super_super ha scritto:
La cosa tragicomica è che tocca pure rispondergli... se non altro per prenderli per il culo.
Prima Gomez... (sul blog)
Belpietro e i fatti separati dalla realtà.
Nel gennaio scorso Maurizio Belpietro aveva provato l’ebbrezza di pubblicare in prima pagina notizie (false) avvertendo esplicitamente i lettori di non aver mosso nemmeno un passo per tentare di verificarle. In un suo memorabile fondo intitolato “Su Gianfranco iniziano a girare strane storie” aveva raccontato due vicende diverse che sembravano avere come protagonista Fini: la visita di un tizio in redazione che accusava anonimamente il presidente della Camera di essersi preparato un auto-attentato e l’incontro con una prostituta che assicurava (senza portare nessuna prova) di aver praticato sesso a pagamento sempre con il leader di Futuro e Libertà. In molti ricorderanno come era finita. Tutte due le vicende erano delle bufale.
E la prima era stata addirittura inventata dalla fonte di Belpietro (lo racconterà essa stessa ai magistrati) per dimostrare che ormai i giornalisti non controllano più nulla. Il direttore di Libero era stato così messo sotto inchiesta per procurato allarme, ma era stato prosciolto dal gip.
Se fosse giusto o sbagliato quel verdetto non sta a noi stabilirlo. E d’altra parte nemmeno ce ne importa. L’unico fatto certo è che la decisione del giudice deve aver finito per dare alla testa a Belpietro, ormai sempre più deciso a far fare un ulteriore passo (in basso) alla qualità della stampa italiana. Vediamo come.
Domenica scorsa Libero pubblica un pezzo in prima pagina che termina in terza. L’articolo ha uno svolgimento che in poche righe può essere riassunto più o meno così: l’ex piduista Luigi Bisignani, ora agli arresti domiciliari, si è difeso dall’accusa di aver spiato alcune inchieste giudiziarie per favorire Gianni Letta, sostenendo di aver saputo dell’esistenza di un indagine sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio leggendo il Fatto Quotidiano. Un anno dopo è sempre il Fatto ad avere a che fare con lui, visto che negli atti si parla di una telefonata del suo inviato, Gianni Barbacetto, in cui il giornalista chiede alla segretaria di Bisignani di potergli parlare. La conclusione del ragionamento arriva (si fa per dire) subito. Già nel titolone sparato in prima pagina e nel sommario: ”C’è Travaglio dietro la P4. La beffa: la fonte di Bisignani era il Fatto. Il cui cronista Barbacetto telefonava al faccendiere”. Quindi il tutto viene corredato da una significativa caricatura di Benny in cui Travaglio compare vestito con tanto di grembiulino e compasso.
Due particolari importanti, che Libero non scrive. Il primo: in quei giorni Barbacetto stava pubblicando dei duri articoli su mister P4 e come si usa da queste parti aveva tentato di sentire la versione di Bisignani. Il secondo: risulta anche dalle carte che Bisignani non aveva voluto parlare con Barbacetto.
Ora, è bene dirlo chiaro, noi qui non vogliamo dare lezioni a nessuno. Ci accontentiamo (quando ne siamo capaci) di dare notizie e opinioni. Crediamo però che dopo 10 giorni d’indagini sullo scandalo P4 e sul “Venerabile Maestro” (i suoi amici lo chiamano cosi) Bisignani, sia arrivato il momento di compiere una buona azione: avvertire i lettori di Libero di quello che sta succedendo. Ovviamente non parliamo del nostro caso. Parliamo di notizie.
Sempre domenica,infatti, tra i lettori del quotidiano di proprietà della famiglia Angelucci solo chi era dotato di microscopio o di vista acutissima ha potuto accorgersi di come l’indagine stesse minacciando di travolgere i vertici della Guardia di Finanza.
Quel giorno la testata diretta da Belpietro, ha dedicato 21 misere righe a una notizia decisamente importante: l’iscrizione sul registro degli indagati per rivelazione di segreto e favoreggiamento del capo di stato maggiore delle Fiamme Gialle, Michele Adinolfi. E, vista l’esiguità dello spazio, nemmeno l’abilità dei colleghi è stata sufficiente per permettere loro di ricordare che chi aveva accusato Adinolfi di aver avvertito Bisignani dell’inchiesta in corso su di lui – forse tramite il direttore dell’Adnkronos, Pippo Marra - era stato Marco Milanese, il braccio destro del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Nessuno ovviamente pensa che Libero abbia voluto nascondere alcunché. Nella pagina successiva al trafiletto compare un ampio pezzo in cui si racconta come Bisignani avesse username e password del ministro per l’ambiente Stefania Prestigiacomo e li utilizzasse per inviare comunicati stampa ai giornali. Nello stesso articolo si parla poi delle singolari relazioni di mister P4 con Salvatore Mancuso di Unicredit e Luca Cordero di Montezemolo e pure di storie di droga (leggera) e di sesso.
La realtà è però che le pagine di Libero, come quelle di ogni altro giornale, sono necessariamente limitate. E che il suo direttore sabato si è trovato davanti al dramma di una scelta. Dare spazio a una notizia o far finta di avere uno scoop? Tentare d’incrementare le vendite ingolosendo in edicola i potenziali acquirenti con un titolone falso, oppure raccontare le cose come stanno? Un dubbio amletico. Che Belpietro ha risolto rivoluzionando una volta per tutte uno dei concetti base del giornalismo vecchia scuola. Non più i fatti separati dalle opinioni, ma molto più modernamente, fatti e opinioni finalmente separati dalla verità.
... e poi anche Barbacetto (sull'edizione cartacea)
I Capi della P4 secondo Libero
Confesso: sono io il vicecapo della P4. Il capo è Marco Travaglio: lo ha scritto Libero in prima pagina, domenica 26 giugno. L’allegro quotidiano di Maurizio Belpietro ha nascosto in un trafiletto la notizia del giorno (indagato il generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi, con l’accusa di aver passato notizie segrete a Luigi Bisignani). In compenso ha riempito prima pagina e pagina tre con la sensazionale rivelazione: “C’è Travaglio dietro la P4”. Spiegazione: “La fonte di Bisignani era il Fatto. Il cui cronista Barbacetto telefonava al faccendiere”.
A leggere l’articolo, si capisce che non ci crede neanche il povero autore dello scoop, tal Martino Cervo, che allinea parole in libertà in cui spiega che il Fatto aveva dedicato a Gianni Letta il titolo d’apertura del suo primo numero, il 23 settembre 2009 (Indagato Letta. Da dieci mesi. E nessuno ne parla). E racconta un brogliaccio delle indagini in cui si dice che a Bisignani ha telefonato, il 24 settembre 2010, il sottoscritto. Sufficiente per scrivere, nella titolazione: “Nelle carte anche Barbacetto”.
A qualunque giornalista risulterebbe chiaro che c’è una certa differenza tra cercare notizie per scriverle sul proprio giornale e farsi dare ordini per imbastire campagne e alimentare la macchina del fango. Tra prendere notizie e passare informazioni. Tra chiedere un’intervista (peraltro rifiutata) e obbedire ai comandi di chi pilota una fetta dell’informazione.
A qualunque giornalista, appunto.
Per il resto, contano gli articoli scritti. Su Bisignani, L’uomo che collega, ho scritto sul Fatto per la prima volta il 24 luglio 2010, quando ancora la P4 non si sapeva cosa fosse:
«Non troverete il suo nome nelle carte giudiziarie delle tante inchieste in corso sugli scandali di questa caldissima estate 2010. Eppure è il nome che le collega tutte. Non parliamo di responsabilità penali, che son faccende da magistrati. Ma di rapporti, contatti, relazioni. Chi è l’uomo che unisce, a un livello alto, lobbisti della “nuova P2”, uomini della “cricca”, personaggi della “banda larga” di Finmeccanica? Luigi Bisignani è un punto di convergenza».
Nel settembre 2010, sui giornali tiene banco “la macchina del fango”, dalla campagna del Giornale contro il direttore di Avvenire, Dino Boffo, a quella contro Gianfranco Fini e la sua casa di Montecarlo. Sul Fatto, scrivo del Network dei dossier in due articoli, il 24 e il 25 settembre 2010, evocando ancora Luigi Bisignani:
«Senza scomodare le barbe finte, c’è un nome che viene da giorni evocato e sussurrato a mezza voce a proposito di questa vicenda: Luigi Bisignani. È lui l’uomo che, secondo gli amici di Fini, passa notizie a Dagospia. Il sito è da tempo attivo in due campagne: quella contro il presidente della Camera e quella contro Alessandro Profumo, il “Mister Arrogance” fino a martedì sera al vertice di Unicredit. Bisignani ha un ruolo in entrambe le partite. È l’uomo che collega, che realizza campagne, che rende operative le strategie e realizza i desideri dei suoi autorevoli referenti politici (Gianni Letta), finanziari (Cesare Geronzi), economici (Paolo Scaroni). È il punto alto di convergenza tra “cricche” e “bande larghe”, vecchie e nuove P2. Uomo brillante e intelligente, scrive romanzi gialli e parla, oltre che con Letta e Geronzi, con Angelo Balducci, con Guido Bertolaso, con Denis Verdini, con Pier Francesco Guarguaglini… Con Daniela Santanché, sua compagna fino a qualche tempo fa, aveva anche progettato di rilevare il Giornale. Bisignani ha davvero, come sostengono i finiani, rapporti anche con Dagospia?». (24 settembre 2010)
Nei giorni in cui preparavo questi articoli, come vogliono le regole del giornalismo, faccio una telefonata al personaggio chiamato in causa, Luigi Bisignani. Parlo con la segretaria. L’incontro viene rifiutato. A scandalo P4 scoppiato, tiro le somme e scrivo per il Fatto un nuovo ritratto di Bisignani:
«“Quello è più potente di me”: Silvio Berlusconi non parla così dei suoi servi. “Quello”, ovverosia Luigi Bisignani, è dunque qualcosa di più e di diverso dei tanti personaggi che affollano (affollavano?) la sua corte. Certo, negli ultimi anni ha messo il suo enorme potere di relazione al servizio della stabilità del sistema, che in questa fase si regge sulla figura di Berlusconi. Ma “il Bisi” è uno che, in fondo, lavora sempre in proprio.
Il suo network di potere non era un mistero assoluto, neppure prima dell’inchiesta di Napoli. Tant’è vero che qualche (raro) articolo ha tentato di descriverlo (anche sul Fatto Quotidiano, fin dal luglio 2010). Ora, con migliaia di pagine di documenti a disposizione, è finalmente possibile disegnare con più nettezza la rete di relazioni che Bisignani ha costruito con il mondo della politica (attorno a Gianni Letta), delle aziende semi-pubbliche (da Paolo Scaroni a Pier Francesco Guarguaglini), della finanza (da Cesare Geronzi a Massimo Ponzellini), dell’informazione, della magistratura, dei servizi segreti…». (24 giugno 2011)
Dunque sono il vicecapo della P4. “Inesistente”, secondo lo stesso Libero (a pagina 4): ma come! Proprio adesso che sono vicecapo di qualcosa!
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E cosa dire di quel "De Magistris balla fra i gay sui rifiuti"?

La ripresa non si vede, ma è dentro di noi.
Il governo ha aggravato la crisi per favorire la crescita.