminato in patria dove vigeva il regime di segregazione razziale in molti stati americani. E Roosevelt non volle mai parlargli neppure al telefono. Tuttavia Albert Speer ripropone la tesi della giungla:
Secondo la leggenda, dopo la sua vittoria Adolf Hitler abbandonò lo stadio infuriato senza stringergli la mano. Owens vinse altre tre medaglie d’oro nel corso dei giochi, mettendo in imbarazzo i nazisti e le loro idee sulla superiorità della razza ariana. In realtà le cose andarono piuttosto diversamente. Hitler in realtà non fu così infastidito dalle vittorie degli afroamericani. Albert Speer, che all’epoca era l’architetto più famoso della Germania ed era molto vicino al partito nazista (sarebbe diventato ministro degli Armamenti durante la Seconda guerra mondiale), scrisse nelle sue memorie che Hitler liquidò la questione sostenendo che essendo gli afroamericani un popolo primitivo, avevano una costituzione fisica più robusta e più adatta alla corsa. Effettivamente il primo giorno delle Olimpiadi Hitler non strinse la mano a un atleta nero, ma in generale non si congratulò con nessun altro atleta che non fosse tedesco.
Il Comitato Olimpico fece sapere a Hitler che questo comportamento non era consentito: la nazione ospitante – e i suoi leader – dovevano rimanere neutrali. Quindi o Hitler stringeva la mano a tutti gli atleti oppure non la stringeva a nessuno. Quando Owens vinse i 100 metri, il secondo giorno, Hitler aveva già preso la decisione di non stringere la mano a nessun atleta. Owens ricordò in varie interviste sui giornali dell’epoca che subito dopo la vittoria e prima della premiazione, Hitler lo salutò con la mano e lui rispose al saluto. Hitler lasciò comunque lo stadio prima dell’inizio della cerimonia di premiazione. Qualche giorno dopo inviò in regalo ad Owens un suo ritratto firmato.
Per quanto gli atleti neri abbiano ottenuto buoni risultati, è difficile sostenere che mandarono all’aria i piani di Hitler di rendere i giochi Olimpici un grande evento propagandistico dei suoi ideali di superiorità della razza ariana. La Germania vinse 89 medaglie di cui 33 d’oro, battendo gli Stati Uniti, che ne vinsero in tutto 56, e l’Italia, che ne vinse soltanto 22.
Per diverso tempo dopo il suo ritorno a casa, Owens difese il modo con cui era stato trattato da Hitler e dalla Germania, soprattutto in confronto all’accoglienza che aveva ricevuto dai suo connazionali una volta tornato negli Stati Uniti, dove la segregazione razziale era ancora in vigore (e lo sarebbe stato per altri trent’anni). Owens paragonò il fatto che Hitler gli avesse inviato un proprio ritratto autografato con il comportamento del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, che non lo invitò alla Casa Bianca e non gli fece nemmeno una telefonata di congratulazioni.
In Germania Owens aveva dormito negli alberghi insieme agli altri atleti e alle altre celebrità. Quando negli Stati Uniti partecipò a una manifestazione all’albergo Waldorf Astoria, fu costretto a entrare dall’ingresso posteriore e a utilizzare l’ascensore di servizio invece di quello riservato agli ospiti bianchi dell’albergo. Raccontò in un’intervista: «Dopo tutte queste storie su Hitler e il suo affronto, quando sono tornato nel mio paese non potevo ancora sedermi nella parte anteriore degli autobus ed ero costretto a salire dalla parte posteriore. Non potevo vivere dove volevo. Allora qual è la differenza?». Nel libro Triumph, l’autore Jeremy Schaap attribuisce a Owens la frase: «Non fu Hitler a farmi un affronto. Fu Roosevelt».
Dopo Berlino
La vittoria alle Olimpiadi non procurò inizialmente molti benefici economici a Owens, che quando tornò negli Stati Uniti dovette adattarsi a fare parecchi lavori diversi per procurarsi da vivere, tra cui l’inserviente a una pompa di benzina. Gareggiava contro cavalli, cani e motociclette durante eventi a pagamento. Ritiratosi dall’atletica iniziò una carriera molto apprezzata di oratore e conferenziere, principalmente come motivatore per aziende commerciali – davanti a platee composte quasi sempre da bianchi – che lo fecero guadagnare molto.
Ignorato da Roosevelt e dal suo successore Harry Truman, il primo vero riconoscimento per i successi sportivi gli arrivò dal presidente Gerald Ford, che nel 1976 gli assegnò la Medaglia per la Libertà, il più alto riconoscimento civile degli Stati Uniti. Il 31 marzo 1980 Jesse Owens morì a causa di un tumore ai polmoni – fumò per 35 anni un pacchetto di sigarette al giorno – a Tucson, in Arizona (qui potete leggere il suo necrologio sul New York Times).
Quindi chi ha ragione? Darwin o Lamarck?