Vabbè...proviamo anche a leggere qui che potrebbe essere più interessante...
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/c ... 4891.shtml
"PALERMO - Ha il volto provato e cammina a fatica, ma lo sguardo resta quello vivo di 20 anni fa quando la sua tormentata vicenda giudiziaria ebbe inizio.«Scusatemi, ma non sto bene e non potrò rispondere a tutte le vostre domande», dice Bruno Contrada ai giornalisti che l'aspettano sotto casa nel suo primo giorno da uomo libero.
Accanto a lui l'avvocato Giuseppe Lipera che l'ha assistito nelle ultime fasi del processo per concorso in associazione mafiosa, conclusosi con una condanna a 10 anni, e nella lunga battaglia legale per la liberazione per motivi di salute. È il penalista catanese a comunicare che l'ordine di scarcerazione per fine pena firmato dal procuratore generale è stato notificato all'ex numero due del Sisde che ormai da due anni è ai domiciliari. Contrada non si fa attendere e accetta di parlare con i cronisti.
Si appoggia al bastone, è affaticato, la voce è debole, ma la grinta è quella di sempre. «Non odio nessuno, nè provo rancore», dice a chi gli chiede se, dopo 8 anni di detenzione e l'infamia di una condanna per mafia, ha risentimenti verso qualcuno. Ma, e lo ripete più volte, «non mi rassegno, nè mi pento». Di un'esistenza passata a «servire le istituzioni» rifarebbe tutto. «Ho passato la maggior parte della mia vita al servizio dello Stato e non cambierei nulla - dice - Con me nella tomba non porterò segreti». Mai un passo indietro nel ribadire la sua innocenza. Nonostante le condanne in tutti i gradi di giudizio. E la certezza che un giorno chi gli sopravviverà, e nel dirlo la voce gli si spezza, vedrà ristabilità la verità.
«Quando - sussurra - il 10 maggio del 2007 sono entrato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per scontare la pena ingiusta che mi era stata inflitta dissi che ero sicuro, come lo sono ora, che un giorno che vedranno i miei figli o i miei nipoti la verità sarà ristabilita e allora qualcuno dovrà pentirsi per quello che ha fatto a me ed alle istituzioni che ho servito fedelmente da quando avevo 20 anni e indossai la divisa da bersagliere». Lui, per quanto potrà, continuerà a lottare perchè quella verità possa essere affermata. «Finchè avrò respiro», dice.
A chi gli chiede cosa pensa degli altri uomini delle istituzioni coinvolti in indagini di mafia - il riferimento è all'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia - Contrada risponde senza tirarsi indietro: «per il generale Mori in particolare provo stima e ammirazione. Ma dell'indagine preferisco non parlare, non ne so nulla». Venti minuti sotto il fuoco di fila delle domande dei cronisti, poi un commiato. «Sono a vostra disposizione per qualunque incontro nei prossimi giorni», dice, stanco. «Ora, però - prosegue appoggiandosi al bastone - è il momento che torni a casa»".
Chi è stato Bruno Contrada?
Bruno Contrada è un signore napoletano che dopo la laurea in giurisprudenza e il servizio militare come ufficiale di complemento dei Bersaglieri, entra nell'allora Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza come funzionario. Destinato alla questura di Latina, finisce in uno di quei commissariati dove il problema maggiore è quello di far trascorrere il tempo andando a caccia di rubbagalline. Contrada non ci sta e chiede ed ottiene una destinazione più operativa, viene accontentato e destinato alla squadra mobile di Palermo assieme ad un altro giovane funzionario, Boris Giuliano, di Messina e giocatore di pallacanestro di valore. Questi due funzionari lavorano per anni fianco a fianco e fanno una discreta carriera, Giuliano diventerà capo della Mobile di Palermo e Contrada dirigente della Criminalpol Sicilia. Boris Giuliano verrà ucciso nel 1979, destino comune a tanti altri uomini della polizia e dei carabinieri che negli anni avevano insidiato la mafia diventando più o meno pericolosi, nomi che ricordano episodi lontani e controversi come quello di Cataldo Tandoj o più recenti come Ninni Cassarà e Beppe Montana, Calogero Zucchetto e Natale Mondo e quel Roberto Antiochia, romano di Montesacro che poco più che ventenne viene ucciso in un attentato proprio nei giorni di ferie ai quali aveva rinunciato per fare da scorta al suo "capo" Cassarà (Ninni Cassarà è stato uno dei padri della smilitarizzazione della Polizia, paricorso e amico di Luigi Calabresi) Bruno Contrada sopravvive, passa al Sisde dove raggiunge una posizione di vertice ma finisce in un turbinio di accuse lanciate da pentiti di mafia che lo accusano di essersi venduto per pochi soldi. Come al solito, chi non finisce sotto il piombo della mafia finisce sotto le parole di qualche "pentito". E così Contrada invece di passare gli anni della pensione nel suo appartamento in un quartiere popolare di Palermo, trascorre gli ultimi venti anni a difendersi dalle accuse di chi aveva sbattuto in carcere. E' la vita...