Cervia, 30 gennaio 2010 - «SÌ, mi sono finto straniero per trovare un lavoro al cimitero perché in Emilia Romagna noi disoccupati siamo vittime di un ‘razzismo al contrario’». Davide Fabbri, ravennate doc come di definisce, è un quarantenne di Cervia che ha scatenato, con il suo racconto, un caso nazionale.
«Mi sarei accontentato di qualsiasi offerta di lavoro — racconta mentre torna da Milano, dove ieri è stato sul palco della manifestazione di ‘Forza popolare’ —. Ho fatto l’operaio per 7 anni e nel fine settimana il cameriere per mantenere le mie due figlie. La mia odissea è cominciata in autunno: disoccupato ho contattato l’ufficio di collocamento della mia zona, sono andato a chiedere aiuto ai sindacati e a dicembre mi sono rivolto anche al sindaco».
Davide Fabbri cercava un lavoro qualsiasi, uno stipendio. «Su consiglio di un albanese che lavorava al cimitero ho chiesto che venisse data anche a me quella possibilità; sapevo della richiesta di operai e sapevo che il Comune aveva assunto molti stranieri» continua. Il sindaco, però, non ha il potere di fare assunzioni. Tanti curriculum inviati, «tanta disapprovazione, come se la mia fosse una colpa», ed ecco uno spiraglio a Forlì. «Mi è stato consigliato di chiedere un’assunzione in diverse aziende della città alla ricerca di operai. Risultato? Niente di fatto e la beffa di essere ‘scavalcati’ da alcuni immigrati che parlavano un italiano stentato. Mi sono rivolto al sindacato e ho saputo da amici che c’è una lista di immigrati bisognosi da integrare a tutti i costi».
L’idea di fingersi ungherese, aiutato anche dall’aspetto da ‘vichingo’ come lo stesso ravennate si fa chiamare sul suo sito, è nata così, figlia di tante porte sbattute in faccia e di un suggerimento: «Se fossi stato straniero un posto l’avresti già». È a Bologna che va in scena la ‘trasformazione’: all’ufficio di collocamento, dove una settimana prima non aveva avuto né risposte né conforto, ‘l’ungherese’ ha trovato pacche sulle spalle. Racconta: «Mi hanno detto che il lavoro non mancava, bisognava solo aspettare qualche giorno. Ho capito che non era una colpa essere disoccupato e che ero stato vittima, come tanti italiani, di un ‘razzismo al contario’».
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