[O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
che poi c'è roba assolutamente valida e che a me piace;
birrificio lariano fa una rossa davvero piacevole.... 8\9 euro...
piacevole quanto quella in lattina da 500cl che compro all'esselunga 1,5 euro...
per come la vedo IO la seconda ha senso la prima no.
è come nel vino
uno charmat a 5\8 euro lo prendo pure volentieri a 12\15\20 non ha senso
birrificio lariano fa una rossa davvero piacevole.... 8\9 euro...
piacevole quanto quella in lattina da 500cl che compro all'esselunga 1,5 euro...
per come la vedo IO la seconda ha senso la prima no.
è come nel vino
uno charmat a 5\8 euro lo prendo pure volentieri a 12\15\20 non ha senso
- Salieri D'Amato
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Scusate se continuo il parziale OT
Parak, ultimamente sto vedendo in vendita varie "riserve", "gran crue" ..... di Moretti, Peroni, ecc. Hanno un senso, sono prodotti effettivamente validi, o per birre speciali conviene comunque indirizzarsi verso quelle di provenienza estera tradizionale.
Parak, ultimamente sto vedendo in vendita varie "riserve", "gran crue" ..... di Moretti, Peroni, ecc. Hanno un senso, sono prodotti effettivamente validi, o per birre speciali conviene comunque indirizzarsi verso quelle di provenienza estera tradizionale.
La via più breve tra due cuori è il pene
- Ronzinante
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Vorrei esprimere un parere, non tanto a difesa della birra artigianale italiana, che bevo abitualmente, con alterne fortune, e che vendo, tra le mie altre attività, ma semplicemente per aggiungere qualche elemento di valutazione in più. Intanto va premesso che la legislazione italiana si è preoccupata di definire il concetto di Birra artigianale solo dal 2016.
Birra artigianale è quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti, legalmente ed economicamente, che utilizzino impianti fisicamente distinti da quelli di altri birrifici, con una produzione annua massima di 200 mila ettolitri (compreso quanto prodotto per conto terzi), e che, durante la fase produttiva, non sottopongano la birra a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. In pratica, con un curioso stratagemma, si è stabilito che è artigianale la birra prodotta da birrifici artigianali. Non c’è alcun riferimento nella legge, dunque, né alle materie prime impiegate, né ad eventuali additivi.
Le prime due considerazioni che si possono fare, ad una prima lettura, sono che il limite massimo di produzione annua è molto alto; secondo, con il termine indipendenza in pratica vengono esclusi dal concetto di birra artigianale tutte le beer firm, cioè i birrifici che producono birra senza possedere gli impianti, e in Italia non sono pochi, peraltro in forte crescita. Solo chi rispetta queste condizioni può scrivere sull’ etichetta della bottiglia birra artigianale, e, se ci fate caso, proprio perché i confini non sono propriamente definiti, e quindi i rischi di incorrere in sanzioni sono alti, i birrifici che lo fanno non sono molti.
Una birra artigianale comunque non è necessariamente “buona” solo per il semplice fatto di essere tale, come una non artigianale (industriale?) non per forza “cattiva”. Da questa legge in poi, semplicemente, si sa, piò o meno, quando una birra è artigianale e quando non lo è. Il vulnus sta soprattutto nel non aver definito le materie prime utilizzabili, né la provenienza delle stesse, al fine di rendere maggiormente certa la qualità di questi prodotti. E forse ciò non è stato fatto nemmeno casualmente.
Un precedente decreto ministeriale, che risale al 2010, stabiliva che la birra è considerata un prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo perché la sua produzione è strettamente collegata al mondo dell’agricoltura. La birra artigianale è tale, dunque, quando viene prodotta dallo stesso agricoltore che produce l’orzo. Questo passaggio rappresenterebbe sicuramente un ottimo incentivo per le produzione italiane di orzo, e anche di luppolo, la cui produzione sul nostro suolo, però, è ancora oggi decisamente bassa per soddisfare la richiesta di tutti i birrifici presenti. Personalmente, avrei seguito maggiormente questa linea, per incentivare le culture di cui sopra e legare maggiormente la produzione di birra alla coltivazione delle materie prime. Ma questo, come visto, non è stato fatto.
Detto ciò, ritengo che tra le birre artigianali italiane ci siano ottimi prodotti, come anche pessimi, ma questo vale più o meno dappertutto direi, con l’eccezione, forse, del Belgio e dell’Inghilterra, ma qua la storia aiuta. In Belgio le prime birre fatte con caratteristiche simili a quelle odierne risalgono al 1.300-400, grazie all’apporto dei monaci, e nel regno unito non tanti anni dopo. In Italia si parla di Birre artigianali più o meno dal 1980, e quindi è ovvio che il paragone non regga.
Concordo con il fatto che i birrifici artigianali italiani (che ricordo sono circa 900 attualmente, molti ne nascono tutti i giorni, ma altrettanti, o forse più, ne chiudono, perché pochissimi riescono a raggiungere quantitativi produttivi per arrivare alle economie di scala sufficienti per coprire i costi di produzione, incidendo così anche sui prezzi alti di vendita) dovrebbero differenziarsi maggiormente dai mostri sacri di questi paesi, legando i prodotti al territorio, e quindi aromatizzando le birre con le nostre eccellenze. C’è già chi lo fa, con le castagne, i fagioli, il mirto, il chinotto, solo per citarne alcuni.
Per concludere, dunque, non sarei così categorico. E' chiaro che un belga difficilmente comprerà una birra italiana, ma non perché faccia schifo, semplicemente perché il suo paese gli offre molte possibilità di ottimo livello; e, per gli stessi motivi, un italiano difficilmente compra un vino Austriaco, o Californiano, o Sudafricano.
Birra artigianale è quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti, legalmente ed economicamente, che utilizzino impianti fisicamente distinti da quelli di altri birrifici, con una produzione annua massima di 200 mila ettolitri (compreso quanto prodotto per conto terzi), e che, durante la fase produttiva, non sottopongano la birra a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. In pratica, con un curioso stratagemma, si è stabilito che è artigianale la birra prodotta da birrifici artigianali. Non c’è alcun riferimento nella legge, dunque, né alle materie prime impiegate, né ad eventuali additivi.
Le prime due considerazioni che si possono fare, ad una prima lettura, sono che il limite massimo di produzione annua è molto alto; secondo, con il termine indipendenza in pratica vengono esclusi dal concetto di birra artigianale tutte le beer firm, cioè i birrifici che producono birra senza possedere gli impianti, e in Italia non sono pochi, peraltro in forte crescita. Solo chi rispetta queste condizioni può scrivere sull’ etichetta della bottiglia birra artigianale, e, se ci fate caso, proprio perché i confini non sono propriamente definiti, e quindi i rischi di incorrere in sanzioni sono alti, i birrifici che lo fanno non sono molti.
Una birra artigianale comunque non è necessariamente “buona” solo per il semplice fatto di essere tale, come una non artigianale (industriale?) non per forza “cattiva”. Da questa legge in poi, semplicemente, si sa, piò o meno, quando una birra è artigianale e quando non lo è. Il vulnus sta soprattutto nel non aver definito le materie prime utilizzabili, né la provenienza delle stesse, al fine di rendere maggiormente certa la qualità di questi prodotti. E forse ciò non è stato fatto nemmeno casualmente.
Un precedente decreto ministeriale, che risale al 2010, stabiliva che la birra è considerata un prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo perché la sua produzione è strettamente collegata al mondo dell’agricoltura. La birra artigianale è tale, dunque, quando viene prodotta dallo stesso agricoltore che produce l’orzo. Questo passaggio rappresenterebbe sicuramente un ottimo incentivo per le produzione italiane di orzo, e anche di luppolo, la cui produzione sul nostro suolo, però, è ancora oggi decisamente bassa per soddisfare la richiesta di tutti i birrifici presenti. Personalmente, avrei seguito maggiormente questa linea, per incentivare le culture di cui sopra e legare maggiormente la produzione di birra alla coltivazione delle materie prime. Ma questo, come visto, non è stato fatto.
Detto ciò, ritengo che tra le birre artigianali italiane ci siano ottimi prodotti, come anche pessimi, ma questo vale più o meno dappertutto direi, con l’eccezione, forse, del Belgio e dell’Inghilterra, ma qua la storia aiuta. In Belgio le prime birre fatte con caratteristiche simili a quelle odierne risalgono al 1.300-400, grazie all’apporto dei monaci, e nel regno unito non tanti anni dopo. In Italia si parla di Birre artigianali più o meno dal 1980, e quindi è ovvio che il paragone non regga.
Concordo con il fatto che i birrifici artigianali italiani (che ricordo sono circa 900 attualmente, molti ne nascono tutti i giorni, ma altrettanti, o forse più, ne chiudono, perché pochissimi riescono a raggiungere quantitativi produttivi per arrivare alle economie di scala sufficienti per coprire i costi di produzione, incidendo così anche sui prezzi alti di vendita) dovrebbero differenziarsi maggiormente dai mostri sacri di questi paesi, legando i prodotti al territorio, e quindi aromatizzando le birre con le nostre eccellenze. C’è già chi lo fa, con le castagne, i fagioli, il mirto, il chinotto, solo per citarne alcuni.
Per concludere, dunque, non sarei così categorico. E' chiaro che un belga difficilmente comprerà una birra italiana, ma non perché faccia schifo, semplicemente perché il suo paese gli offre molte possibilità di ottimo livello; e, per gli stessi motivi, un italiano difficilmente compra un vino Austriaco, o Californiano, o Sudafricano.
- Salieri D'Amato
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Ma stai confermanto che la legislazione italiana è carente e che la qualifica di artigianale la può prendere quasi chiunque, anche chi utilizza materie prime pessime o preparati importati (come dice Parak).
Quindi si ritorna lì, la birra può essere ottima, buona o cattiva, senza una regolamentazione e particolari procedimenti che ne certifichino una bontà di base. In questo contesto è chiaro che il produttore che volesse fare un prodotto di eccellenza subirebbe la concorrenza di chi non lo fa, senza poter distinguere il suo prodotto con un marchio di qualità, se non il passaparola tra i consumatori. Un po' poco per sperare di prosperare e ritagliarsi un proprio spazio, sia pure nel territorio.
Non è questione di essere categorici, ma se devo spendere 6/7 euro per una birra la cui bontà (si parla di caratteristiche non di gusto personale) è particolarmente dubbia, anche da italiano mi orienterò senz'altro su una birra belga o tedesca, andando sul sicuro.
Quindi si ritorna lì, la birra può essere ottima, buona o cattiva, senza una regolamentazione e particolari procedimenti che ne certifichino una bontà di base. In questo contesto è chiaro che il produttore che volesse fare un prodotto di eccellenza subirebbe la concorrenza di chi non lo fa, senza poter distinguere il suo prodotto con un marchio di qualità, se non il passaparola tra i consumatori. Un po' poco per sperare di prosperare e ritagliarsi un proprio spazio, sia pure nel territorio.
Non è questione di essere categorici, ma se devo spendere 6/7 euro per una birra la cui bontà (si parla di caratteristiche non di gusto personale) è particolarmente dubbia, anche da italiano mi orienterò senz'altro su una birra belga o tedesca, andando sul sicuro.
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
La tua disamina è corretta.
Infatti ho criticato la legislazione, che ha fatto la solita cosa all'italiana per non scontentare nessuno.
D'altro canto, in tutto il marasma che sta attorno al mondo delle Birre artigianali italiane, credo sia giusto distinguere.
Personalmente ho trovato dei prodotti ottimi, ripeto, come delle ciofeche. Ma si tratta di una offerta così vasta che,
salvo sentirle tutte, e credo sia complicato, bisognerebbe valutarle singolarmente, anziché escluderle a priori solo perché italiane.
Poi, se mi si chiede di fare una classifica dei paesi al mondo produttori di birra, beh, in testa non ci metto di certo l'Italia,
ma nella parte sinistra della classifica, zona Sampdoria, per intenderci, credo ci possa stare.
Infatti ho criticato la legislazione, che ha fatto la solita cosa all'italiana per non scontentare nessuno.
D'altro canto, in tutto il marasma che sta attorno al mondo delle Birre artigianali italiane, credo sia giusto distinguere.
Personalmente ho trovato dei prodotti ottimi, ripeto, come delle ciofeche. Ma si tratta di una offerta così vasta che,
salvo sentirle tutte, e credo sia complicato, bisognerebbe valutarle singolarmente, anziché escluderle a priori solo perché italiane.
Poi, se mi si chiede di fare una classifica dei paesi al mondo produttori di birra, beh, in testa non ci metto di certo l'Italia,
ma nella parte sinistra della classifica, zona Sampdoria, per intenderci, credo ci possa stare.
Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
fonte scientifica a cui abbeverarsi?markome ha scritto:Ma voi sapete che la birra contiene estrogeni ed è l'alimento peggiore per il sesso?
p.s.
grazie parak per la rece su rinaldi: che bello averlo conosciuto.
proverò a cercare i base e anche franchetti.
trinoro no, ho capito il tipo di vino tutto vaniglia, legno, ciliegia amarena, marmellata.
La verginità è un ottima cosa perché capisci meglio cosa è vero e cosa invece è falso.
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
se cerchi un nebbiolo tradizionale cerca qualcosa di Flli Alessandria
vini liberi dalla speculazione
qualcosa di buono ha fatto Schiavenza che mantiene prezzi assolutamente potabili.
se invece vuoi una maggior concentrazione ma spirito langarolo cerca il nebbiolo base di Cascina Vano
non giudicare dall'etichetta... non si può vedere.
ho trovato il mio vino dell'estate: Pignoletto frizzante di Lodi Corazza. costa un cazzo e lo bevo a canna.
vini liberi dalla speculazione
qualcosa di buono ha fatto Schiavenza che mantiene prezzi assolutamente potabili.
se invece vuoi una maggior concentrazione ma spirito langarolo cerca il nebbiolo base di Cascina Vano
non giudicare dall'etichetta... non si può vedere.
ho trovato il mio vino dell'estate: Pignoletto frizzante di Lodi Corazza. costa un cazzo e lo bevo a canna.
- Gargarozzo
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Parakarro che ne pensi del ruché?
So che non a tutti piace, io lo prendo a buon mercato da un amico che ha la vite e lo fa per conto suo.
Vino relativamente sconosciuto che cresce solo nel terreno di Calliano e Castagnole Monferrato (piú relative frazioni), tra Moncalvo ed Asti.
So che non a tutti piace, io lo prendo a buon mercato da un amico che ha la vite e lo fa per conto suo.
Vino relativamente sconosciuto che cresce solo nel terreno di Calliano e Castagnole Monferrato (piú relative frazioni), tra Moncalvo ed Asti.
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Dai Garga, ruché sconosciuto? Ci sta pure nella grande distribuzione e lo si trova all'estero facilmente.
Quando non si ha uno stile, si puó avere qualsiasi stile.
- Bruce Lee
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Ronzinante ha scritto:Vorrei esprimere un parere, non tanto a difesa della birra artigianale italiana, che bevo abitualmente, con alterne fortune, e che vendo, tra le mie altre attività, ma semplicemente per aggiungere qualche elemento di valutazione in più. Intanto va premesso che la legislazione italiana si è preoccupata di definire il concetto di Birra artigianale solo dal 2016.
Birra artigianale è quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti, legalmente ed economicamente, che utilizzino impianti fisicamente distinti da quelli di altri birrifici, con una produzione annua massima di 200 mila ettolitri (compreso quanto prodotto per conto terzi), e che, durante la fase produttiva, non sottopongano la birra a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. In pratica, con un curioso stratagemma, si è stabilito che è artigianale la birra prodotta da birrifici artigianali. Non c’è alcun riferimento nella legge, dunque, né alle materie prime impiegate, né ad eventuali additivi.
Le prime due considerazioni che si possono fare, ad una prima lettura, sono che il limite massimo di produzione annua è molto alto; secondo, con il termine indipendenza in pratica vengono esclusi dal concetto di birra artigianale tutte le beer firm, cioè i birrifici che producono birra senza possedere gli impianti, e in Italia non sono pochi, peraltro in forte crescita. Solo chi rispetta queste condizioni può scrivere sull’ etichetta della bottiglia birra artigianale, e, se ci fate caso, proprio perché i confini non sono propriamente definiti, e quindi i rischi di incorrere in sanzioni sono alti, i birrifici che lo fanno non sono molti.
Una birra artigianale comunque non è necessariamente “buona” solo per il semplice fatto di essere tale, come una non artigianale (industriale?) non per forza “cattiva”. Da questa legge in poi, semplicemente, si sa, piò o meno, quando una birra è artigianale e quando non lo è. Il vulnus sta soprattutto nel non aver definito le materie prime utilizzabili, né la provenienza delle stesse, al fine di rendere maggiormente certa la qualità di questi prodotti. E forse ciò non è stato fatto nemmeno casualmente.
Un precedente decreto ministeriale, che risale al 2010, stabiliva che la birra è considerata un prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo perché la sua produzione è strettamente collegata al mondo dell’agricoltura. La birra artigianale è tale, dunque, quando viene prodotta dallo stesso agricoltore che produce l’orzo. Questo passaggio rappresenterebbe sicuramente un ottimo incentivo per le produzione italiane di orzo, e anche di luppolo, la cui produzione sul nostro suolo, però, è ancora oggi decisamente bassa per soddisfare la richiesta di tutti i birrifici presenti. Personalmente, avrei seguito maggiormente questa linea, per incentivare le culture di cui sopra e legare maggiormente la produzione di birra alla coltivazione delle materie prime. Ma questo, come visto, non è stato fatto.
Detto ciò, ritengo che tra le birre artigianali italiane ci siano ottimi prodotti, come anche pessimi, ma questo vale più o meno dappertutto direi, con l’eccezione, forse, del Belgio e dell’Inghilterra, ma qua la storia aiuta. In Belgio le prime birre fatte con caratteristiche simili a quelle odierne risalgono al 1.300-400, grazie all’apporto dei monaci, e nel regno unito non tanti anni dopo. In Italia si parla di Birre artigianali più o meno dal 1980, e quindi è ovvio che il paragone non regga.
Concordo con il fatto che i birrifici artigianali italiani (che ricordo sono circa 900 attualmente, molti ne nascono tutti i giorni, ma altrettanti, o forse più, ne chiudono, perché pochissimi riescono a raggiungere quantitativi produttivi per arrivare alle economie di scala sufficienti per coprire i costi di produzione, incidendo così anche sui prezzi alti di vendita) dovrebbero differenziarsi maggiormente dai mostri sacri di questi paesi, legando i prodotti al territorio, e quindi aromatizzando le birre con le nostre eccellenze. C’è già chi lo fa, con le castagne, i fagioli, il mirto, il chinotto, solo per citarne alcuni.
Per concludere, dunque, non sarei così categorico. E' chiaro che un belga difficilmente comprerà una birra italiana, ma non perché faccia schifo, semplicemente perché il suo paese gli offre molte possibilità di ottimo livello; e, per gli stessi motivi, un italiano difficilmente compra un vino Austriaco, o Californiano, o Sudafricano.
ronzinante, sul pezzissimo, bravo.
Io, sul tema (o quasi) mi limito a suggerire di leggervi questo:

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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Va beh Vinz, con Van Hamme vai sul sicuro. La saga de I maestri dell'orzo poi è uno dei più bei romanzi a fumetti che abbia mai letto. Ottima segnalazione!
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Per le grandi masse non della zona (per esperienza diretta), ma forse a fianco di relativamente sconosciuto dovevo mettere un asterisco ed una nota a pié di pagina.Vinz Clortho ha scritto:Dai Garga, ruché sconosciuto? Ci sta pure nella grande distribuzione e lo si trova all'estero facilmente.
Bello "i maestri dell'orzo".
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Grazie Vinz,Vinz Clortho ha scritto:Ronzinante ha scritto:Vorrei esprimere un parere, non tanto a difesa della birra artigianale italiana, che bevo abitualmente, con alterne fortune, e che vendo, tra le mie altre attività, ma semplicemente per aggiungere qualche elemento di valutazione in più. Intanto va premesso che la legislazione italiana si è preoccupata di definire il concetto di Birra artigianale solo dal 2016.
Birra artigianale è quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti, legalmente ed economicamente, che utilizzino impianti fisicamente distinti da quelli di altri birrifici, con una produzione annua massima di 200 mila ettolitri (compreso quanto prodotto per conto terzi), e che, durante la fase produttiva, non sottopongano la birra a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. In pratica, con un curioso stratagemma, si è stabilito che è artigianale la birra prodotta da birrifici artigianali. Non c’è alcun riferimento nella legge, dunque, né alle materie prime impiegate, né ad eventuali additivi.
Le prime due considerazioni che si possono fare, ad una prima lettura, sono che il limite massimo di produzione annua è molto alto; secondo, con il termine indipendenza in pratica vengono esclusi dal concetto di birra artigianale tutte le beer firm, cioè i birrifici che producono birra senza possedere gli impianti, e in Italia non sono pochi, peraltro in forte crescita. Solo chi rispetta queste condizioni può scrivere sull’ etichetta della bottiglia birra artigianale, e, se ci fate caso, proprio perché i confini non sono propriamente definiti, e quindi i rischi di incorrere in sanzioni sono alti, i birrifici che lo fanno non sono molti.
Una birra artigianale comunque non è necessariamente “buona” solo per il semplice fatto di essere tale, come una non artigianale (industriale?) non per forza “cattiva”. Da questa legge in poi, semplicemente, si sa, piò o meno, quando una birra è artigianale e quando non lo è. Il vulnus sta soprattutto nel non aver definito le materie prime utilizzabili, né la provenienza delle stesse, al fine di rendere maggiormente certa la qualità di questi prodotti. E forse ciò non è stato fatto nemmeno casualmente.
Un precedente decreto ministeriale, che risale al 2010, stabiliva che la birra è considerata un prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo perché la sua produzione è strettamente collegata al mondo dell’agricoltura. La birra artigianale è tale, dunque, quando viene prodotta dallo stesso agricoltore che produce l’orzo. Questo passaggio rappresenterebbe sicuramente un ottimo incentivo per le produzione italiane di orzo, e anche di luppolo, la cui produzione sul nostro suolo, però, è ancora oggi decisamente bassa per soddisfare la richiesta di tutti i birrifici presenti. Personalmente, avrei seguito maggiormente questa linea, per incentivare le culture di cui sopra e legare maggiormente la produzione di birra alla coltivazione delle materie prime. Ma questo, come visto, non è stato fatto.
Detto ciò, ritengo che tra le birre artigianali italiane ci siano ottimi prodotti, come anche pessimi, ma questo vale più o meno dappertutto direi, con l’eccezione, forse, del Belgio e dell’Inghilterra, ma qua la storia aiuta. In Belgio le prime birre fatte con caratteristiche simili a quelle odierne risalgono al 1.300-400, grazie all’apporto dei monaci, e nel regno unito non tanti anni dopo. In Italia si parla di Birre artigianali più o meno dal 1980, e quindi è ovvio che il paragone non regga.
Concordo con il fatto che i birrifici artigianali italiani (che ricordo sono circa 900 attualmente, molti ne nascono tutti i giorni, ma altrettanti, o forse più, ne chiudono, perché pochissimi riescono a raggiungere quantitativi produttivi per arrivare alle economie di scala sufficienti per coprire i costi di produzione, incidendo così anche sui prezzi alti di vendita) dovrebbero differenziarsi maggiormente dai mostri sacri di questi paesi, legando i prodotti al territorio, e quindi aromatizzando le birre con le nostre eccellenze. C’è già chi lo fa, con le castagne, i fagioli, il mirto, il chinotto, solo per citarne alcuni.
Per concludere, dunque, non sarei così categorico. E' chiaro che un belga difficilmente comprerà una birra italiana, ma non perché faccia schifo, semplicemente perché il suo paese gli offre molte possibilità di ottimo livello; e, per gli stessi motivi, un italiano difficilmente compra un vino Austriaco, o Californiano, o Sudafricano.
ronzinante, sul pezzissimo, bravo.
Io, sul tema (o quasi) mi limito a suggerire di leggervi questo:
è parte del mio mestiere, quindi bene o male ...
E comunque era solo un parere, che non ha alcuna pretesa di voler convincere nessuno, ci mancherebbe
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
A me piace molto quello di Tenuta Montemagno.Gargarozzo ha scritto:Per le grandi masse non della zona (per esperienza diretta), ma forse a fianco di relativamente sconosciuto dovevo mettere un asterisco ed una nota a pié di pagina.Vinz Clortho ha scritto:Dai Garga, ruché sconosciuto? Ci sta pure nella grande distribuzione e lo si trova all'estero facilmente.
Bello "i maestri dell'orzo".
come mi piace molto il loro Timorasso, e un Metodo classico di barbera 100%.
Sono amici ...
Tra l'altro bellissimo anche il posto.
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Re: [O.T.] "Com'è bello il vino... rosso rosso rosso"
Non hai mai bevuto un buon Timorasso allora... 
A me il ruchè ha stufato, comunque.

A me il ruchè ha stufato, comunque.
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