[O.T.] Crisi economica

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Blif
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1801 Messaggio da Blif »

Il problema, cari, è che, come nelle migliori faide medievali, non ricordo più quale fosse il vulnus originario.
Cioè, anche ammesso che il valore di una cosa stia nel lavoro, dove si voleva arrivare da lì?

Stacco (forse, si vedrà) per l'intero week-end: non andate troppo avanti, ché poi mi confondo.
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Helmut
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1802 Messaggio da Helmut »

Blif ha scritto:Cioè, anche ammesso che il valore di una cosa stia nel lavoro, dove si voleva arrivare da lì?
Che un Paese occidentale la cui struttura produttiva è fatta in massima parte da burocrati di stato, amministrazioni pubbliche, forze armate, aziende municipalizzate, organismi di controllo, clero, enti statali, venditori di cazzate, staccatori di cedole, escort, personaggi TV, classe politica...



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Giulio Tremonti
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1803 Messaggio da Giulio Tremonti »

Aggiungo che il settore privato è composto in massima parte da grandi aziende o sovvenzionate o nane, professionisti e artigiani corporativi e poco efficienti.
...mostrando la medaglia appuntata al bavero: "Il Duce m'ha fatto l'onore di darmi questo grande titolo. E io me ne fregio". (Ettore Petrolini)

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Helmut
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1804 Messaggio da Helmut »

Giulio Tremonti ha scritto:Aggiungo che il settore privato è composto in massima parte da grandi aziende o sovvenzionate o nane, professionisti e artigiani corporativi e poco efficienti.
Lo ho scritto già altre volte, Giulio...siamo una regione dell'Europa...il Nord subfornitore del cuore industriale francotedesco...il Sud Florida d'Europa, turismo e servizi...il tutto in un contesto low-cost (stipendi bassi, non ci sarà speranza... :blankstare: )
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Giulio Tremonti
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1805 Messaggio da Giulio Tremonti »

Helmut ha scritto:...il Sud Florida d'Europa, turismo e servizi...il tutto in un contesto low-cost (stipendi bassi, non ci sarà speranza... :blankstare: )

Magari fosse la Florida d'Europa. I romagnoli si sono fatti i soldi con l'Adriatico, cazzo. Con l'Adriatico, mi spiego?
Siciliani e calabresi potrebbero farne dieci volte tanto per il solo fatto di stare lì dove sono. Turismo + arte&cultura. Arriverebbero da tutto il mondo, altro che Spagna. Potrebbero vivere tutti alla grande, invece sono lì che cercano di infrattarsi in Comune grazie alla conoscenza dell'amico del cognato di don Calogero... questa è la tragedia del Sud.
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1806 Messaggio da Drogato_ di_porno »

La "Florida" d'europa con l'immondizia nelle strade, centinaia di km di costa non balneabile, un inquinamento territoriale da far tremare i polsi?

Non sono mai stato in Florida ma spero che non sia così :lol:
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”

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Helmut
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1807 Messaggio da Helmut »

Drogato_ di_porno ha scritto:La "Florida" d'europa con l'immondizia nelle strade, centinaia di km di costa non balneabile, un inquinamento territoriale da far tremare i polsi?
Si parla in linea teorica...

...si spera che, una volta tagliata di brutto la spesa pubblica parassitaria, il Sud (inteso come struttura economica) si tiri su le braghe da solo una volta per tutte... :o
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Blif
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1808 Messaggio da Blif »

Helmut ha scritto:
Blif ha scritto:Cioè, anche ammesso che il valore di una cosa stia nel lavoro, dove si voleva arrivare da lì?
Che un Paese occidentale la cui struttura produttiva è fatta in massima parte da burocrati di stato, amministrazioni pubbliche, forze armate, aziende municipalizzate, organismi di controllo, clero, enti statali, venditori di cazzate, staccatori di cedole, escort, personaggi TV, classe politica...



...è destinato al fallimento economico in tempi brevi... :blankstare: :blankstare: :blankstare:
Su questo sfondi assolutamente una porta aperta!

Quel che non mi andava della tua formulazione era il riferirsi a un "lavoro",
che di per sé potrebbe essere del tutto inutile e improduttivo
e non aggiungere nulla all'utilità economica o sociale di una cosa.

Purtroppo, il mondo occidentale, e l'Italia in particolare, si sta spostando sempre più verso attività
in cui è difficile distinguere il lavoro utile da quello inutile (tanto più quanto più ci si sposta dai beni ai servizi).

Certo, sarebbe già un progresso notevole intervenire là dove la distinzione è ancora ovvia,
ma da questo punto di vista, ricorrera al mercato a volte aiuta e altre volte è dannoso (per come la vedo io).
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1809 Messaggio da Helmut »

Blif ha scritto: Quel che non mi andava della tua formulazione era il riferirsi a un "lavoro",
che di per sé potrebbe essere del tutto inutile e improduttivo
e non aggiungere nulla all'utilità economica o sociale di una cosa.
E' del tutto evidente che io mi spiego a merda oppure tu non hai capito un cazzo (senza offesa, volevo solo riprendere una felice locuzione del grande WARDOG :-D )

Chi ha mai scritto di "lavoro inutile e improduttivo" che, secondo te, io sarei convinto aumenterebbe il valore del bene...??? :-?

provo a rispiegarmi meglio:

INTENDO BENI INDUSTRIALI DESTINATI ALLA VENDITA IN BASE A RICHIESTE DI MERCATO...!!!

Scusa se alzo la voce, ma sto solo tentando di farmi capire. :blankstare:
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Stickman
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1810 Messaggio da Stickman »


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Re: [O.T.] Crisi economica

#1811 Messaggio da Blif »

Dai che ci siamo quasi... con quale unità di misura si misura il lavoro che dici tu? :)
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Blif
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1812 Messaggio da Blif »

Stickman ha scritto:
Sempre sul pezzo, il vecchio Stickman! :DDD
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1813 Messaggio da Capitanvideo »

Niente "impresa facile" per gli immigrati?

Maxiemendamento governo restringe autocertificazione

Roma, 13 lug. (Apcom) - Arrivano paletti alla norma sulla libertà d'impresa contenuta nella manovra. Il maxiemendamento del governo restringe l'autocertificazione per determinate attività. Escluse dalla Scia (la segnalazione certificata d'inizio attività) le autorizzazioni paesaggistiche, dell'immigrazione e la cittadinanza. In particolare, il maxiemendamento del governo stabilisce che l'autocertificazione non vale per gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte all'amministrazione delle finanze, compresi gli atti sulle reti di acquisizione del gettito anche derivante dal gioco, per gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, quelli del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché agli atti imposti dalla normativa comunitaria.
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1814 Messaggio da Capitanvideo »

Senato Usa:ok a riforma finanziaria

Geitner: "Riduce rischi per l'economia"


Via libera definitivo del Senato Usa alla riforma di Wall Street con 60 voti a favore e 39 contrari. Adesso, dopo l'ok della Camera e del Senato, per divenire legge al testo manca solo la firma del presidente Barack Obama, attesa per la prossima settimana. Il "Dodd-Frank Act", dal nome dei due autori, è nato dalla grave crisi del 2008. Le nuove regole aiutano a ridurre i rischi per l'economia ha detto il segretario al Tesoro, Timothy Geithner.
Senato Usa:ok a riforma finanziaria

Definita la più grande riforma dopo la Grande Depressione,Il "Dodd-Frank Act" è stato voluto dopo la grave crisi finanziaria che ha investito gli Stati Uniti ed il mondo intero nel 2008, che ha poi causato la recessione che ha bruciato 8 milioni di posti di lavoro e miliardi di dollari dei risparmiatori.

Obama: "La riforma tutela i consumatori"
La riforma di Wall Street "tutela i consumatori". Lo ha detto il presidente americano Barack Obama commentando il via libera del Senato alla riforma finanziaria. "E' finito il tempo dei salvataggi con i soldi dei contribuenti: con la riforma i contribuenti americani non si troveranno più in trappola per Wall Street", ha aggiunto Obama.

Geitner: "Aiuta a ridurre i rischi per l'economia"
Le nuove regole previste dalla riforma di Wall Street aiutano a ridurre i rischi per l'economia e assicurano che le banche pagheranno per i futuri fallimenti. Lo afferma il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, commentando il via libera del Congresso alla riforma della finanza.
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JoaoTinto
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Re: [O.T.] Crisi economica

#1815 Messaggio da JoaoTinto »

Sta in Cina il mondo immaginato da Keynes
di Fan Gang*

La crescita cinese quest'anno potrebbe avvicinarsi al 10 per cento. Mentre altri paesi sono ancora alle prese con la crisi economica e le sue conseguenze, per la Cina il problema – ancora una volta – è come gestire il boom.
Il mercato dell'edilizia si è stabilizzato grazie ai provvedimenti adottati per prevenire una bolla speculativa, e sono attese prossimamente altre misure correttive. È una buona notizia per l'economia cinese, ma forse lascerà delusi tutti quelli che davano per scontato che il governo di Pechino avrebbe lasciato che la bolla si gonfiasse a oltranza, fino a scoppiare.

La crescita in generale sarà influenzata dalle misure sul fronte immobiliare? Dipende da cosa si intende per «influenzata». Prezzi delle attività più bassi possono rallentare la crescita complessiva degli investimenti e del Pil, ma se il rallentamento consisterà (ipotizziamo) nel passare dall'11 al 9% di crescita, la Cina eviterà il surriscaldamento dell'economia continuando a godere di una crescita forte e sostenibile.

In realtà, per Pechino l'attuale tasso di crescita annualizzato degli investimenti immobiliari (37%) è un dato molto negativo. L'ideale sarebbe che frenasse fino, diciamo, al 27% quest'anno!

La Cina registra una crescita economica forte e costante da trent'anni, senza significative oscillazioni e interruzioni (finora). Se si esclude il rallentamento del 1989-1990, seguito alla crisi di piazza Tienanmen, la crescita media annua in questo periodo è stata del 9,45%, con un massimo del 14,2% nel 1994 e nel 2007 e un minimo del 7,6% nel 1999.
Mentre quasi tutte le economie principali hanno affrontato momenti di crisi nelle prime fasi della loro crescita economica, la Cina sembra – non si sa per caso o per altre ragioni – costituire un'eccezione, e questo scatena periodicamente previsioni di un "tracollo imminente".

Tutte queste previsioni si sono rivelate sbagliate, ma più a lungo si protrae questa situazione, più aumenta il numero dei profeti di sventura.
Per me, l'unica peculiarità di questo ritmo incessante di crescita è data dall'efficacia degli interventi macroeconomici nei momenti di boom. Certo, lo sviluppo economico e le riforme istituzionali possono causare instabilità. Anzi, il tipo di governo centrale ereditato dalla vecchia economia pianificata, con i suoi piani di crescita elefantiaci, è fonte di oscillazioni e ha contribuito in buona parte all'instabilità dei primi anni 80. Ma il governo centrale deve fare attenzione all'inflazione in un periodo di crescita troppo sostenuta, per non rischiare che lo scoppio di una bolla faccia aumentare la disoccupazione. Gli enti locali e le imprese pubbliche non hanno necessariamente lo stesso problema. Vogliono una crescita alta, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze macroeconomiche. Vogliono indebitarsi il più possibile per finanziare ambiziosi progetti di investimento, senza preoccuparsi troppo del rimborso del debito o dell'inflazione.

La causa principale del surriscaldamento dell'economia nei primi anni 90 era l'eccesso di indebitamento delle amministrazioni locali. L'inflazione schizzò al 21% nel 1994, il livello più alto degli ultimi tre decenni, e gran parte del debito delle amministrazioni locali, che a metà degli anni 90 ammontava al 40% dei crediti complessivi del settore bancario pubblico, ricadde nella categoria prestiti in sofferenza. Ora da questo versante i rischi sono minori grazie ai rigorosi limiti all'indebitamento introdotti a partire dagli anni 90 per le amministrazioni locali.

Adesso, però, c'è un altro fattore di rischio surriscaldamento, i cosiddetti "spiriti animali" della prima generazione di imprenditori cinesi. L'economia è cresciuta enormemente, i redditi sono saliti e i mercati si sono espansi, tutti elementi che creano un forte potenziale di crescita per le imprese; tutti vogliono cogliere nuove opportunità, e ogni investitore vuole arricchirsi rapidamente. Hanno avuto successo e finora non hanno dovuto affrontare momenti difficili, perciò investono e speculano aggressivamente, senza preoccuparsi troppo dei rischi.

L'inflazione relativamente alta dei primi anni 90 era un segnale d'allarme per le autorità centrali sui rischi macroeconomici che poteva comportare una crescita rapida. Le bolle dell'economia giapponese, che scoppiò all'inizio degli anni 90, e delle economie del Sud est asiatico, che scoppiarono verso la fine del decennio, avevano dimostrato al governo di Pechino che non è vero che le bolle non scoppiano mai. Da allora, la posizione del governo centrale è stata quella di tirare il freno ogni volta che l'economia mostra di essere a rischio-surriscaldamento. All'inizio degli anni 90 furono applicate misure stringenti per ridurre la massa monetaria e bloccare il sovrainvestimento, prevenendo in questo modo un'iperinflazione.

Nel corso dell'ultimo ciclo, le autorità hanno cominciato a raffreddare l'economia già nel 2004, quando la Cina era appena uscita dalla crisi provocata dalla psicosi Sars del 2003. Alla fine del 2007, quando la crescita del Pil toccò il 13%, il governo adottò misure anti-bolla più restrittive in certi settori (la siderurgica, ad esempio) e sui mercati (l'immobiliare), creando le condizioni per una correzione tempestiva. La teoria economica sostiene che tutte le crisi sono provocate da bolle speculative o da una crescita troppo sostenuta, dunque se si riescono a prevenire le bolle si riescono a prevenire le crisi. Quello che conta per "livellare il ciclo" non sono le politiche di stimolo messe in campo dopo che il disastro è già avvenuto, è intervenire nei momenti di boom e bloccare le bolle sul nascere.

Non so se tutti i politici cinesi siano ferrati sull'economia moderna. Ma, apparentemente, quello che hanno fatto nella pratica si è rivelato più efficace di quello che hanno fatto i loro colleghi di altri paesi (tanto per la deregulation, ma troppo poco per raffreddare la situazione quando l'economia cresceva a rotta di collo e si gonfiavano le bolle). Il problema dell'economia mondiale è che tutti si sono ricordati della lezione keynesiana sulla necessità di misure anticicliche solo quando la crisi è scoppiata, mentre durante il boom che l'ha preceduta non volevano saperne (e non adottavano nessuna misura simmetrica). Ma è più importante gestire la fase di espansione, perché è così che si affrontano le ragioni prime delle crisi.

In un certo senso, quello che fa la Cina a me sembra la creazione di un autentico "mondo keynesiano": più impresa privata e concorrenza più libera sui prezzi al livello microeconomico e politiche anticicliche attive al livello macroeconomico. Possono esserci altri fattori che rallenteranno o interromperanno la crescita cinese. Ma la mia speranza è semplicemente che la vigilanza delle autorità prevalga (e migliori), consentendo alla Cina di proseguire in questa storia di crescita sostenuta per altri dieci, venti o trent'anni.


*Fan Gan è direttore dell'Istituto
nazionale di ricerca economica cinese
(Traduzione di Fabio Galimberti)



Bentornato, signor Schumpeter
di Pier Carlo Padoan*

Il dibattito sulla politica economica si è polarizzato tra chi sostiene la priorità del sostegno della domanda e chi invece pone al primo posto il consolidamento fiscale. Ma occorre spostare il dibattito oltre. La vera sfida è passare da una crescita trainata dalla politica economica a una crescita sostenibile e sostenuta dal mercato. Senza una crescita autosostenuta il consolidamento fiscale non sarà possibile. Ma la sostenibilità non si raggiunge con il sostegno della domanda da parte della politica macroeconomica. Questo non vuol dire che non ci sia bisogno della politica economica.

Al contrario. La politica economica deve costruire le basi per una crescita forte, sostenibile ed equilibrata.
Ci sono quattro strade per la crescita alle quali la politica economica può dare un contributo fondamentale. La prima nasce dalla necessità di mettere riparo ai danni della recessione sulla crescita potenziale. Danni che si sono manifestati soprattutto attraverso la disoccupazione e la caduta dell'investimento. Qui il compito per la politica economica è duplice. Nei mercati del lavoro bisogna passare da misure di breve periodo che, soprattutto in Europa, hanno permesso di contenere la caduta dell'occupazione a misure di medio periodo che facilitino la riallocazione del lavoro verso imprese e settori più produttivi. Bisogna poi completare la riforma dei mercati finanziari che ne accresca la stabilità e favorisca gli impieghi a favore dell'economia reale.

La seconda strada per la crescita passa per il rafforzamento delle economie emergenti. Cina, India, Brasile stanno trainando l'economia globale fuori dalla recessione grazie a un potenziale di crescita assai elevato e alla possibilità di utilizzare lo strumento degli investimenti pubblici con molto meno vincoli di quanto non avvenga nelle economie avanzate. Ma il potenziale di crescita di queste economie può essere significativamente rafforzato e reso più autosostenuto con riforme volte a migliorare l'istruzione, i sistemi fiscali e i mercati del lavoro.

La terza strada per la crescita riguarda i global imbalances, gli squilibri delle bilance correnti che hanno caratterizzato il periodo precedente la crisi e che ora, con l'uscita dalla recessione, si stanno riallargando. Rendere gli squilibri dei pagamenti più sostenibili nel lungo termine significa riequilibrare la domanda interna nei principali paesi. Ma significa anche rafforzarne le fonti della crescita. Oltre a una maggiore flessibilità dei tassi di cambio ciò richiede misure di natura strutturale.

Nei paesi emergenti in surplus, come la Cina, il risparmio di famiglie e imprese, decisamente troppo alto, può essere diminuito rispettivamente con la riforma dei sistemi di protezione sociale e con lo sviluppo dei mercati finanziari. Nei paesi avanzati in surplus, come la Germania, il problema è l'investimento troppo contenuto, che potrebbe essere significativamente accresciuto dalla liberalizzazione dei servizi, dove la produttività è molto inferiore a quella del comparto manifatturiero. Nei paesi avanzati in deficit, in primo luogo gli Stati Uniti, occorre accrescere il risparmio privato tramite la modifica degli incentivi fiscali e della tassazione oltre che con la riforma del sistema finanziario. In definitiva, politiche strutturali diversificate per paese ma attuate all'interno di un quadro coordinato globale (come quello del G-20) potrebbero ottenere il duplice risultato di rendere la crescita globale più solida e più equilibrata.

Ma probabilmente la strada dove i risultati sarebbero più significativi e duraturi è l'innovazione. Come documentato dall'Ocse, gli investimenti in attività legate all'innovazione, dalla ricerca e sviluppo alla formazione del capitale umano, ai beni immateriali, spiegano oltre la metà della crescita della produttività nei paesi avanzati nel decennio precedente alla crisi. Il rapporto dell'Ocse mostra come il processo d'innovazione sia divenuto assai complesso, andando ben al di là dello sviluppo e dell'introduzione di nuove tecnologie, per comprendere l'innovazione non tecnologica e organizzativa. L'innovazione, inoltre, sta diventando sempre più aperta a forme di collaborazione tra imprese oltre che a forme di concorrenza.

Alla complessità del processo deve corrispondere l'articolazione delle politiche che devono essere organizzate in una strategia coerente che coinvolga tutte le componenti del governo dell'economia. Le misure specifiche non potranno non riflettere le differenze istituzionali e di stadio di sviluppo, ma dovranno tener conto del fatto che l'innovazione si sviluppa dove le imprese sono poste nelle migliori condizioni di operare. Soprattutto le imprese giovani, che nascono piccole, ma devono potersi sviluppare in dimensione e qualità.

Infine, l'innovazione deve essere lo strumento fondamentale per la transizione alla economia verde. Questa comporterà cambiare sia l'offerta, con il passaggio a nuove tecnologie pulite, la domanda, con il passaggio a nuove strutture di consumo. Tutto ciò richiederà, inevitabilmente, un'innovazione profonda anche del ruolo dello stato e della politica economica, che, anche a causa di bilanci pubblici molto più stringenti che in passato, dovrà essere più selettiva e più "intelligente".
Insomma, al dibattito sulle sfide della politica economica del dopo-crisi oltre a Friedman e a Keynes bisogna invitare anche Schumpeter.


*Pier Carlo Padoan
Professore ordinario presso la Facolta di Economia dell'Universita' La Sapienza di Roma.
Visiting Research Fellow alla Banca Mondiale e all'Università di Tokio.
E' stato, fino al 2005, Direttore Esecutivo per l'Italia presso il Fondo Monetario Internazionale.
Attualmente è Vice Segretario Generale dell'Ocse.

Da: ilsole24ore.com
Iudicio procede da savere, Cum scritta legge receve repulsa Ecceptuando 'l singular vedere. Per una vista iudicare 'l facto Sentenzia da vertute se resulta Erro e rasone se corrumpe 'l pacto. Non iudicare, se tu non vedi, E non serai ingannato se ciò credi.
[L’Acerba - Cecco d’Ascoli]

I criteri della morale e del diritto non hanno senso se applicati ai processi storici.
[Aleksandr Aleksandrovič Zinov’ev]

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