OT - Rutelli venduto?

Scatta il fluido erotico...

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barcode
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#46 Messaggio da barcode »

Perchè voltagabbana?

E' stato il principale fautore della vittoria di Berlusconi alle ultime elezioni!

Ricordate Guzzanti?
"..AH BERLUSCO' RICORDATE DEGLI AMICI!"
Trova il sillogismo della vita

estdipendente
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#47 Messaggio da estdipendente »

toglietemi una curiosita': come fate nel 2005 con il centro europa, asia e stati uniti al galoppo e il resto d'europa che cerca goffamente di tamponare le proprie magagne a stare a parlare di sti cialtroni?
non sarebbe meglio lasciarli perdere visto che non si possono sopprimere fisicamente?

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Squirto
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#48 Messaggio da Squirto »

est... e pensa che probabilmente governeranno tra poco l'itaGlia... :(
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Scorpio
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#49 Messaggio da Scorpio »

Squirto ha scritto:
Scorpio ha scritto:
Squirto ha scritto:
Scorpio ha scritto: chi ha sentito paolo Hendel all'Ambra Iovinnelli?
da morire ma bellissma la conclusione sui voti opposti delle primedonne:

"sono le donne che ci vogliono:
Palombelli Sì, Cicciobello NO,
Daniela Fini e Prestigiacomo Sì, Fini NO,
Lady Veronica Sì, Berluskaz NO
ecco perchè vescovi e cardinali sono così: dategli una donna anche a loro così ragionano !"
ma Fini vota tre SI su quattro... :o
ha cambiato idea: 4 su 4 !
e poi non credi sia un calcolatore..
8)
ma certo che calcola... è un fine politico, calcola ogni cosa, probabilmente.

dicevo solo che, poltrona o non poltrona, calcolo o non calcolo...ben vengano queste prese di posizione. :)
una spiegazione, caro Joe Squirt, non me l'hai data! e non credo che i favorini alla Prestigiacomo bastino a spiegarlo.
vuoi vedere che un fascio feroce sulle droghe, come G.Fini, diventi all'improvviso un liberale della fecondazione convertendesi al buon senso proggressista ?
Ben venga ma non spiega questa mossa suicida!

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Squirto
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#50 Messaggio da Squirto »

sulle droghe e anche altre cose siamo d'accordo...ma non penso sia piu' cosi' "fascio", su... certi termini li riservo per chi lo è davvero (come quelli che si sono indignati per le affermazioni sul fascismo e la visita in israele)...altrimenti si perde il senso della misura.

perchè l'ha fatto non lo so, lo sa solo lui... pero' che il leader del più grosso partito di destra italiano ribadisca la laicità  dello stato, non puo' che essere positivo. no?
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#51 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Secondo Storace la mossa di Fini è frutto di un preciso calcolo: colpire alcune correnti di partito; insomma, uno scontro interno ad AN, peraltro da tempo latente.
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”

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Squirto
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#52 Messaggio da Squirto »

ovvio, ma se serve alla creazione di una destra laica, ben venga. ;)
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#53 Messaggio da Romeo »

Quel volpone di Rutelli ha avuto perfin ragione dopo il voto....

Ma la verità  è che ha detto così solo perchè quello scandalo di Rosi Bindi ha fatto lei la legge obbrobio in questione, e allora non poteva sconfessare una del suo partito... :bleh:

Onori a Gianfranco Fini per aver avuto l'intelligenza e il coraggio di comportarsi così, l'opposto di Rutelli !!!

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#54 Messaggio da Squirto »

A settembre «mescolati» i gruppi parlamentari di FI, An e Udc
«Moderati dell'Ulivo venite con noi»
Berlusconi: «La Casa comune dei moderati si farà  e sarà  un soggetto politico nuovo, non l'assemblaggio dei partiti esistenti»

ROMA - «Le forze democratiche dell’Ulivo non possono che concludere il loro cammino che in una forza democratica e popolare e non continuando ad autoannullarsi in una perenne alleanza con Rifondazione comunista». àˆ questo l'appello che Silvio Berlusconi ha lanciato a Francesco Rutelli e ai «moderati dell'Ulivo» per passare con il centrodestra alle prossime elezioni.

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Poli ... tito.shtml
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#55 Messaggio da camminatore »

barcode ha scritto:Perchè voltagabbana?

E' stato il principale fautore della vittoria di Berlusconi alle ultime elezioni!

Ricordate Guzzanti?
"..AH BERLUSCO' RICORDATE DEGLI AMICI!"

"Berlusco', ma perchè cell'hai co mme? Ma io sto a lavorà  per te!
Mannaggia l'ingrato, ahó! Só cinque anni che te portamo l'acqua cole
recchie! Ma che ce voi pure 'a scorza de limone? a Berlusco'! Me fa
rabbia, ahó! Tutti a dì che in cinque anni nun avemo fatto niente. Ma in
cinque anni de centrosinistra manco t'avemo toccato le televisioni. Nun
te piaceva Prodi? Tre l'avemo mannato a l'estero, tac, trappolone,
mannace 'na cartolina da Bruxelles! Questi só fatti... Ma perchè sei
così 'ngrato? D'Alema la prima cosa che fa è annà  a Mediaset a dì che è
'na grande industria culturale e che te sei 'n grande statista europeo,
e pubblica tutti i libri co la Mondadori. Bossi faceva er drogato? Se lo
semo pijati noi, te l'avemo disintossicato e te l'avemo ridato co la
garanzia, ahó! Te dava fastidio Veronesi che nun piaceva ar Santo Padre?
Te l'avemo isolato, nun se candida più: perchè noi er Santo Padre
l'anticipamo, nun ce deve manco telefonà . Berlusco', ma che c'ho che nun
te va? So troppo arto? Me sego le gambe! Ma che devo fa, Berlusco'?
Tutti te volevamo bene, ma che voi de più, ahó! Sei n'ingrato! Sei 'n
padrone cattivo! Noi se semo fatti in quattro per te, Silvio, nun
t'avemo mai chiesto li straordinari, manco li sabati e le domeniche, pè
te, ahó! Pè fatte stà  tranquillo sula barca. Gnente, ahó! A me me frega
gnente, mo' vado a Bruxelles. Ma me dispiace pè tanti omini onesti de
l'Ulivo che hanno lavorato e lavorano pè te... Er Paese nun è de destra
e manco de sinistra: er Paese è de Berlusconi! Io nun so chi vince 'sto
conflitto elettorale. Posso dì sortanto 'na cosa: che, se vince
Berlusco'... Berlusco', ricordate de l'amici! Ricordate de chi t'ha
voluto bbene!"
"signori: tenete a mente le parole di un profeta !! lo scudetto 2006 è del milan "
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http://www.superzeta.it/viewtopic.php?t=16189&postdays=0&postorder=asc&&start=0

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#56 Messaggio da camminatore »

"signori: tenete a mente le parole di un profeta !! lo scudetto 2006 è del milan "
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#57 Messaggio da Squirto »

walker, c'è un altro topic per questo... lo tiro su...
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#58 Messaggio da Kaisersoze »

ecco il suo intervento, un ora e quaranta di argomentazioni, condivisibili o meno, ma almeno ha parlato e ha spiegato.


Conferenza pubblica di Francesco Rutelli Roma, 3 giugno 2005.
[size=18:ebe2b2bae0][b:ebe2b2bae0]La mia scelta laica per i quattro referendum[/b:ebe2b2bae0][/size:ebe2b2bae0]



Grazie, amiche ed amici che avete avuto la gentilezza di riunirvi qui.
Vi ringrazio di aver trovato il tempo e la cortesia di ascoltarmi in un'occasione in cui vi vorrei illustrare le motivazioni che portano alla mia scelta per i quattro quesiti dei referendum sulla procreazione medicalmente assistita.
Sono motivazioni che espongo come politico, come parlamentare e non come presidente de La Margherita-Democrazia è Libertà , poiché ciascun iscritto e dirigente del mio partito ha pieno diritto di esprimersi sulle materie del referendum in libertà secondo le proprie convinzioni. Come presidente del partito sono impegnato a tutelare questo diritto.
In materia di bioetica, direi meglio di biopolitica, non può esistere una disciplina di partito, né tanto meno dovere di adeguarsi alle opinioni prevalenti. Anche per questo sono risultati a me piuttosto chiari la forzatura e l'errore che partiti della Federazione dell'Ulivo - non, appunto, la Margherita, che ha preservato questa posizione di rispetto pieno ed anzi di promozione di una libertà di espressione politica e non solo personale su queste materie - hanno compiuto nel promuovere in quanto partiti questi referendum. Intanto, come abbiamo detto in passato, per la mancata informazione degli altri partner su una iniziativa tanto rilevante che fu assunta in modo unilaterale; poi, per il contenuto dell'iniziativa: vorrei ricordare che l'iniziativa è stata spinta anche da parte di alcuni partner autorevoli sino a sostenere il referendum integralmente abrogativo della legge 40, che se non fosse stato dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale avrebbe potuto portare ad approdi davvero imbarazzanti - cito tra questi la via alla clonazione di esseri umani, la selezione eugenetica degli embrioni, l'inseminazione post-mortem, l'utero in affitto, tutti temi che erano stati risolti dalla legge 40 e che la sua integrale abrogazione avrebbe riaperto (persino, probabilmente, la produzione di ibridi e chimere che oggi è esplicitamente vietata dalla legge 40).
C'è però un altro motivo che è stato del tutto trascurato in questi 2 anni: i referendum contrastano con il programma dell'Ulivo, l'Ulivo di questa legislatura 2001-2006, che affermava tra l'altro (e, anzi, afferma, perché è a questo programma che noi siamo legati in questa legislatura) : "Quanto alla procreazione assistita, va sottoposta a un effettivo controllo - oggi del tutto assente. è accettabile solo in caso di sterilità e deve tener conto dell'interesse di chi deve nascere. La fiducia nelle possibilità e nelle capacità di autoregolamentazione della scienza non solleva tuttavia la politica e la legislazione dall'obbligo di una stretta vigilanza sulle manipolazioni della vita, ormai tecnicamente a portata di mano". Questo è il riferimento nel programma dell'Ulivo che - lo ripeto - vincola politicamente tutti noi in questa legislatura. Si tratta di argomenti seri, anche se non sono stati sufficientemente considerati.
Io non voglio qui trasformarli in questioni di polemica politica. Anzi: mi auguro che possiamo ritrovare dopo il referendum dentro il centrosinistra, ma ben oltre, nell'intero fronte parlamentare, la capacità di pensare e progettare alto sui temi della biopolitica. Temi che incrociano le grandi questioni della vita, della scienza e della responsabilità politica. Ed è anche per questo che sento oggi il dovere di dire con chiarezza quello che penso.

Vi ringrazierò se avrete la pazienza di ascoltarmi, considerando che non parla davanti a voi un tecnico, una persona che ha una competenza specifica su questi argomenti, ma - permettetemi di dirlo - un cittadino che nell'arco di questi anni ha cercato di formarsi un'opinione e che oggi - come al momento di discutere e approvare la legge 40 - si trova nella condizione di votare o non votare, scegliere comunque di fronte a questi referendum.
Vorrei innanzi tutto che questa opinione venga percepita interamente come espressione di una cultura laica.
Credo che sia laico il cattolico nella vita pubblica che sceglie in base al ruolo che svolge nelle istituzioni e nella società . Che sia laico chi rigetta i preconcetti e costruisce con razionalità le sue scelte. Che non sia laica la scelta di quanti subordinano ad un comando o ad una obbedienza il proprio orientamento. Che non siano laici quei laicisti che pregiudizialmente rifiutano di considerare opinioni espresse anche corrispondendo ad una ispirazione religiosa.
Il tentativo che farò oggi è volto a cercare di rintracciare, se pure problematicamente, riferimenti che credo possano interessare, riguardare in modo appunto laico ciascuna persona del nostro paese. E che sento particolarmente importanti e rilevanti per il bagaglio ideale e culturale per il cittadino che si consideri democratico, riformista, progressista. Sono temi che interpellano la cultura progressista di questo paese.


Innanzitutto vediamo, riassumiamo cosa riguardano i quattro referendum su cui 50 milioni di italiani sono chiamati a votare il 12 e 13 giugno. Sono questioni molto differenti tra loro. Ognuna di esse esige risposte molto diverse. Non sono infatti solo quesiti politici o politico-legislativi. Impongono a 50 milioni di italiani conoscenze e valutazioni su questioni scientifiche, mediche, biologiche dalla rilevante sofisticazione tecnica; ma anche giuridiche e giurisdizionali; ma anche squisitamente etiche; e, ancora, sociali, e filosofiche.

Cosa chiedono agli italiani i 4 referendum? Sulla prima scheda gli elettori leggeranno: "Procreazione medicalmente assistita. Limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. Abrogazione parziale". E' una proposta abrogativa che interviene su quattro diverse parti della legge 40. In sintesi, se prevalesse il sì, si deciderebbe il via libera alla possibilità di congelare un numero illimitato di embrioni, si consentirebbero le sperimentazioni sugli embrioni, si autorizzerebbe la clonazione terapeutica degli embrioni.
Sulla seconda scheda gli elettori leggeranno: "Procreazione medicalmente assistita. Norme sui limiti all'accesso. Abrogazione parziale". Con questa proposta si modificano 10 diverse parti della legge 40. In sintesi, si abolirebbe una responsabilizzazione al ricorso prioritario - cito - ad "altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità ". Si abrogherebbe il "principio di gradualità ", prima di far ricorso a tecniche invasive. Si consentirebbe in astratto la facoltà di creare embrioni rifiutandone successivamente l'impianto. Si autorizzerebbe la produzione di un numero indefinito di embrioni. Si autorizzerebbe la diagnosi genetica pre-impianto.
Il terzo referendum ha come titolo sulla scheda che 50 milioni di elettori si troveranno davanti: "Procreazione medicalmente assistita.
Norme sulle finalità , sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all'accesso. Abrogazione parziale". Abolirebbe l'articolo 1 della legge, ovvero il diritto di tutela del concepito.
Il quarto referendum. Sulla scheda sarà scritto: "Procreazione medicalmente assistita. Divieto di fecondazione eterologa. Abrogazione del divieto". Intende abolire tre parti della legge 40, in modo da consentire la fecondazione eterologa.

Questa è la descrizione essenziale dei quesiti: ognuno in questa sala - dove pure ci sono molti addetti ai lavori e persone motivate e informate - è consapevole delle grandi sfide, delle interpellanze culturali che queste domande attivano. I promotori del referendum, naturalmente, non potranno mai, salvo in conferenze per super-addetti ai lavori, neppure leggere per intero quello che io vi ho appena riassunto. Li comprendo.
Per "popolarizzare" i quesiti, essi debbono presentare al grande pubblico manifesti che non parlano di questo; manifesti con genitori innamorati che chiedono di poter avere dei figli; scienziati che reclamano libertà per la loro disciplina; anziani che esigono una ricerca in grado di combattere malattie devastanti come l'Alzheimer o il Parkinson. Ho letto, tra gli slogan dei promotori, questo rassicurante concetto: "Vogliamo consentire a chi vuole avere figli di averli, di far nascere bambini e di farli nascere più sani". Ma è davvero così? Nella contesa referendaria, a questioni complesse, corrisponde una semplificazione. A questioni molto complesse, una estrema semplificazione.

Nei dibattiti in cui non prevale questo richiamo sorridente che ho citato prima, ma in cui prevale la propaganda, il clima è tuttavia diverso: si tratta di prendersela con "il clero invadente" - tutto quello che sto per dire è tra virgolette -, "con una delle leggi-mostro del Governo Berlusconi", "di stampo medievale", una legge "oscurantista", "crudele", "incivile", "barbara" "crudele"; con "lo Stato che pretende di entrare nelle camere da letto e di impedire le libere scelte degli Italiani"; "con questa legge si impedisce ai nostri ammalati di essere curati dalle malattie degenerative, negando loro la possibilità di salvezza"; "si umiliano le donne italiane e si va contro la loro salute"; "si pretende di decidere sulla genitorialità delle persone"; "si colpisce il - cosiddetto - diritto alla paternità e alla maternità "; "si mette il legame di sangue prima del legame tra genitori e figli"; "è una legge disumana che nega i diritti individuali".
Queste espressioni che vi ho letto sono tutte citazioni testuali, e hanno qualcosa in comune. Sono state pronunciate o scritte non da attivisti alle prime armi, ma da parlamentari della Repubblica. Non li citerò.


E' giusto? torno sulla domanda di prima. E' normale che ci disponiamo con questa modalità di discussione, di confronto?
Penso che non sia giusto. Penso che non sia saggio, ma penso che sia fatale, se si vogliono presentare quattro complicati quesiti referendari in modo da mobilitare gli elettori italiani. Naturalmente, sono molti coloro che usano in questa campagna referendaria per il SI espressioni rispettose e corrette. Come non mancano certo sul fronte opposto forzature e radicalizzazioni del tutto inopportune.

Tuttavia, a noi tocca di prendere un'altra strada; tocca a chi vuole partecipare a questa campagna referendaria senza rinunciare a far crescere una consapevolezza condivisa sulle prospettive, le implicazioni, le scelte che la dirompente crescita delle opportunità scientifiche porta con sé.
La vastità dei problemi introdotti da questi referendum porta una serie di domande. E' su questo filone che vorrei svolgere, oggi, il mio ragionamento ad alta voce. Perché credo che porre domande, dubbi, interrogativi di fondo sia molto più utile per avvicinare queste materie che non una raffica di asserzioni apodittiche; di decreti politici, scientifici, morali.
In particolare chiedo: ma non sarebbe stato più giusto sperimentare il funzionamento della legge, che è stata approvata dopo un lunghissimo travaglio, e mettendo fine ad un'obiettiva situazione di caos, piuttosto che sottoporre subito 50 milioni di italiani alla scelta dei referendum abrogativi? Molte esperienze europee indicano che grandi paesi- penso alla Germania, al Regno Unito, alla Svezia - che pure hanno legislazioni assai diverse tra loro, hanno proceduto nel tempo a verificare, assestare, modificare le norme in vigore, sulla base dell'esperienza, dell'evoluzione del processo scientifico. Temo che anche in questo campo tanto delicato l'Italia rischi di essere quel paese delle "mezze leggi" che è diventato in tanti altri settori: il paese delle riforme avviate e fermate, delle riforme approvate e poi subito rimesse in discussione prima della loro stessa verifica di applicazione, senza neppure tirarne un bilancio.
Eppure, verificando i dati finora disponibili e pubblici, risulta che nell'arco del primo anno di applicazione della legge 40/2004 il calo nella percentuale di gravidanze ottenute sia nell'ordine del 3%, diversamente da notizie allarmistiche apparse nelle settimane scorse. Quindi, una realtà che merita una più seria verifica concreta, non certo giudizi liquidatori.

Del resto, le diversità di approcci su basi nazionali - fatemi dire questo alla luce dell'esperienza che ho fatto per 5 anni da parlamentare europeo nella passata legislatura - rispetto alle questioni della PMA, ma più in generale sui temi bioetici, non permettono di arrivare ad una regolazione europea e internazionale. Ogni Paese ha una regolazione diversa: la legislazione in queste materie è nazionale, cioè espressione delle culture scientifiche, sociali, anche degli orientamenti religiosi che si sono prodotti storicamente in ciascun Paese. Io l'ho verificato personalmente: quando al Parlamento europeo si è cercato di arrivare ad una definizione unitaria non ci si è riusciti, ed emergevano alla fine tutte posizioni di minoranza, sia sul piano della divisione politica, partitica, che su quello delle appartenenze nazionali. E non è un caso. Credo che anche partendo da questo punto di vista è bene che l'Italia sperimenti, che l'Italia rifletta, che l'Italia si confronti.


Del resto, la legge ha migliorato una serie di materie, come accennavo prima. Le mamme-nonne: la stampa ha riportato molti casi-limite di madri ultrasessantenni. L'utero in affitto, cioè la maternità surrogata che, ad esempio, è permessa nel Regno Unito. Così come nel Regno Unito è permesso che donne che pur non hanno interesse all'inseminazione producano ovociti per creare embrioni "freschi", eventi totalmente sganciati dal tema procreativo. L'inseminazione post mortem, che è tuttora permessa sia nel Regno Unito che in Spagna. Fino a ieri gli embrioni venivano tout court buttati; la quota che veniva utilizzata era minima. I 30 mila che sarebbero oggi in stato di crioconservazione - i 300 mila di cui si parla a livello internazionale - sono una realtà con cui dobbiamo misurarci, cui dobbiamo delle risposte. Ricordando che a tutte quelle realtà negative la legge ha tentato di porre rimedio.
E a partire da questo vorrei anche sollevare, se mi permettete, un aspetto di fondo, ponendo un interrogativo. Discutiamo molto il fatto che con questa normativa, o meglio con il referendum, sia in ballo una questione di libertà . Penso che sia una coniugazione discutibile del concetto di libertà : io non voglio vietare, non voglio impedire che dei genitori - anche se magari sono personalmente dubbioso o contrario - possano far ricorso, se lo vogliono, alla fecondazione eterologa.

Abbiamo conosciuto in Italia diverse stagioni che sono passate sotto il titolo di "conquiste di diritti", sociali, civili, economici. Ma forse abbiamo capito al termine di queste stagioni che occorre trovare un equilibrio tra i diritti e i doveri. Questi referendum costituiscono secondo me un drastico arretramento verso una declinazione astratta del concetto di diritti: non ci sono diritti, né vengono previsti dai promotori dei referendum doveri verso il concepito - tra l'altro, mi chiedo tra parentesi: ma se c'è questa indifferenza di fronte al tema della vita nascente, perché non si ha conseguentemente la determinazione di dire che anche le manipolazioni genetiche sull'embrione sono lecite?

C'è un altro concetto che si associa alla concettualizzazione astratta dei diritti: non vorrei che seguendo questa dinamica il diritto alla salute si stia muovendo nella direzione di una sorta di obbligo di essere sani. Credo che dobbiamo riflettere sia sul tema dei diritti e delle responsabilità , sia sui confini attorno ai quali si declina la questione del diritto alla salute, in una certa misura aprendo la strada - questo è il punto concettuale secondo me più delicato - alle prospettive di selezione eugenetica.
In che misura, cioè, una configurazione di diritti senza responsabilità non ci sta facendo varcare sottilmente, di fatto senza accorgercene, questo confine?

Il tema che voglio sollevare è quindi quello dei necessari dubbi e dei quesiti etici che interrogano la responsabilità pubblica. Quella delle frontiere che rischiamo di varcare, nell'indifferenza, trovandoci poi effettivamente in un "mondo nuovo", come ha scritto Huxley. E' così diverso duplicare embrioni, clonare embrioni, rispetto al tentativo di clonare una persona? Fino a che punto è lecito sbarazzarsi di uno o più embrioni? Chi stabilisce il confine accettabile, prima che si entri nella deriva della selezione genetica, attraverso l'analisi del DNA di un embrione?

Noi sappiamo che si sta diffondendo, nei paesi in cui è lecita, la diagnosi per accertare il sesso del nascituro (qualcuno la definisce family balancing, equilibrio familiare!). Quando saremo su questa strada, quando ci fermeremo? Dove ci fermeremo?
E' un problema non italiano, ma mondiale. E' stato descritto il caso del Bangladesh. In Bangladesh ci sono 8 milioni di maschi più che le femmine, perché ci sono almeno altrettanti nascituri, feti di donne, che sono stati gettati via.
Credo che ci sia una strada che riguarda l'Italia, ma certamente gli interrogativi riguardano tutto il mondo, riguardano la nostra capacità di giudicare e intervenire come opinione pubblica globale, non solo come decisori nazionali.. Cito solo due casi recentissimi, che sono in corso di esame, in due paesi democratici e civili.


Pochi giorni fa il ministero della sanità israeliano - suscitando un vespaio di reazioni, e infatti la norma non è ancora stata resa esecutiva - ha deciso di autorizzare in alcuni casi la scelta del sesso dei figli attraverso l'esame genetico degli embrioni nella fecondazione assistita, fissando alcune condizioni, tra cui che la coppia abbia già almeno 4 figli, tutti di uno stesso sesso. Caso per caso, toccherebbe ad una commissione di esperti valutare se dare l'autorizzazione alla selezione degli embrioni.
In Spagna, il governo - anche questa non è ancora legge - ha approvato una proposta che permette di selezionare gli embrioni, e di impiantare quelli che favoriscono la nascita di futuri neonati da cui prelevare cellule per la cura di fratelli malati.
In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad esigenze molto rispettabili. Ma incamminatici per questa strada, con le diagnosi genetiche preimpianto, dove ci fermeremo?
Faccio una citazione dal Foglio del 14 gennaio 2005 (il Foglio che, secondo me, va elogiato perché ha raccolto una copiosa, e oltretutto dialettica, espressione di posizioni e opinioni nell'arco di questi mesi, spesso molto interessanti). Una citazione di French Anderson, dell'University of Southern California, genetista: "Da qui al 2050 i futuri genitori potranno sottoporre gli embrioni ottenuti con l'inseminazione in vitro a test genetici per individuare anomalie; quindi eliminare ogni gene a rischio, evitando di trasmettere alla prole malattie ereditarie. E si faranno anche interventi genetici sugli embrioni perché nessun genitore accetterà più, potendolo, di passar al figlio un gene mortale se esiste un metodo semplice ed efficace per impedirlo prima della nascita".

Jacques Testart ha scritto in un interessante volume edito 4 anni fa in Francia, "Au bazar du vivant" (il bazar della vita umana): "Così le coppie, se non altro per un senso del dovere nei confronti del nascituro, non lo faranno più stupidamente a caso, come hanno sempre fatto, ma tenteranno fin dall'inizio di dargli il maggior numero di possibilità ".
Sono dubbi e interrogativi che penso meritino di riguardare la nostra riflessione. E sono dubbi su come lo sviluppo scientifico intervenga sul senso della vita.
Ma fare questo significa interferire con il progresso della scienza? è un'altra questione fondamentale da prendere in considerazione. Io penso che nella discussione biopolitica proprio il rapporto tra scienza e fattore umano, l'orientamento della ricerca al di fuori delle convenienze prioritarie del mercato, sia uno dei grandi temi del futuro. Ma dov'è il dibattito su questo? Eppure è una sfida formidabile per la politica. Significa concorrere a definire delle priorità per la scienza, per la ricerca che corrispondono a valori umani condivisi, che sono interesse di tutti i cittadini, di chi elegge il governo e i propri rappresentanti. Significa forse limitare in modo distruttivo la scienza e la ricerca?
Andiamo a vedere questo tema. Secondo me c'è nel nostro tempo una ricerca che non si fa, o che si fa in una misura assolutamente trascurabile. Vedo qui l'amico Romano Forleo, che tanto se ne occupa. C'è un accesso a cure e medicinali che è negato ai più poveri. Di che deve occuparsi la politica, se non anche di questo? Si veda la battaglia del Sudafrica per un accordo sui diritti dei medicinali anti-AIDS. Hanno buone ragioni le aziende farmaceutiche che hanno speso per la ricerca e la sperimentazione di far valere quei diritti, ma c'è anche il dovere della comunità internazionale di difendere i diritti dei disgraziati che oggi sono affetti da HIV ad avere l'accesso ai farmaci di cui hanno bisogno poiché "la mia vita è adesso, è qua".
Credo che oggi ci sia un'organizzazione delle priorità economiche globali che è uno scandalo permanente. Quante sono le donne che muoiono per gravidanza e parto nei paesi poveri?
Mezzo milione di donne all'anno, perché non esiste per loro assistenza ostetrica. Su 1000 bambini che nascono, in occidente ne muoiono 6; nei paesi più poveri, 160. è o non è questa una battaglia prioritaria per quanti pongono giustamente il problema di un diverso mondo possibile, di una visione diversa della globalizzazione? è uno dei temi umani e politici più importanti da mettere in campo, e propri di una cultura progressista, aperta, legata a valori umanitari. E, fatemi dire, questa non è anche una battaglia prioritaria per la specifica condizione femminile, oltre che per la condizione umana? Ma continuo con le domande.
Quanta ricerca si fa per sconfiggere alcune tra le peggiori malattie flagello del Terzo Mondo? Sappiamo che negli ultimi anni la speranza di vita in alcuni paesi africani più poveri si è accorciata, mentre scienza, tecnologia, medicina hanno fatto progressi giganteschi. Sappiamo che ci sono circa un miliardo di persone che vivono con meno del denaro che in Europa destiniamo ai sussidi per una vacca, per un bovino.
Quanta ricerca si fa per contrastare le malattie rare, in casa nostra, che non hanno un mercato? E' giusto che la ricerca che abbia poco mercato scompaia gradualmente, e che le esigenze del mercato dominino così strettamente le priorità della ricerca?
Mi chiedo e vi chiedo: di cosa deve occuparsi la politica se non di correggere questo degrado civile?
Non dovrebbe essere questa una delle più grandi battaglie progressiste?
Cito di nuovo il programma dell'Ulivo 2001-2006: "Italia ed Europa devono combattere quello che l'associazione internazionale di bioetica ha definito il maggior problema bioetico contemporaneo: il crescente divario, in termini sanitari, fra aree ricche e aree povere del mondo. La salute è infatti un bene indivisibile. La prevenzione e la ricerca sulle malattie diffuse nelle aree depresse o sottosviluppate, e l'accesso a farmaci e terapie, devono diventare il primo passo verso una politica sanitaria globale".
Anche questo è il programma dell'Ulivo; questa è la nostra cultura; questi temi dovrebbero spingerci a una grande e forte mobilitazione civile e politica. Credo che, tra l'altro, la politica per la scienza dovrebbe indurci a sostenere una ricerca che va in questa direzione.

Ovvero, una scienza che abbia grande vocazione umana, spinta verso grandi innovazioni, grandi progressi, in cammino entro un alveo etico accettabile. Non so se intendiamo l'intervento sulla vita umana come quei videogiochi che hanno tanti quadri successivi, tante zone da esplorare progressivamente. Ecco: definiamo le regole, i limiti, maneggiamo bene il joystick. E studiamo bene il "mondo" in cui stiamo per entrare, il quadro successivo, prima di accorgerci delle implicazioni etiche e delle conseguenze della nuova esplorazione.



La discussione, del resto, è di una complessità immensa. Fatemi fare una sola annotazione da incompetente, come persona che legge e studia di questi argomenti ma è privo di strumenti scientifici. Ad esempio, il tema del rapporto uomo - animale. Se è vero che gli scimpanzé condividono la grandissima parte del genoma umano, la prospettiva di una chimera - sappiamo che la chimera era, nella mitologia greca, un incrocio di leone, capra e serpente - di una chimera uomo-scimpanzé è molto attraente per alcuni ricercatori, perché se ne faccia un enorme laboratorio di innovazioni. E sappiamo che l'Accademia Nazionale della Scienze degli Stati Uniti sta discutendo sulle linee guida per la "ricerca chimerica" (un percorso iniziato con le celebri vicende degli scienziati di Edimburgo, in Scozia, che hanno parecchi anni fa combinato gli embrioni di una pecora e di una capra).
Allo stesso tempo, però, quanti di noi riflettono sul fatto che è invece accettabile la politica degli xenotrapianti, ovvero che l'uomo possa sopravvivere attraverso organi donati da animali? è molto stretto lo spazio per una spiegazione. Probabilmente, se si parlasse con una persona per la strada sarebbe facile confondere due fatti tra loro eticamente incommensurabili, ovvero che si determini un ibrido uomo-animale a fini di ricerca oppure che la vita animale venga utilizzata per salvare la vita dell'uomo.
Sono problemi di una complessità enorme, dicevo, e credo che non ci aiutino molto nel risolvere questi interrogativi etici, nello stimolare e organizzare la valutazione su questi temi, giudizi come quello che ho letto da parte di una persona, un grande medico - del quale ho profonda stima per l'operato di livello mondiale nella lotta contro il cancro - che è stato anche Ministro della Sanità , il Professor Umberto Veronesi. Egli ha dichiarato: "Uno scimpanzé che cos'è? Un essere vivente con una differenza minima nel genoma rispetto all'uomo. Talmente minima, i geni sono uguali al 99,5%, che potenzialmente potrebbe essere un progetto di uomo. E allora perché non tutelare anche lui? La Chiesa in realtà ha una visione antropocentrica: solo l'uomo conta. Ma io che sono animalista e vegetariano mi chiedo, provocatoriamente, perché non tuteliamo anche gli embrioni degli scimpanzé, anch'essi sono progetti di esseri umani". Allora, di fronte agli interrogativi che vi ho posto, e che pone una persona come me che non ha nessuna competenza scientifica, in quale direzione portano dichiarazioni come queste?
Io penso che la centralità dell'uomo sia il fondamento della nostra cultura civile, non solo del nostro orientamento religioso, che siamo agnostici, che siamo credenti in una o l'altra confessione.
Ripeto, io mi sento il più disarmato di tutti, ma non inabilitato ad esprimere questo tipo di dubbi.


Ecco perché giudico terribile la polemica che si fa talvolta stravolgendo le materie di questi referendum. Mi auguro che negli ultimi giorni della campagna referendaria questi argomenti scompaiano, perché ci sono troppi che sostengono che le limitazioni alla creazione e distruzione di embrioni contenute nella legge 40 equivarrebbero niente meno che alla condanna a morte di persone affette da gravi o gravissime malattie.
Eppure, sappiamo benissimo che le sperimentazioni sugli embrioni - che pure restano permesse in molti altri paesi del mondo, e che erano lecite ancora in Italia fino a poco tempo fa - non hanno consentito che una sola persona sulla terra sia stata curata con il prodotto di queste ricerche sulle staminali embrionali, mentre sappiamo che molte persone sono state curate e guarite attraverso le staminali adulte. Questa è una verità clamorosa, tanto più in quanto pressoché ignorata nel confronto di idee e argomenti in corso.
Perché allora - anziché lanciare anatemi come quel quotidiano che quattro giorni fa ha titolato nell'apertura di prima pagina: "Referendum, 4 milioni di malati condannati dalla legge crudele" - perché non accordarci per finanziare e lanciare in Italia un grande progetto nazionale sulle cellule staminali, non embrionali, ma tessuto specifiche?

Io propongo che la prima legge da approvare in questo ambito dopo il referendum riguardi proprio il finanziamento e l'organizzazione della ricerca sulle staminali adulte, quelle ricavate in particolare dal cordone ombelicale e dai feti abortiti spontaneamente.
E cioè che l'Italia sostenga la ricerca anche per la produzione - come ha ricordato l'illustre biologo Angelo Vescovi - di cellule staminali embrionali ricavate senza creare e distruggere embrioni, come già si sta facendo con un importante linea di ricerca realizzata recentemente a Chicago.

Io non sono uno scienziato; né un filosofo; né un esperto di bioetica. Ho letto tuttavia nell'ultimo libro di Vescovi ("La cura che viene da dentro") qualcosa che voglio leggervi: "Non è vero che l'unica sorgente continua e abbondante di cellule per il trapianto, o la migliore, sono le staminali derivate da embrioni umani. Non è così.
Già lo abbiamo visto a proposito delle cure per i tumori del sangue, per il trapianto di pelle nelle grandi ustioni, per quelli di cornea o di osso di cartilagine che sono già impiegati nella pratica clinica, come cure salvavita, o in fase di sperimentazione avanzata. Tutte queste terapie usano proprio staminali adulte la cui prolificazione in vitro o dopo il trapianto è notevolissima. Ma per molti altri tipi di staminali adulte, la moltiplicazione in coltura resta una chimera. Ma per questo ci si rifà alle staminali tessuto specifiche fetali. Per il cervello queste già esistono e stanno per essere sperimentate in clinica. Eppure nelle discussioni pubbliche su staminali adulte o embrionali c'è sempre, SEMPRE, qualcuno che insiste nel dire che l'uso degli embrioni servirà a curare terribili malattie neurovegetative quali Alzheimer, Parkinson, corea di Huntington o sclerosi laterale amiotrofica (per non essere da meno anche i neurofarmacologi dicono la stessa cosa ogni volta che misurano effetti anche minimi di una nuova molecola). (...) Perché questo, purtroppo, implica la distruzione e la morte dello stesso embrione, prodotto apposta per essere distrutto. Personalmente - dice Vescovi che, come sapete, non è credente - considero l'embrione una vita umana, a tutti gli effetti inviolabile e quindi non producibile ai fini di un successivo sacrificio, per quanto nobile il fine ultimo possa apparire. (...) Ci sono dunque alternative alla creazione di embrioni. Una era stata proposta dalla prima commissione italiana sulle cellule staminali voluta dall'allora Ministro della Sanità Umberto Veronesi e alla quale partecipavano noti eticisti e genetisti. (...) Prevedeva la possibilità di prelevare una o due cellule staminali dall'embrione, senza danneggiarlo, così che potesse poi essere impiantato e proseguire il suo percorso vitale. Quanto alle cellule isolate sarebbero state usate per coltivare e stabilire delle linee cellulari che producessero cellule embrionali in continuazione. - la clonazione di cellule embrionali, senza"uccidere l'embrione" è del tutto legittima eticamente. Mentre il dibattito sulle staminali continua ad essere artificiosamente focalizzato su come produrre cellule da trapiantare, stiamo rischiando di perdere di vista il vero obiettivo - rigenerare i tessuti malati - e di ritrovarci con tante cellule e nessun modo di usarle. Certo, se usciamo da questa visione ristretta del problema molte delle teorie di chi propone l'uso di staminali embrionali come unica possibilità crollano (...) Stiamo concentrandoci sulle fabbriche dei mattoni, ma di crescere e formare architetti, ingegneri, muratori non se ne parla. Per sapere come effettuare un trapianto efficace non possiamo pensare solo a produrre cellule in quantità industriali: dobbiamo studiare i meccanismi che sono normalmente alla base dell'introduzione di nuove cellule mature nei tessuti adulti, studiarli negli organi in cui questo processo avviene normalmente nell'arco di tutta la vita, studiare le cellule staminali adulte nell'atto stesso di rigenerare il tessuto. E' grazie alla conoscenza di questi meccanismi che saremo in grado di utilizzare il trapianto di nuove cellule, a prescindere dalla loro derivazione, embrionale o adulta". E conclude col dire che questo tipo di ricerca non viene finanziata.
Questo è il punto politico cui ritorno. "Basti pensare alla California, uno stato pieno di debiti e da anni sull'orlo della crisi di bilancio, i cui cittadini hanno approvato un ulteriore indebitamento di 3 miliardi di dollari per sovvenzionare, con 300 milioni di dollari all'anno fino al 2015, un centro privato che farà ricerca sulle staminali embrionali, ma non su altri tipi di staminali, il cui uso terapeutico è già realtà ".



Vi ho fatto comprendere quello che penso per quanto riguarda il tema dell'embrione, e voglio essere molto chiaro: questa discussione non ci deve portare, non ci porterà , nel momento in cui noi consideriamo la solitudine della vita nascente, che non ha interlocutore, donna, altro genitore, famiglia, a negare che in questo senso c'è una profonda differenza con la tragedia dell'aborto.
Dico con chiarezza che non si può prendere spunto da questo referendum per superara la legge 194 sull'aborto.
Sarei personalmente contrario. Anche se sono consapevole che non tutto si fa per disincentivare l'interruzione di gravidanza: tutto quello che uno stato, che una comunità può fare per scongiurare un'interruzione di gravidanza è necessario farlo. Tuttavia, due soggetti fondamentali sono in causa. Oltre alla creatura che vuole nascere, la donna. E l'altro genitore. E, nell'assieme, vi è spesso una famiglia. L'aborto è una tragedia umana; ed un conflitto tra esigenze di vita e, in molti cosi, esigenze di salute fisica e psichica della donna. In cui soccombe la vita nascitura, oppure si afferma un progetto di vita condiviso. Nel caso dell'embrione, non ci sono avvocati. Dunque, è bene ci siano delle norme. Non credo che si debba essere indifferenti a questa solitudine dell'embrione, una "puntina di spillo" che può finire nel lavandino o nel water.
Credo sia giusto rigettare il presunto diritto di creare materia vivente per distruggerla nei laboratori. Su questo permettetemi di citare Adriano Ossicini, Presidente del Comitato di bioetica, che già nel 1996 raccomandava in una collegiale risoluzione di "trattare l'embrione umano fin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si debbono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persona". E Norberto Bobbio: "C'è innanzitutto il diritto fondamentale del concepito - Corriere della Sera dell'8 maggio 1981 - quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. è lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il ‘non uccidere'. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere".



Vorrei che riflettessimo anche sui problemi sociali, oltre che etici, che ci proiettano negli anni a venire e che già si affacciano nella situazione americana.
L'anno scorso ero a Boston, alla Convention dei Democratici, e ho messo da parte un bellissimo articolo parte di un'inchiesta sulla condizione delle nuove famiglie americane del N.Y.T. Magazine, che descrive così una vicenda affettiva:
K. ha fornito gli ovociti; la sua fidanzata E. l'utero, un donatore esterno anonimo lo sperma. Oggi le due donne, che hanno generato e allevato due bambine gemelle hanno "rotto" affettivamente, e sono in causa per decidere chi siano i genitori. E. sostiene di esserlo avendo avuto in grembo e partorito le due bambine. K sostiene che lo sono entrambe. Ma un giudice del Massachussets glielo ha negato, e dunque K può vedere le bambine solo un giorno al mese. "è molto difficile - scrive il N. Y. T. - definire la condizione genitoriale in una società in cui i concepimenti possono essere immacolati e con molti protagonisti allo stesso tempo, usando donatori di uova, donatori di sperma, donatori di embrioni, madri surrogate, ed anche sperma di persone defunte". Questo è un tema che si affaccerà in Spagna con la nuova legislazione appena varata, in cui scompare il concetto di padre e madre e compare esclusivamente l'espressione "genitore".



Ma se queste dinamiche sono all'orizzonte, cosa non condivido più fortemente delle modifiche /abrogazioni referendarie? Non solo l'abolizione dei limiti alla fabbricazione degli embrioni e la possibilità di clonare gli embrioni.
Anche la pesante responsabilità che cade in capo alla donna, particolarmente nella prospettiva della fecondazione eterologa.
So che sarebbe molto più giusto e appropriato che questa relazione la facesse una politica-donna che avrebbe portato sensibilità e intelligenze maggiori delle mie.
Penso che noi stiamo scaricando sulla condizione della donna responsabilità sempre più gravose e difficili.
Questo appartiene innanzitutto alla responsabilità della persona, della donna dunque. Ma il legislatore non deve agire con leggerezza nel caricare ulteriormente la donna di decisioni e conseguenze: nelle tecniche riproduttive; nelle generali responsabilità , squilibranti, proprie del rapporto maternità /lavoro che accomunano troppe donne in Italia; nel peso di responsabilità psicologiche grandi nel caso dell'eterologa.
Poiché qui noi non abbiamo a che fare solo con problemi di infertilità , ma anche socio-economico-culturali.
Perché troppe volte si costringe a cercare la maternità molto tardi, spesso dopo i quarant'anni, quando il tasso di fertilità femminile si è ridotto enormemente.
Nel caso dell'eterologa, si crea uno squilibrio tra donna con un figlio genetico e uomo con un figlio "della società ". Non è un problema di bioetica, ma etico-sociale. E non è un caso se la Svezia ha modificato la sua normativa ormai 20 anni fa (prevedeva l'anonimato per i donatori e il segreto sul padre biologico; oggi, la possibilità di conoscerlo al compimento di 18 anni).



Il dibattito più importante che dovremmo fare, quello di cui ha bisogno il paese, di cui il mondo della cultura femminile avrebbe potuto farsi promotore riguarda la forza e i diritti della condizione sociale della donna nella nostra società .
Le donne che non possono in troppi casi lavorare ed avere figli. E dunque il confronto su una riorganizzazione del welfare, sulle politiche per la natalità , sui cicli della vita, che porti tra le priorità strategiche del paese - come è avvenuto, ad esempio, più di dieci anni fa in Svezia - la moltiplicazione degli asili nido, forti tutele per la maternità , il sostegno all'occupazione femminile. Temi fondamentali in un paese come il nostro. anche per accrescere il tasso di occupazione.
Ma la battaglia per l'egemonia culturale, come vediamo, si svolge in una direzione sbagliata: non per potenziare diritti che migliorano la società . Ma per crearne di rispondenti alle distorsioni della società .
Siccome siamo costrette a fare i figli a 40 anni - ed è difficile - anziché creare le condizioni per farli a 27 puntiamo a creare le condizioni mediche, chimiche, per combattere e talvolta accanirsi contro le conseguenze del declino della fertilità femminile.



Come è legittimo, in base alla Costituzione e alla legge, che 500.000 cittadini richiedano e facciano indire referendum su materie di immensa importanza, e che essi modifichino queste materie anche con il voto favorevole anche di meno di un quarto degli elettori (in teoria, la metà più uno dei voti validi espressi rispetto alla metà più uno degli elettori), così è legittimo che un referendum sia sconfitto attraverso il mancato raggiungimento del quorum.

Come si è più volte ricordato, nel referendum abrogativo le possibilità per dare efficacia alla propria posizione sono tre: il sì, il no, l'astensione dal voto. Poiché la non partecipazione al voto esprime anche estraneità , o indifferenza, o ostilità , o rifiuto verso il tema referendario, ed è preciso dovere politico dei promotori ottenere il coinvolgimento della maggioranza assoluta dei cittadini. è l'onere dei proponenti dimostrare di non rappresentare una minoranza del popolo, che come tale non sarebbe legittimata ad abolire una legge invece approvata dai rappresentanti della maggioranza del popolo.

Qui non vale l'argomento secondo cui agli "astensionisti attivi" si sommerebbe impropriamente una larga quota di "astensionisti fisiologici": gli studiosi dei comportamenti elettorali concordano sul fatto che gli elettori fisicamente impossibilitati a partecipare ad una elezione siano tra il 7 e il 10% mentre le quote più alte di non partecipazione alle elezioni sono corrispondenti a scelte specifiche, ed intermittenti, degli elettori.
E se esiste una certa sfiducia nello strumento referendario, va detto che questa è una bella responsabilità di alcuni tra i promotori degli attuali referendum (ne so qualcosa, dai tempi della mia milizia nel Partito radicale, quando si affermò un'idea di fare dei referendum uno strumento di partito), che hanno concorso a indire in Italia la bellezza di 55 referendum abrogativi in 31 anni. Referendum che hanno coinvolto la totalità del corpo elettorale in ben 13 occasioni diverse.
è stato già detto che tutti coloro che oggi definiscono in modo aggressivo l'astensione dal voto nei 4 referendum hanno, in passato, sostenuto l'astensione in altri referendum.

Chi oggi definisce "immorale". "illegittima", "furbesca", "opportunista", "diseducativa", "miserabile" l'astensione, promosse l'astensione dal referendum del 1984 sulla scala mobile, oppure quello del 1990 contro la caccia, quello del 1991 sulla preferenza unica, quello del 1999 sull'abolizione del voto proporzionale della Camera, quelli del 2000 sulla magistratura e le trattenute sindacali, sino a quello di appena due anni fa ("per ridurre i danni" del referendum "sbagliato e dannoso") sull'estensione dello Statuto dei lavoratori.
Ripeto - e risparmiatemi citazioni che potrebbero apparire antipatiche - la perfetta legittimità dell'astensione è stata difesa e promossa almeno una volta da tutti, dico tutti, coloro che oggi si dichiarano contro l'astensione in occasione di questi referendum.

Del resto, nel dibattito dell'Assemblea Costituente, proprio il più liberale dei liberali, Luigi Einaudi, si associò all'intervento del Costituente Fabbri, che era preoccupato che si registrasse una maggioranza effettiva degli elettori e i risultati non fossero determinati dalle astensioni, e citò come esperienza da considerare con molta prudenza quella dei referendum svizzeri.



Ribadito dunque che il referendum è legittimo; ribadito che esso non appare tuttavia né saggio né lo strumento commisurato ai problemi di cui ci occupiamo; ribadito che l'astensione è perfettamente legittima, vorrei ora spiegare perché io mi asterrò dal voto in questi referendum del 12 e 13 giugno.
Per tre motivi fondamentali.

- L'astensione è la risposta giusta e lo strumento giusto per questi referendum.
Perché l'estrema complessità e varietà dei temi affrontati con i 4 quesiti forza i promotori ad una semplificazione inadeguata, (mi ricordo, nella fase della raccolta delle firme, un manifesto per le vie di Roma con un uomo e una donna in manette). Non condivido queste forzature, anche se le capisco, perché se si vuole arrivare a coinvolgere la totalità del popolo su materie di questa delicatezza, di questa complessità , per forza si debbono dare delle sciabolate, che sono proprio la negazione di una materia tanto complessa.
Non li condivido, ma li capisco. Quindi cito Sergio Romano "i referendum sono oracoli che sanno rispondere solo sì o no, e mi sembrano poco adatti a risolvere problemi così complicati". Dunque, astensione come radicale rifiuto di questa impostazione.



- Non è tuttavia un rifiuto astratto, perché è il modo politico più efficace per rigettare una simile contesa, per rigettare i quesiti, proprio alla luce del rigetto che fin dall'inizio questa elementarità di argomentazioni ha suscitato. E, dunque, va detto che chi vota NO, essendo contrario, finisce involontariamente per aiutare la riuscita del SI. E' una testimonianza rispettabilissima, ma viceversa finisce per essere un atto inefficace o controproducente rispetto al risultato da conseguire. In una contesa politico-istituzionale tu devi scegliere la strada migliore per la riuscita delle tue idee e quindi è l'astensione l'atto più producente.


- Perché io non reputo perfetta la legge. So che su questo non siamo d'accordo neanche con tutti i presenti in questa sala (so che la grande parte delle cose che ho detto, in particolare, non hanno nulla a che vedere con la dottrina della Chiesa; ognuno di noi si muove del resto con una motivazione laica e civile, che essa abbia o non abbia nel proprio cuore un'ispirazione religiosa).
Penso che questa legge non sia perfetta e vada migliorata, ma per migliorarla è indispensabile verificare, affinare, intervenire su materie tanto in evoluzione anche in base ai fatti nuovi che la ricerca e le applicazioni produrranno. Ci sono alcune modifiche sulle quali noi ci dobbiamo predisporre nei prossimi tempi. Siamo stati interpellati nelle settimane scorse da Giuliano Amato: "siete disposti a fare certe modifiche?" Io penso di sì, dobbiamo tuttavia prima concordare, non entrare in un nuovo "toboga" dell'incertezza per quanto riguarda la legislazione in questa materia.
Dunque, se il SI fa tornare ad una situazione inaccettabile - e lascia una legislazione confusa, un "macello" - il NO obiettivamente imbalsama questa legge. Il non conseguimento del quorum lascia invece la strada aperta a nuove formulazioni, ad un aggiornamento il più possibile condiviso della normativa.



Su alcuni punti penso sia opportuno e possibile migliorare la legge:
- Gratuità a carico del servizio sanitario nazionale. Non è giusto, in particolare, che l'omologa sia a pagamento.
- Incoraggiare con finanziamenti pubblici la ricerca per le staminali tessuto specifiche adulte, e per il congelamento degli ovociti.
- Indirizzi migliori per far corrispondere età e condizione di salute della donna e numero di embrioni da produrre per avere un bambino.
- Migliorare la formulazione sul rifiuto dell'impianto, che per altro corrisponde all'articolo 5 della Costituzione e alle linee-guida di attuazione della legge.
- Una Alta Commissione per valutare le migliori soluzioni per gli embrioni sopranumerari congelati e per valutare il termine biologico entro il quale essi sono ancora capaci di sviluppare vita; Una Commissione che definisca anche - per quei casi nei quali si autorizza l'aborto terapeutico - per i genitori portatori di malattie genetiche gravi la possibilità di diagnosi preimpianto.
- Evoluzione delle linee guida del Ministero della Salute in base al processo evolutivo scientifico.



Se qualcuno mi chiedesse perché, al fondo, perché una scelta per fare fallire questi referendum, direi in poche parole: far riflettere le persone sul dovere di darci dei limiti.
L'Uomo non è onnipotente. Sappiamo che esiste un filone di pensiero che si autodefinisce eugenetica liberale, alla ricerca di un "umanesimo scientifico" che sulla scia di Julian Huxley - il primo direttore generale dell' UNESCO - punta a realizzare su orientamenti scientifici e filosofici la perfezione fisica della specie umana.
Una cultura democratica è basata, a mio avviso, su un umanesimo specularmente opposto.
Ed io vedo un diritto da difendere: quello di non scegliere, di non selezionare i propri figli.
Non cominciamo mai ad incamminarci sulla strada per cui finiremo per selezionare i nostri figli e per buttare via quelli che non vanno bene, che rischiano di non essere sani. E poi, via via, intelligenti; e poi, via via, belli; e poi, con gli occhi di un certo colore. Quando inizia, questa strada non finirà . Sappiamo che in alcune parti del mondo è già iniziata; non è un buon motivo per farlo anche noi.



Spero sinceramente sia emerso che secondo la mia convinzione ci siamo confrontati in questi mesi su diverse false antinomie:
- cattolici/laici. Alimentata ancora di più da alcune prese di posizione che io considero assurde. Sarebbe "coraggioso" il vescovo che dichiara di andare a votare. Ma perché ci deve essere un giudizio morale? Perché quando il Papa interpella i politici, viene in Parlamento, propone un'amnistia, egli è la nostra guida morale? Perché quando il Papa si pronuncia contro la guerra in Iraq, egli è la nostra guida morale? Ma tutti questi messaggi appartengono alla libertà d'espressione. Di tutti, anche di un Vescovo. Da Sindaco, andavo ogni anno ad ascoltare quello che diceva agli amministratori il Vescovo di Roma, ovvero il Papa.
Dava certe legnate, a noi amministratori... ci richiamava severamente perché non stavamo facendo abbastanza per i senza casa, per gli immigrati, per i problemi della sanità . Non si può creare un discrimine a proposito del diritto di esprimere un'opinione su una materia civile, sul legiferare o sull'amministrare. E capita che qualcuno parli di violazione di Concordato o del fatto che si incorra in reati penali. è evidente che si tratta di una libera dialettica pubblica, dalla quale ciascuno trarrà liberamente il proprio giudizio.
Ma non c'è veramente nella discussione sul referendum la faglia, la distinzione cattolici/laici.
Tutti i giudizi che ho espresso sono giudizi laici. E, mi auguro, condivisibili anche da parte di chi sia non credente.
- è una falsa antinomia quella centrodestra/centrosinistra. Secondo cui si vota per il governo o contro il governo. Sappiamo che Fini e tanti altri nel centrodestra voteranno SI.
- è falsa l'antinomia tra difensori della donna e coloro che vogliono umiliare la donna.
- è falsa l'antinomia tra "fautori della scienza" e "oscurantisti" (Medioevo versus Modernità ). Noi siamo fautori di una scienza che abbia il coraggio e la responsabilità dell'innovazione, che scommetta sul fattore umano, che attraversi tutte le frontiere rivolte verso il futuro e che si dia dei limiti etici.



è possibile che queste semplificazioni: libertà , laicità , progressismo, difesa della donna, supporto della scienza prevalgano.
E' fortemente possibile che si crei una miscela emotiva tra questi argomenti. E, dunque, che vincano i SI. Sento il dovere di dirlo, dichiaro oggi le mie convinzioni.
E dico, allo stesso tempo, che non sento come nemici i fautori del SI. Nelle loro motivazioni, trovo spesso una spinta in buona fede.



In un manifesto firmato con altri scienziati, Jacques Testart (grande scienziato della biologia della riproduzione e uno dei fondatori della fecondazione in vitro) scriveva: "crediamo che la lucidità debba prevalere sull'efficacia, e la direzione sulla velocità ; che la riflessione debba precedere il progetto scientifico invece che seguire all'innovazione".
Non è molto diverso da quel che scriveva nel lontano 1651 Thomas Hobbes nel Leviatano: "la scienza è la conoscenza delle conseguenze, e la dipendenza di un fatto dall'altro".



La biopolitica interpellerà il legislatore in modi stringenti, oggi imprevedibili, nel secolo che è iniziato.
Pur avendovi torturato con un'ora di discorso, e molte argomentazioni, vorrei dichiarare qui in conclusione la debolezza, la fragilità , la non conclusività delle mie stesse argomentazioni. Possono e debbono essere discusse, e criticate. E la passione con cui ho in questi mesi riflettuto e oggi parlato va sottoposta a verifiche crude, a un confronto esplicito ed aperto.
So che un politico è meno informato e preparato di uno scienziato, è meno sensibile di un medico; è meno profondo di un filosofo. E tuttavia è più responsabile di tutti.
Dunque, deve studiare, ascoltare, dialogare nel campo bioetico e sentire il dovere del dubbio soprattutto di fronte a limiti che vengano attraversati irreversibilmente.
Quindi, impegniamoci a tenere alto il dialogo sui temi della biopolitica. A monitorare e a migliorare le leggi, a mettere sotto aggiornamento i nostri giudizi.



Un bellissimo articolo che ha scritto alcune settimane fa sulla Stampa una donna, laica anch'essa, come Barbara Spinelli, ci richiama all'altro Huxley, Aldous, e alla sua descrizione, nel 1932, del "Brave New World": con la casta degli eccelsi, la casta dei meno eccelsi, la casta degli infimi; un mondo in cui la vita è predeterminata in base alla clonazione, assistita dalla fabbricazione di schiavi destinati a fornire parti di ricambio per i trapianti.
E rilancia qualcosa che a mio avviso è alla radice della vita delle persone, e tra i fondamenti civili e umani dell'agire pubblico. Solo il Selvaggio, ricorda, resta estraneo a questa folle utopia della costruzione del mondo perfetto: "Ciò per cui si batte è il diritto a mescolare la gioia con l' infelicità , il sesso con l'amore, l'estasi imbecille con la malinconia".

Vi ringrazio.

Francesco Rutelli

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#59 Messaggio da akira »

secondo me fini ha paura di una sua scomarsa nell'eventualita di un partito unico dietro il PPE ed ha usato questa occasione per staccarsi da un ruolo troppo "cattolico" e dipendente dal clero x riaffermarsi Duce unico ed indipendente di An...poi la cosa gli è andata maluccio...ma secondo me è un mossa giusta...
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#60 Messaggio da Squirto »

Kaisersoze ha scritto:ecco il suo intervento, un ora e quaranta di argomentazioni, condivisibili o meno, ma almeno ha parlato e ha spiegato.
va tutto benone, i dubbi sono dubbi. ma poteva votare NO, invece di appoggiare la furbata astensionista.
You are what you is (Frank Zappa)
"Cosa c'entra il Papa con l'apertura dell'anno accademico? E' come se a un concistoro si decidesse di invitare Belladonna" (Sacre Scuole)
"Che ci posso fare? Le banalità  non mi emozionano" (Breglia)

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