[O.T.]Topic necrologio
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Qualcuno mi ha suggerito di dare una scorsa al quotidiano "libero" on line su questa notizia.......
Per la mia prima volta sono andato a "sguardare" in quel sito!
Ma sono dei pazzi allucinati?????????
Al mio paese si dice che il più sano ha la rogna, ma lì l'essere/persona più colta/istruita/intelligente sarebbe la scimma "Cita" di Tarzan, se solo le dessero un computer per scrivere commenti!!!!!!!!!!
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Ma sono dei pazzi allucinati?????????
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« Bestemmiando fuggì l'alma sdegnosa
Che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa »
Ariosto "Orlando furioso"
Morte Rodomonte.
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Ariosto "Orlando furioso"
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Un saluto ad Abbado.
Mi dispiace un po' per l'alitterazione del suo nome con Belnudo.
Mi dispiace un po' per l'alitterazione del suo nome con Belnudo.
Da Guida al Cinema:
Dboon - mi interessava l'argomento visto che narra di un gruppo di ragazze minorenni che decidono di farsi ingravidare
Cianbellano - ti interessava l'argomento visto che narra di un gruppo di ragazze minorenni che decidono di farsi ingravidare?
Dboon - mi interessava l'argomento visto che narra di un gruppo di ragazze minorenni che decidono di farsi ingravidare
Cianbellano - ti interessava l'argomento visto che narra di un gruppo di ragazze minorenni che decidono di farsi ingravidare?
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Libero lo ha definito "Maestro dalla bacchetta rossa" (evidentemente ci scrive belnudo)
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
Re: [O.T.]Topic necrologio
Confondi Nudo con PietroDrogato_ di_porno ha scritto:Libero lo ha definito "Maestro dalla bacchetta rossa" (evidentemente ci scrive belnudo)
Per il mio ego può bastare che SCB mi citi nella sua firma, tutto il resto è noia.
Cicciuzzo 1.6.2016
Mi spiegate come postare le immagini, sono scemo oltre che cornuto
Furore 1.3.2017
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Ma è vero! Perchè avrebbe dovuto vergognarsene?Drogato_ di_porno ha scritto:Libero lo ha definito "Maestro dalla bacchetta rossa" (evidentemente ci scrive belnudo)
da "L'Espresso"
Per Abbado siamo tutti cittadini di questo mondo. I vari "ismi" come particolarismo, provincialismo, campanilismo e sciovinismo lo disturbano. Anche perché, in fondo al cuore, pensa che siamo tutti emigranti. E a questo ha contribuito pure la personale scoperta dell'origine del suo cognome. «Un giorno vidi il nome di Al Muhtamed Abbad scolpito su una colonna bianca, stupenda, nel meraviglioso giardino d'Alcazar a Siviglia, a ricordare un principe arabo vissuto nell'Undicesimo secolo. Ne fui veramente impressionato. Sessant'anni fa, in tour con l'orchestra da camera di mio padre, ebbi subito la sensazione della familiarità con quel luogo. Una sera, successiva al concerto, ci accompagnarono in questo giardino e la guida ci disse che ci avrebbe portato a visitare il vicino ghetto. Mentre gli altri erano intenti a chiacchierare, io da solo mi avviai e arrivai a un cancello. La guida sorpresa si avvicinò e mi disse: ma come fa lei a sapere che questo è proprio il cancello che porta al ghetto? Avevo "sentito" che quella era la strada giusta. Conoscevo quei posti, li avevo già vissuti».
Dal 1968 al 1986 come direttore musicale fece divenire la Scala uno dei teatri più innovatori e prestigiosi del mondo. Basta scorrere i nomi che attraversarono il suo destino: Paolo Grassi, i cicli dedicati a Mahler, Berg, Schönberg, Stravinskij, le prime mondiali di Stockhausen, Nono, registi come Strehler, De Lullo, Ponnelle, Ljubimov, Vitez, i concerti in fabbrica per i lavoratori e gli studenti. Tempi stimolanti. Ben altro dialogo fra intellettuali, studenti e lavoratori rispetto a oggi. «Io credo che ogni momento, ogni fase storica, abbia bisogno di una certa presa di posizione. In quegli anni, anche con Pollini e Nono, volevamo far conoscere la Scala a un pubblico diverso. Fino ad allora era stata esclusivo dominio di una certa élite e noi volevamo aprirla il più possibile a tutti». In alcuni ambienti queste scelte vennero assai criticate. Una certa stampa conservatrice definì i tre insigni musicisti il Nap, parafrasando i Nuclei armati proletari (Nono-Abbado-Pollini). E dire che Abbado non ha mai avuto alcuna tessera partitica. «Ho sempre semplicemente lottato per le cause e le idee in cui ho creduto. Quando leggo sui giornali delle frasi tipo "la cultura non rende", rimango assai perplesso: la cultura è uno degli aspetti più importanti della vita e deve essere messa in primo piano. Ma in genere certe dichiarazioni non vanno prese per quello che sono, perché si squalificano da sole. Quello che conta sono i fatti».
P.S.
Cmq il capo delle BR non era lui (e nemmeno Tognazzi)
http://archiviostorico.corriere.it/1999 ... 5177.shtml
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Evidenti i primi guasti del renzismo : la resurrezione anche del belnudo politico.belnudo ha scritto:Penso tu non sia ben informato.anxxur ha scritto:Perché dici così? Le idee politiche di Abbado erano note, ma non ricordo che abbia mai inneggiato al terrorismo.belnudo ha scritto:un amico delle Brigate Rosse in meno
O mi è sfuggito qualcosa?
Quando si sceglie per fidanzata, consapevolmente come fece Abbado, una brigatista rossa il minimo per definirlo è appunto amico delle Brigate Rosse (fonte RAINA KABAIVANSKA).
In secondo luogo mai ascoltato un concerto diretto da Abbado, quindi non mi tange la sua scomparsa almeno non più di un qualsiasi barbone morto stanotte su una panchina al parco.
Non finiremo mai di sprofondare.
Ma non voglio pensarci. Ieri mattina i merli, neri giullari del giardino sottostante, cinguettavano in faccia a questo falso inverno, secondo alcuni pre-apocalittico per l'effetto del surriscaldamento planetario.
-Pace- mi sono detto - I giullari ci avranno insegnato a sprofondare con la gola piena di canto-.
Poco dopo ho appreso della morte del Maestro.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) - fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) - ...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Ecco cosa ha scritto il giornale di Brunetta (il Mattinale) su Bersani e Abbado: belnudo scrivi pure lì?
«Bersani. Siamo felici del suo colloquio con Renzi. Gli ha detto un sacco di stupidaggini, dunque è tornato se stesso ed e’ in gran forma. Cent’anni di fesserie». E’ quanto si legge, nello spazio dedicato alle ‘parole chiave’, sul ‘Mattinale’, la nota politica redatta dallo staff del gruppo FI alla Camera. «Gli deve aver fatto bene – si legge ancora – la leccata del giaguaro, vedi messaggio beneaugurante di B.». E su Claudio Abbado: «La musica perde un grandissimo maestro. Dirigerà il coro celeste, il colmo per un maestro rosso. Requiem (di Mozart)»
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
Re: [O.T.]Topic necrologio
Toccata & FugaDrogato_ di_porno ha scritto:Ecco cosa ha scritto il giornale di Brunetta (il Mattinale) su Bersani e Abbado: belnudo scrivi pure lì?
«Bersani. Siamo felici del suo colloquio con Renzi. Gli ha detto un sacco di stupidaggini, dunque è tornato se stesso ed e’ in gran forma. Cent’anni di fesserie». E’ quanto si legge, nello spazio dedicato alle ‘parole chiave’, sul ‘Mattinale’, la nota politica redatta dallo staff del gruppo FI alla Camera. «Gli deve aver fatto bene – si legge ancora – la leccata del giaguaro, vedi messaggio beneaugurante di B.». E su Claudio Abbado: «La musica perde un grandissimo maestro. Dirigerà il coro celeste, il colmo per un maestro rosso. Requiem (di Mozart)»
Se c'è un artista, fra quanti compongono il firmamento del concertismo internazionale, che sia oggi al centro di discussioni e pareri discordi, questo è la violinista Viktoria Mullova. Gli ingredienti per far parlare di sé li ha tutti: giovane, bellissima, misteriosa, impeccabile virtuosa del suo strumento, ha all'attivo una formidabile carriera e una lunga serie di CD, ma soprattutto una relazione sentimentale con Claudio Abbado, dalla quale è nato anche un figlio, il piccolo Misha, al centro d'una battaglia legale per il riconoscimento da parte del celebre direttore d'orchestra. Signora dell'archetto e personaggio degno dei rotocalchi rosa. Un fisico da mannequin, perfetto anche se ha già collezionato una seconda gravidanza. Viktoria Mullova ha il fascino della donna venuta dal freddo.

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Re: [O.T.]Topic necrologio
"Per Abbado siamo tutti cittadini di questo mondo. I vari "ismi" come particolarismo, provincialismo, campanilismo e sciovinismo lo disturbano. Anche perché, in fondo al cuore, pensa che siamo tutti emigranti. E a questo ha contribuito pure la personale scoperta dell'origine del suo cognome. «Un giorno vidi il nome di Al Muhtamed Abbad scolpito su una colonna bianca, stupenda, nel meraviglioso giardino d'Alcazar a Siviglia, a ricordare un principe arabo vissuto nell'Undicesimo secolo. Ne fui veramente impressionato. Sessant'anni fa, in tour con l'orchestra da camera di mio padre, ebbi subito la sensazione della familiarità con quel luogo. Una sera, successiva al concerto, ci accompagnarono in questo giardino e la guida ci disse che ci avrebbe portato a visitare il vicino ghetto. Mentre gli altri erano intenti a chiacchierare, io da solo mi avviai e arrivai a un cancello. La guida sorpresa si avvicinò e mi disse: ma come fa lei a sapere che questo è proprio il cancello che porta al ghetto? Avevo "sentito" che quella era la strada giusta. Conoscevo quei posti, li avevo già vissuti»".
Oddio, non credo che nell'XI secolo il principe Al Muhtamed Abbad fosse propriamente un emigrato in terra di Spagna.
Oddio, non credo che nell'XI secolo il principe Al Muhtamed Abbad fosse propriamente un emigrato in terra di Spagna.

"Sapeva molte cose, ma tutte male"
Re: [O.T.]Topic necrologio
Un amico dei talebani in menoanxxur ha scritto:
il principe Al Muhtamed Abbad

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Re: [O.T.]Topic necrologio
dispiace che sia morto relativamente giovane, mai visto un suo film, mi sono perso qualche opera d'arte?vbman ha scritto:Morto anche il regista Carlo Mazzacurati.
STATO LADRO & RAPINATORE
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Re: [O.T.]Topic necrologio
I maestri della library music (insonorizzazioni) stanno cadendo come foglie.


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Re: [O.T.]Topic necrologio
Claudio Abbado, la cultura e l’impegno
È morto il maestro Claudio Abbado, direttore d'orchestra e senatore a vita. Ne vogliamo ricordare qui il grande impegno civile e culturale, ripubblicando da MicroMega un suo dialogo con Massimo Cacciari intitolato “Il cittadino e le note” e il testo della sua adesione alla manifestazione dei Girotondi il 14 settembre 2002 a piazza San Giovanni.
IL CITTADINO E LE NOTE
dialogo tra Massimo Cacciari e Claudio Abbado, da MicroMega 1/2001
Massimo Cacciari: So bene come le retoriche sull’impegno ti abbiano sempre infastidito. Rischiano sempre di risolversi in appelli, documenti, manifesti, testimonianze più o meno vane. Io ho sempre creduto che il nostro «impegno» consista essenzialmente nell’essere responsabili del proprio linguaggio – nel corrispondere, cioè, alla sua storia, alla sua «serietà» – nel conoscerne la complessità, nel non permettere che si banalizzi, che si inaridisca, che si faccia «idiota». Tenere aperto il proprio linguaggio, «scatenarne», direi, le potenzialità, sperimentando tutti i «possibili» – questo deve impegnarci, deve impegnare anzitutto l’artista, nel senso più pieno del termine. Non potrà mai davvero trasformare alcunché «fuori» di sé, io credo, chi è incapace di trasformare il proprio linguaggio. Ma a proposito ancora della questione più generale. A me ha sempre infastidito quel pregiudizio così largamente diffuso presso tanti «intellettuali», che l’«impegno» abbia necessariamente a che fare con il linguaggio verbale – che debba sempre esprimersi attraverso «discorsi»… Come spiegheresti tu, musicista, a costoro l’errore in cui cadono?
Quanto ho detto mi porta al motivo essenziale per cui oggi, io credo, ci si debba «impegnare» – impegnare in forme totalmente diverse, appunto, dalle retoriche dell’engagement. È proprio infatti la capacità comunicativa dei linguaggi ad essere oggi in pericolo – è proprio quella che Benjamin chiamava la loro «capacità simbolica», ad essere in crisi. Non certo per o in artisti come te – ma certamente per il pubblico cui anche tu ti rivolgi. E non c’è arte senza lettore – così come non c’è realtà senza interpretazione, lo sappiamo ormai bene. Non è indifferente neppure per l’arte più grande che il linguaggio si vada trasformando in mero strumento di informazione, in mero mezzo, in mero «servizio» volto allo scopo, in qualcosa di «economico» e basta. In un «ambiente» refrattario al rischio, all’avventura della comunicazione dubito che anche un Abbado possa essere compreso… (È forse questo il dramma di tanti artisti contemporanei? Non so…)
Ma non credo possiamo ignorare che oggi potenti interessi, potenti organizzazioni, forse ormai un cattivo senso comune spingano a questo esito: concepire il linguaggio, tutti i linguaggi, soltanto come «mezzi»; ridurre il comunicare a mera informazione; trasformare quel lettore o ascoltatore criticamente capace di intervenire nel testo, di dialogare con esso, in spettatore… Homo technologicus, consumans et spectator… Ma questo è oggi programma politico! Esplicito programma politico! Magari non dichiarato – ma infinitamente peggio: subliminalmente costantemente propagandato. Che cosa sono le tre «i» del Cavaliere come summa dell’attuale «Paideia»(Internet, inglese, impresa, sia chiaro tutte cose stra-necessarie, ma forse non esaustive della formazione di una persona capace di affrontare criticamente il proprio tempo)? Che cosa afferma in sé il linguaggio della propaganda del Polo? Quale ne è il «messaggio» profondo se non questo? Allora, davvero, à la Kraus: dobbiamo salvare la «dimora del linguaggio», di tutti i nostri linguaggi – dobbiamo ribellarci a che vengano «sprecati» nella chiacchiera universale – dobbiamo pretendere che vengano riconosciuti nella loro vitale, essenziale funzione – che è, io penso, quella di essere ad-verba, di tendere all’ancora non detto o magari all’indicibile – mai di «servire» il dato di fatto. Questo è l’impegno, e questa la ragione dell’impegno, oggi, contro questa destra.
Claudio Abbado: Sono assolutamente convinto che l’arte e la vita non possano essere concepite come due dimensioni separate. Anzi, direi che l’arte fa parte della vita. Per questo il linguaggio artistico, nelle sue più varie forme, può contribuire sostanzialmente all’evoluzione e al miglioramento della società. Ciò non significa che l’arte debba risultare sempre e obbligatoriamente «impegnata» in modo esplicito. Anzi, l’impegno può davvero raggiungere l’esterno solo partendo dall’interno del linguaggio artistico, ponendosi come modello, come atteggiamento mentale ed esistenziale. Ed è anche questa la ragione per cui non può essere appannaggio esclusivo del discorso parlato, in quanto non è sempre riconducibile a una dichiarazione di principio, ma deve piuttosto esistere come ricerca interiore. Allo stesso modo, non ha senso pensare che un linguaggio sia più nuovo di un altro solo perché risulta tale in apparenza: è la sua qualità intrinseca che lo rende più o meno originale, più o meno significativo. Del resto, molte opere – da Falstaff di Verdi al cinema di Benigni – sanno svelarci anche con la forza dell’ironia gli aspetti nascosti delle situazioni.
Il linguaggio dell’artista, in qualsiasi epoca, deve sapersi confrontare con un pubblico che cambia e che ha aspettative diverse, il quale spesso percepisce e apprezza l’entusiasmo con cui si lavora: pubblico che non va mai sottovalutato e che è interessato ai valori artistici più di quanto non sembri o non faccia comodo pensare.
Proprio perché l’arte è una forma di ricerca e di conferma della vita, è naturale che non possa e non debba allontanarsi dalla società e dai suoi problemi. Ho comunque molta fiducia nella capacità di giudizio delle persone, che sapranno non farsi condizionare dalla propaganda. Penso infatti che dobbiamo rimanere legati alle nostre radici, alla nostra forte e antica cultura europea, anziché rincorrere modelli più facili e superficiali, anche se apparentemente più redditizi.
Cacciari: Non vorrei far la figura di quello che ricorda – ma mi pare che proprio questo era l’«impegno» di un musicista come Luigi Nono – che proprio così parlavate di musica e di politica. Era musica colta, difficile, che richiede attenzione – ma la bellezza è difficile… come è difficile trasformare la realtà e richiede ogni volta ricerca, duro lavoro. Non si può sopravvivere un istante sulla rendita del lavoro già fatto – esso è una domanda, una sfida, un problema – chiede ogni volta di essere re-immaginato, re-inventato. Proprio i grandi classici sono quelli che lo richiedono con più forza! Le tue interpretazioni sono esemplari proprio in questo.
Che cos’è per te adesso l’impegno politico e cosa salveresti per l’oggi di quelle esperienze trascorse?
Abbado: Di quel periodo ricordo positivamente l’entusiasmo con cui cercammo di aprire le sale da concerto come la Scala a un pubblico più vasto, avvicinandolo anche alla musica del Novecento. Proprio ricollegandomi anche alle esperienze di quegli anni, ho capito, nel tempo, quanto sia importante conoscere le culture dei diversi paesi, non solo cercando di comprenderle e approfondirle, ma anche adattando alle loro caratteristiche le iniziative artistiche e culturali.
L’Italia, in questo senso, è un paese particolarmente ricco, perché ogni regione ha la sua cultura e la sua storia, che possono contribuire, in modo specifico, al miglioramento delle condizioni generali del paese. E poiché l’arte e la cultura sono strettamente legate alla qualità della vita sociale, sarebbe importante rivalutare ciò che di meglio è stato fatto nelle diverse città, province o regioni: dalla geotermia o teleriscaldamento di Ferrara, Brescia e Reggio Emilia, applicabile anche ai singoli quartieri, agli asili di Reggio Emilia, talmente all’avanguardia da diventare oggetti di studio da parte di paesi stranieri come gli Stati Uniti o l’Olanda. E ci sono anche casi isolati di fabbriche che sono in grado di recuperare quasi interamente i prodotti di scarto degli altri cicli produttivi e i rifiuti urbani.
Occorrerebbe anche porsi nelle condizioni di evitare le conseguenze devastanti di fenomeni naturali come le alluvioni o le frane. In un’ottica più lungimirante, sarebbe un risparmio spendere anche molto, subito, per prevenire, piuttosto che spendere ancora di più per riparare i danni che sono stati causati dalla disattenzione e dall’inadempienza. Bisognerebbe anche avere la saggezza e l’umiltà di studiare e importare le tecniche più innovative già adottate in paesi che sono maggiormente avanzati nella gestione del territorio, e questo varrebbe ancor più per le regioni italiane che hanno grossi problemi idrici mai affrontati in modo davvero sistematico. Come altre nazioni sanno attingere da noi i migliori aspetti della nostra cultura, così noi dovremmo tenere presente il loro più avanzato livello tecnologico.
Penso infatti che questi interventi di utilità sociale, incidendo concretamente sul benessere delle persone e sulla salvaguardia dell’ambiente, contribuirebbero a creare le condizioni per un modo diverso di concepire l’arte e la cultura e quindi la vita dei singoli e della collettività.
Cacciari: Quali altri motivi vedi cruciali per un impegno oggi? Motivi anche più ravvicinati, più direttamente concernenti la situazione italiana… Si parla poco o nulla di programmi. Il governo di centro-sinistra in questi anni credo abbia fatto parecchio per la riorganizzazione museale, per la riforma di enti lirici e istituzioni (come la Biennale) eccetera. Ma molto ancora rimane. Quale dovrebbe essere secondo te lo «spirito» di una politica culturale nuova? Che cosa fare nel campo dell’organizzazione e dell’educazione artistica e musicale? Dove vedi i nostri maggiori ritardi rispetto alle esperienze europee e internazionali?
Abbado: Come si diceva, bisognerebbe sempre intervenire tenendo conto delle caratteristiche, positive e negative, della realtà che si vuole modificare e migliorare. L’Italia è un paese ricco di energie e possibilità. In questi anni sono stati riaperti molti musei, con l’intento consapevole non solo di valorizzare un bene italiano straordinario e prezioso, ma di restituire a tutti un patrimonio universale.
Per quanto riguarda la musica, credo che non si faccia abbastanza per le scuole, per l’educazione musicale e in generale per la diffusione della cultura musicale. Ad esempio, l’Italia ha molti teatri d’opera, ma ci sono poche sale da concerto, a parte l’Auditorium del Lingotto, l’Auditorium di Milano e l’Auditorium di Piano a Roma i cui lavori si spera possano concludersi in tempi brevi. C’era un progetto di ristrutturazione del Teatro Farnese di Parma, che prevedeva l’apertura di una porta già esistente adesso murata. Guardando ai fatti, penso al progetto fermo da anni per la ricostruzione del Teatro Verdi a Ferrara. I tempi, purtroppo, si sono molto dilatati. Ferrara ha ricevuto un primo finanziamento da parte del ministero per i Beni culturali di dodici miliardi per dare inizio ai lavori, ma nulla si è mosso fino ad ora e questo è un vero peccato, perché la riapertura di un teatro può rappresentare una nuova ricchezza per la città. E parlo di Ferrara, una città che ha fatto moltissimo per le restaurazioni e per la vita culturale. Se in genere i teatri settecenteschi italiani garantivano un equilibrio ottimale tra l’ascolto e la necessità di vedere le scene, i concerti richiedono però anche sale apposite destinate alla musica sinfonica. Solo in questo modo si potrebbero spingere i giovani italiani a conoscere la grande tradizione sinfonica avvicinandoli anche alla musica rinascimentale e barocca e a quella contemporanea. In ogni periodo storico si è infatti ascoltata la musica del proprio tempo e anche oggi bisognerebbe creare le condizioni per capire quali sono i compositori più significativi.
Da vent’anni, inoltre, da quando ho fondato, nel ’78, l’Orchestra giovanile europea, sostengo orchestre giovanili che raccolgono i migliori strumentisti europei e quindi anche italiani.
Ho più volte sottolineato come in Italia i giovani studino musica pensando di diventare grandi solisti, con il rischio di andare incontro a delusioni. Invece, a Berlino, Vienna, Amsterdam o Londra, dove la preparazione culturale è diversa, il sogno degli studenti è di entrare nelle orchestre locali. È per questo che ritengo importante sostenere istituzioni che insegnino a suonare insieme, in formazioni cameristiche e in orchestra. Inoltre, invece di eliminare le orchestre, come è avvenuto in Italia con le Orchestre Rai, bisognerebbe aumentarne il numero e la qualità. Lavorando con la Gustav Mahler Jugendorchester ho anche capito che per accrescere il valore di un’orchestra bisogna affiancarle un’accademia di formazione. Proprio perché da tempo mi batto per la formazione di giovani musicisti e vorrei che altre città in Italia dessero vita alle Accademie di alto perfezionamento per giovani orchestrali come quelle nate a Bolzano e a Ferrara, l’anno prossimo si aggiungerà un’altra sede a Palermo. Si tratta di scuole che possono formare i giovani orchestrali insegnando loro a fare musica insieme con entusiasmo.
È ovvio che questo atteggiamento può diventare metafora di un modo diverso di concepire il lavoro, l’arte e la vita, non incentrato sulla corsa affannosa all’affermazione personale – spesso causa di profonde delusioni – ma sulla gioia che si può provare nell’appartenere a un gruppo, dando il proprio contributo con passione e slancio. Dal lavoro collettivo nasce infatti il risultato davvero alto di un’esecuzione musicale. E questo potrebbe farci riflettere, anche sul piano politico.
È morto il maestro Claudio Abbado, direttore d'orchestra e senatore a vita. Ne vogliamo ricordare qui il grande impegno civile e culturale, ripubblicando da MicroMega un suo dialogo con Massimo Cacciari intitolato “Il cittadino e le note” e il testo della sua adesione alla manifestazione dei Girotondi il 14 settembre 2002 a piazza San Giovanni.
IL CITTADINO E LE NOTE
dialogo tra Massimo Cacciari e Claudio Abbado, da MicroMega 1/2001
Massimo Cacciari: So bene come le retoriche sull’impegno ti abbiano sempre infastidito. Rischiano sempre di risolversi in appelli, documenti, manifesti, testimonianze più o meno vane. Io ho sempre creduto che il nostro «impegno» consista essenzialmente nell’essere responsabili del proprio linguaggio – nel corrispondere, cioè, alla sua storia, alla sua «serietà» – nel conoscerne la complessità, nel non permettere che si banalizzi, che si inaridisca, che si faccia «idiota». Tenere aperto il proprio linguaggio, «scatenarne», direi, le potenzialità, sperimentando tutti i «possibili» – questo deve impegnarci, deve impegnare anzitutto l’artista, nel senso più pieno del termine. Non potrà mai davvero trasformare alcunché «fuori» di sé, io credo, chi è incapace di trasformare il proprio linguaggio. Ma a proposito ancora della questione più generale. A me ha sempre infastidito quel pregiudizio così largamente diffuso presso tanti «intellettuali», che l’«impegno» abbia necessariamente a che fare con il linguaggio verbale – che debba sempre esprimersi attraverso «discorsi»… Come spiegheresti tu, musicista, a costoro l’errore in cui cadono?
Quanto ho detto mi porta al motivo essenziale per cui oggi, io credo, ci si debba «impegnare» – impegnare in forme totalmente diverse, appunto, dalle retoriche dell’engagement. È proprio infatti la capacità comunicativa dei linguaggi ad essere oggi in pericolo – è proprio quella che Benjamin chiamava la loro «capacità simbolica», ad essere in crisi. Non certo per o in artisti come te – ma certamente per il pubblico cui anche tu ti rivolgi. E non c’è arte senza lettore – così come non c’è realtà senza interpretazione, lo sappiamo ormai bene. Non è indifferente neppure per l’arte più grande che il linguaggio si vada trasformando in mero strumento di informazione, in mero mezzo, in mero «servizio» volto allo scopo, in qualcosa di «economico» e basta. In un «ambiente» refrattario al rischio, all’avventura della comunicazione dubito che anche un Abbado possa essere compreso… (È forse questo il dramma di tanti artisti contemporanei? Non so…)
Ma non credo possiamo ignorare che oggi potenti interessi, potenti organizzazioni, forse ormai un cattivo senso comune spingano a questo esito: concepire il linguaggio, tutti i linguaggi, soltanto come «mezzi»; ridurre il comunicare a mera informazione; trasformare quel lettore o ascoltatore criticamente capace di intervenire nel testo, di dialogare con esso, in spettatore… Homo technologicus, consumans et spectator… Ma questo è oggi programma politico! Esplicito programma politico! Magari non dichiarato – ma infinitamente peggio: subliminalmente costantemente propagandato. Che cosa sono le tre «i» del Cavaliere come summa dell’attuale «Paideia»(Internet, inglese, impresa, sia chiaro tutte cose stra-necessarie, ma forse non esaustive della formazione di una persona capace di affrontare criticamente il proprio tempo)? Che cosa afferma in sé il linguaggio della propaganda del Polo? Quale ne è il «messaggio» profondo se non questo? Allora, davvero, à la Kraus: dobbiamo salvare la «dimora del linguaggio», di tutti i nostri linguaggi – dobbiamo ribellarci a che vengano «sprecati» nella chiacchiera universale – dobbiamo pretendere che vengano riconosciuti nella loro vitale, essenziale funzione – che è, io penso, quella di essere ad-verba, di tendere all’ancora non detto o magari all’indicibile – mai di «servire» il dato di fatto. Questo è l’impegno, e questa la ragione dell’impegno, oggi, contro questa destra.
Claudio Abbado: Sono assolutamente convinto che l’arte e la vita non possano essere concepite come due dimensioni separate. Anzi, direi che l’arte fa parte della vita. Per questo il linguaggio artistico, nelle sue più varie forme, può contribuire sostanzialmente all’evoluzione e al miglioramento della società. Ciò non significa che l’arte debba risultare sempre e obbligatoriamente «impegnata» in modo esplicito. Anzi, l’impegno può davvero raggiungere l’esterno solo partendo dall’interno del linguaggio artistico, ponendosi come modello, come atteggiamento mentale ed esistenziale. Ed è anche questa la ragione per cui non può essere appannaggio esclusivo del discorso parlato, in quanto non è sempre riconducibile a una dichiarazione di principio, ma deve piuttosto esistere come ricerca interiore. Allo stesso modo, non ha senso pensare che un linguaggio sia più nuovo di un altro solo perché risulta tale in apparenza: è la sua qualità intrinseca che lo rende più o meno originale, più o meno significativo. Del resto, molte opere – da Falstaff di Verdi al cinema di Benigni – sanno svelarci anche con la forza dell’ironia gli aspetti nascosti delle situazioni.
Il linguaggio dell’artista, in qualsiasi epoca, deve sapersi confrontare con un pubblico che cambia e che ha aspettative diverse, il quale spesso percepisce e apprezza l’entusiasmo con cui si lavora: pubblico che non va mai sottovalutato e che è interessato ai valori artistici più di quanto non sembri o non faccia comodo pensare.
Proprio perché l’arte è una forma di ricerca e di conferma della vita, è naturale che non possa e non debba allontanarsi dalla società e dai suoi problemi. Ho comunque molta fiducia nella capacità di giudizio delle persone, che sapranno non farsi condizionare dalla propaganda. Penso infatti che dobbiamo rimanere legati alle nostre radici, alla nostra forte e antica cultura europea, anziché rincorrere modelli più facili e superficiali, anche se apparentemente più redditizi.
Cacciari: Non vorrei far la figura di quello che ricorda – ma mi pare che proprio questo era l’«impegno» di un musicista come Luigi Nono – che proprio così parlavate di musica e di politica. Era musica colta, difficile, che richiede attenzione – ma la bellezza è difficile… come è difficile trasformare la realtà e richiede ogni volta ricerca, duro lavoro. Non si può sopravvivere un istante sulla rendita del lavoro già fatto – esso è una domanda, una sfida, un problema – chiede ogni volta di essere re-immaginato, re-inventato. Proprio i grandi classici sono quelli che lo richiedono con più forza! Le tue interpretazioni sono esemplari proprio in questo.
Che cos’è per te adesso l’impegno politico e cosa salveresti per l’oggi di quelle esperienze trascorse?
Abbado: Di quel periodo ricordo positivamente l’entusiasmo con cui cercammo di aprire le sale da concerto come la Scala a un pubblico più vasto, avvicinandolo anche alla musica del Novecento. Proprio ricollegandomi anche alle esperienze di quegli anni, ho capito, nel tempo, quanto sia importante conoscere le culture dei diversi paesi, non solo cercando di comprenderle e approfondirle, ma anche adattando alle loro caratteristiche le iniziative artistiche e culturali.
L’Italia, in questo senso, è un paese particolarmente ricco, perché ogni regione ha la sua cultura e la sua storia, che possono contribuire, in modo specifico, al miglioramento delle condizioni generali del paese. E poiché l’arte e la cultura sono strettamente legate alla qualità della vita sociale, sarebbe importante rivalutare ciò che di meglio è stato fatto nelle diverse città, province o regioni: dalla geotermia o teleriscaldamento di Ferrara, Brescia e Reggio Emilia, applicabile anche ai singoli quartieri, agli asili di Reggio Emilia, talmente all’avanguardia da diventare oggetti di studio da parte di paesi stranieri come gli Stati Uniti o l’Olanda. E ci sono anche casi isolati di fabbriche che sono in grado di recuperare quasi interamente i prodotti di scarto degli altri cicli produttivi e i rifiuti urbani.
Occorrerebbe anche porsi nelle condizioni di evitare le conseguenze devastanti di fenomeni naturali come le alluvioni o le frane. In un’ottica più lungimirante, sarebbe un risparmio spendere anche molto, subito, per prevenire, piuttosto che spendere ancora di più per riparare i danni che sono stati causati dalla disattenzione e dall’inadempienza. Bisognerebbe anche avere la saggezza e l’umiltà di studiare e importare le tecniche più innovative già adottate in paesi che sono maggiormente avanzati nella gestione del territorio, e questo varrebbe ancor più per le regioni italiane che hanno grossi problemi idrici mai affrontati in modo davvero sistematico. Come altre nazioni sanno attingere da noi i migliori aspetti della nostra cultura, così noi dovremmo tenere presente il loro più avanzato livello tecnologico.
Penso infatti che questi interventi di utilità sociale, incidendo concretamente sul benessere delle persone e sulla salvaguardia dell’ambiente, contribuirebbero a creare le condizioni per un modo diverso di concepire l’arte e la cultura e quindi la vita dei singoli e della collettività.
Cacciari: Quali altri motivi vedi cruciali per un impegno oggi? Motivi anche più ravvicinati, più direttamente concernenti la situazione italiana… Si parla poco o nulla di programmi. Il governo di centro-sinistra in questi anni credo abbia fatto parecchio per la riorganizzazione museale, per la riforma di enti lirici e istituzioni (come la Biennale) eccetera. Ma molto ancora rimane. Quale dovrebbe essere secondo te lo «spirito» di una politica culturale nuova? Che cosa fare nel campo dell’organizzazione e dell’educazione artistica e musicale? Dove vedi i nostri maggiori ritardi rispetto alle esperienze europee e internazionali?
Abbado: Come si diceva, bisognerebbe sempre intervenire tenendo conto delle caratteristiche, positive e negative, della realtà che si vuole modificare e migliorare. L’Italia è un paese ricco di energie e possibilità. In questi anni sono stati riaperti molti musei, con l’intento consapevole non solo di valorizzare un bene italiano straordinario e prezioso, ma di restituire a tutti un patrimonio universale.
Per quanto riguarda la musica, credo che non si faccia abbastanza per le scuole, per l’educazione musicale e in generale per la diffusione della cultura musicale. Ad esempio, l’Italia ha molti teatri d’opera, ma ci sono poche sale da concerto, a parte l’Auditorium del Lingotto, l’Auditorium di Milano e l’Auditorium di Piano a Roma i cui lavori si spera possano concludersi in tempi brevi. C’era un progetto di ristrutturazione del Teatro Farnese di Parma, che prevedeva l’apertura di una porta già esistente adesso murata. Guardando ai fatti, penso al progetto fermo da anni per la ricostruzione del Teatro Verdi a Ferrara. I tempi, purtroppo, si sono molto dilatati. Ferrara ha ricevuto un primo finanziamento da parte del ministero per i Beni culturali di dodici miliardi per dare inizio ai lavori, ma nulla si è mosso fino ad ora e questo è un vero peccato, perché la riapertura di un teatro può rappresentare una nuova ricchezza per la città. E parlo di Ferrara, una città che ha fatto moltissimo per le restaurazioni e per la vita culturale. Se in genere i teatri settecenteschi italiani garantivano un equilibrio ottimale tra l’ascolto e la necessità di vedere le scene, i concerti richiedono però anche sale apposite destinate alla musica sinfonica. Solo in questo modo si potrebbero spingere i giovani italiani a conoscere la grande tradizione sinfonica avvicinandoli anche alla musica rinascimentale e barocca e a quella contemporanea. In ogni periodo storico si è infatti ascoltata la musica del proprio tempo e anche oggi bisognerebbe creare le condizioni per capire quali sono i compositori più significativi.
Da vent’anni, inoltre, da quando ho fondato, nel ’78, l’Orchestra giovanile europea, sostengo orchestre giovanili che raccolgono i migliori strumentisti europei e quindi anche italiani.
Ho più volte sottolineato come in Italia i giovani studino musica pensando di diventare grandi solisti, con il rischio di andare incontro a delusioni. Invece, a Berlino, Vienna, Amsterdam o Londra, dove la preparazione culturale è diversa, il sogno degli studenti è di entrare nelle orchestre locali. È per questo che ritengo importante sostenere istituzioni che insegnino a suonare insieme, in formazioni cameristiche e in orchestra. Inoltre, invece di eliminare le orchestre, come è avvenuto in Italia con le Orchestre Rai, bisognerebbe aumentarne il numero e la qualità. Lavorando con la Gustav Mahler Jugendorchester ho anche capito che per accrescere il valore di un’orchestra bisogna affiancarle un’accademia di formazione. Proprio perché da tempo mi batto per la formazione di giovani musicisti e vorrei che altre città in Italia dessero vita alle Accademie di alto perfezionamento per giovani orchestrali come quelle nate a Bolzano e a Ferrara, l’anno prossimo si aggiungerà un’altra sede a Palermo. Si tratta di scuole che possono formare i giovani orchestrali insegnando loro a fare musica insieme con entusiasmo.
È ovvio che questo atteggiamento può diventare metafora di un modo diverso di concepire il lavoro, l’arte e la vita, non incentrato sulla corsa affannosa all’affermazione personale – spesso causa di profonde delusioni – ma sulla gioia che si può provare nell’appartenere a un gruppo, dando il proprio contributo con passione e slancio. Dal lavoro collettivo nasce infatti il risultato davvero alto di un’esecuzione musicale. E questo potrebbe farci riflettere, anche sul piano politico.
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Re: [O.T.]Topic necrologio
Era presidente della Cineteca di Bologna http://www.cinetecadibologna.it/ , uno dei fiori all'occhiello della cultura cinematografica in tutta Italia.vbman ha scritto:Morto anche il regista Carlo Mazzacurati.
"Sapeva molte cose, ma tutte male"