Dopo Baracc tocca a Mishell?
Michelle Obama in politica?
Sembra un copione già letto: arriva un presidente, si porta alla Casa Bianca la First Lady, la signora assapora il gusto del potere, e anche lei si butta in politica, mentre il marito esce di scena. Il film è ovviamente quello dei Clinton, ma il remake potrebbe essere quello degli Obama, visto che un numero crescente di politologi e osservatori sono pronti a scommettere su una discesa in campo di Michelle, con l’obiettivo di un seggio in Senato.
E’ pur vero che nel caso di Hillary, data sempre più sicura candidata democratica di punta per le presidenziali del 2016, c’era già un trascorso politichese, anche se non brillante. L’attuale First Lady tuttavia non è da meno, visto che il suo background da avvocato battagliero, assistente del sindaco di Chicago e braccio destro dell’assessore alla pianificazione e lo sviluppo della città dell’Illinois, le consentiva di riscuotere anche maggior successo del marito prima del boom di Obama del 2007.
Un paio di cifre esplicative: nel 2006 il senatore Obama aveva in busta paga annuale 157.082 dollari, la consorte ne portava a casa 273.618. Comunque al di là del curriculum e del portafogli, quello che conta è che Michelle sembra stia scaldando i motori in vista di una discesa in campo.
Lo spunto arriva da Keith Koffler, penna pungente del sito “White House Dossier”, il quale spiega che sin dall’insediamento del marito, la donna ha svolto il ruolo di First Lady con uno stile tutto suo, assai più attivo rispetto a chi l’aveva preceduta (pensiamo al portamento di gesso di Laura Bush, ad esempio), ma tale da ritagliarsi un ruolo tutto suo, con una serie di iniziative divenute vere e proprie campagne nazionali tanto da renderla, a modo suo, una icona. Pensiamo alla lotta per l’alimentazione salutare e contro l’obesità rivolta in particolare ai giovani, alla campagna per le mense sane nelle scuole americane, all’orto coltivato da lei e dai suoi occasionali piccoli aiutanti nel giardino della Casa Bianca. E ancora la grande attenzione prestata nei confronti delle famiglie, e in particolare alle mogli dei militari, veterani e caduti nelle guerre che hanno coinvolto l’America del nuovo secolo.
Ma di recente Michelle sembra aver messo il turbo, ovvero, secondo quanto spiega Koffler, ha spinto sull’acceleratore in fatto di azioni e visibilità. “Michelle è ovunque”, va in Cina, raccoglie fondi per i democratici, è iperattiva su twitter, esporta la sua crociata salutista all’estero, si erge a paladina delle studentesse rapite in Nigeria. E’ coinvolta nella battaglia con i repubblicani sulla salute pubblica in maniera più forte del solito, con video ad hoc ed editoriali sul New York Times.
E poi c’è quella coincidenza di date che esercita uno strano fascino, ovvero il 2016, anno in cui termina il secondo e improcrastinabile mandato di Barack Obama alla presidenza, e al contempo anno del rinnovo del seggio al Senato Usa del distretto di Chicago, attualmente occupato dal repubblicano Mark Kirk. Una sinfonia magistrale di scadenze, verrebbe da dire, ancor più perchè a dar forza alla teoria di “Michelle senatrice” spunta il primo sondaggio pertinente, che in realtà è datato dicembre 2012.
