Comunque se io avessi avuto 20 anni nel 1919 avrei probabilmente aderito al Fascismo, per lo spirito rivoluzionario di cui era portatore, l'idea della città degli artisti, del libero amore e di personaggi Fascisti come Guido Keller che utopizzavano questo posto da sogno era quanto di più anarcoide poteva suggerire l'epoca:
La popolarità di Keller dilaga nel periodo della cosiddetta “passione fiumana e dalmatica”. La sua fama di abile aviatore e di sostenitore della libertà di pensiero gli permettono di entrare in contatto con personaggi di un certo calibro: oltre a Francesco Baracca (Keller fa parte della sua squadriglia durante la grande guerra), conosce infatti l’ufficiale telegrafista Comisso e soprattutto Gabriele D’Annunzio. Keller aveva incontrato il Vate durante la guerra e ne era diventato seguace a Venezia, dopo l’armistizio. Nel settembre del 1919 D’Annunzio occupa Fiume con un piccolo gruppo di legionari, ma presto le gesta leggendarie del poeta-soldato richiamano migliaia di uomini, soprattutto ex combattenti, fra cui Keller: “Il Comandante lo consulta e gli vuol bene. I bambini piccini credono che sia il Diavolo” (Leone Kochnitzky, La quinta stagione o i centauri di Fiume, a cura di Alberto Luchini, Zanichelli, 1922). Non meno significativo è l’incontro con Giovanni Comisso, futuro scrittore e poeta:
“Un giorno sulle scale dell’albergo mi incontrai con l’aviatore Guido Keller, segretario d’azione del Comandante. Guardavo questo uomo strano di volto in cui brillavano acutissimi gli occhi neri, che mi scrutavano dalla testa ai piedi. Quando fummo vicini, mi tese la mano e subito ci mettemmo a parlare. […] Parlammo di fare la rivoluzione che cominciasse a mutare l’ordinamento dell’esercito, di abolire i gradi superiori al capitano, di ricreare le antiche compagnie di ventura di tradizione italiana, di prendere l’ardito come tipo esemplare del vero soldato italiano e di modificare la divisa, abolendo il colletto chiuso e la inutile spada”.
Giovanni Comisso, Le mie stagioni, Longanesi, 1963
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manifesto yoga keller
Insieme fondano il movimento Yoga, l’Unione di Spiriti Liberi tendenti alla perfezione, che assume come simbolo una svastica – allora allegoria del carro e del sole – e una rosa a cinque petali. Il movimento, con tendenze esoteriche e trasgressive, si pone l’obiettivo di contrastare gli elementi moderati e conservatori che circondano D’Annunzio e si apre al libero amore, alle orge gay, a ladri e prostitute. Nei proclami del gruppo viene teorizzata la necessità di “insegnare la scienza dell’Amore cioè della Trasformazione. L’Amore come sensazione, come sentimento, come idea; […] la filosofia non come amore della Scienza, ma come Scienza dell’Amore” (Ferdinando Gerra, L’impresa di Fiume. II: La Reggenza italiana del Carnaro, Longanesi). L’esperienza fiumana viene vissuta “come momento perennemente ludico”, come una festa continua, ma rimane ancorata all’impegno e alla realtà. I due progettano anche il Castello d’amore, una festa in costume con ambientazione medievale per il Carnevale del 1920, che viene però bocciata da D’Annunzio:
“Ma perché avete pensato a una festa così antiquata; sembra la mia Francesca da Rimini. No, no. Si direbbe ‘Ecco il solito D’Annunzio’. Penserò io a qualcosa di nuovo”.
Paolo Alatri, Gabriele D’Annunzio, Utet, 1983
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Keller, inoltre, dà vita a una compagnia destinata alla guardia del corpo del Comandante (come si fa chiamare D’Annunzio), denominata La Disperata e formata da un gruppo di giovani soldati scapestrati che non sono stati accolti dal Comando e si sono accampati nei cantieri navali della città.
“Andato a vedere cosa vi facevano, trovò che se ne stavano nudi a tuffarsi dalle prue delle navi immobilizzate, altri cercavano di manovrare vecchie locomotive che un tempo correvano tra Fiume e Budapest, altri arrampicati sulle gru, cantavano. Gli apparvero ebri e felici, li fece radunare e li passò in rassegna: erano tutti bellissimi, fierissimi e li giudicò i migliori soldati di Fiume. Inquadrò questi soldati che tutti chiamavano i disperati per la loro situazione di abbandono e li offerse al Comandante come una guardia personale. La sua decisione fece scandalo tra gli ufficiali superiori, ma il Comandante accettò l’offerta. Con la creazione di questa compagnia, Keller aveva cominciato a realizzare le sue idee di un nuovo ordine militare. Grande parte del giorno questi nuovi soldati facevano esercizio di nuoto e di voga, cantavano e marciavano attraverso la città a torso nudo con calzoncini corti, non avevano obbligo di rimanere chiusi in caserma, ma gli stessi esercizi con la loro piacevolezza li persuadevano a tenersi raggruppati e alla sera per loro divertimento se ne andavano in una località deserta chiamata La torretta, dove divisi in due schiere iniziavano veri combattimenti a bombe a mano, e non mancavano i feriti. [Era un] manipolo di uomini decisi, spregiudicati, violenti nell’adorazione e nell’impeto: fiore della rivolta e della libertà, passato attraverso il setaccio della guerra e degli stati d’animo, se non delle idee, rivoluzionari. Erano mastini ed erano fanciulli: sicuri come truppe di colore, consapevoli come ‘soldati della morte’, lieti e canori come atleti in gara continua. Alcuni elementi moralmente impuri non la deturparono, ma le diedero un colore crepuscolare di gente maledetta dai saggi e dai mediocri, che costituì il suo fascino più orgoglioso”.
Giovanni Comisso, op. cit.
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“Il motto dei legionari era: ‘Me ne frego!’ ed i cuori delle fanciulle si facevano rapire. Passavano svelti sfiorando la terra – il torso nudo – le gambe nervose – cantando inghirlandati di fiori dopo il nobile esercizio delle armi.”
Guido Keller, in Krimer, Incontro con Guido Keller, Mantero, 1938
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Tra Keller e D’Annunzio si instaura un forte legame e l’aviatore sarà l’unico autorizzato a dargli del tu.
Il poeta attribuisce la mancata annessione di Fiume all’allora presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti e trova il pieno consenso dei legionari. È in questa occasione che Keller compie la sua impresa più memorabile: vola su Roma e lancia tre “messaggi”, rispettivamente sul Vaticano, sul Quirinale e su Montecitorio, con lo scopo di perorare la causa dannunziana e colpire l’opinione pubblica.
“Giunto a destinazione offro al Vaticano delle rose rosse per Frate Francesco, sul Quirinale lancio altre rose rosse alla Regina e al Popolo, in pegno d’amore. Su Montecitorio scaglio invece un arnese di ferro smaltato, con uno striscione di stoffa rossa, delle rape legate al manico e un messaggio: Guido Keller – Ala Azione nello splendore – dona al Parlamento e al Governo che si reggono da tempo con la menzogna e la paura, la tangibilità allegorica del Loro Valore. Roma, 14 del terzo mese della Reggenza.”
Igino Mencarelli, op. cit.
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L’arnese di ferro smaltato cade sul tetto dell’Hotel Milan. Sul momento tutti pensano che sia una bomba, ma non segue nessuna esplosione:
“…qualcuno del personale dell’albergo salito sul tetto e avvicinatosi con precauzione all’involucro caduto non tardò a riconoscere che non si trattava di una bomba, ma di un oggetto che sta abitualmente nei comodini vicino al letto, un po’ più grande dell’ordinario…”
[S.f.], Da Roma, in Yoga, n. 2, 20 novembre 1920
L’oggetto in questione altro non è che un pitale su cui Keller viene spesso ritratto.