Vi riporto un pezzo umoristico dal preteso memoriale del gatto di Mussolini... scritte nel 1948 col senno di poi, e ristampate col titolo "La mia vita col puzzone", supplemento a "Libero" stampato nel settembre 2006.
Scusatemi, ma e' una delle cose piu' divertenti che abbia mai letto...
Stasera il duce rientrando in casa prima della solita ora, non ci ha trovato un cane, ma solo noi gatti. Come succede, proprio quella sera aveva una gran voglia di sfogarsi con qualcuno. Si avvicino' a me, che me ne stavo accovacciato sulla consolle Luigi XV, mi passo', cosa rarissima, una mano sulla schiena, e attacco' senza altri preamboli:
"Tobia!... Tu conosci l'abitudine che ho di confidare tutto a mia moglie, specialmente i segreti di stato, le questioni delicate, i problemi internazionali piu' difficili... Quella Rachele pare una donnetta di poco conto, ma il cardinale Richelieu diventa una puzzetta a petto a lei... quando devo prendere una decisione importante, a chi domando consiglio dopo che l'ho presa? A Rachele... E lei mi sta a sentire senza rispondere; poi quando ho finito mi dice: Vacci... Non ci andare... Fa cosi'... Fa cola'... E Rachele ha sempre ragione... Tutti, in famiglia, abbiamo sempre ragione... dopo di che, continuo a fare come mi pare... Stasera, camerata Tobia, devi fare le veci di mia moglie..."
Io mi tirai su, ronfando...
"Vedo che accetti - riprese - ma vuoi dirmi che non sai parlare... Ebbene? Rachele sa forse parlare? Non vedi che non posso portarla nemmeno in societa'. Faremo cosi': per dirmi di no, muoverai la coda; per dirmi di si', chiuderai gli occhi; infine, per dirmi di stare in guardia, ti passerai l'orecchio con la zampa, come quando vuol piovere..."
Chiusi gli occhi.
"Ti ricordi la notte della nostra entrata in guerra contro l'abissinia? Mezzanotte, l'una, le due, le tre... quel vecchietto ringhioso di De Bono, non mi dava notizie, come se invece di quel che sono, fossi uno qualunque... Ad un certo punto mi era venuta voglia di chiedere notizie a Vittorio Emanuele, ma che figura ci avrei fatto? Tempestai di telefonate il ministro della Stampa... Niente... Insomma quella notte De Bono mi inflisse un'umiliazione, di cui soltanto oggi mi sono vendicato: l'ho licenziato, Tobia!
Al suo posto ho messo Badoglio, il Galliffet d'Italia, come ebbi a definirlo anni fa sul Popolo d'Italia. Approvi, camerata Tobia?"
Mossi lentamente la coda.
"Stammi a sentire senza interrompermi, boia di un mondo ladro! L'ho chiamato e gli ho comunicato la notizia. Adesso, ho pensato, mi ringraziera', se non altro per la fiducia... oppure rifiutera', adducendo che questa guerra di Aggressione e di conquista puo' attirarci l'odio dell'Inghilterra... Ma Badoglio stava zitto.
"Ebbene?" gli ho chiesto, per sollecitare una risposta. Badoglio mi ha fissato negli occhi, si e' eretto fieramente sulla spina dorsale, e, scandendo le sillabe, ma ha chiesto:
"Duce, quanto mi date?"
Ho risposto che lasciavo a lui di fissare la cifra..."
Io mi passai con la zampa l'orecchio destro.
"Vuoi dire che non mi devo fidare? Questo vuoi dirmi, Rachele... pardon!... Tobia? Io so che Badoglio e' un cinico, che mi e' nemico, ma, cosi', l'ho legato alla mia impresa e ci sara' gloria per lui come per me... E l'ho gia' fatto Maresciallo... lo pago come ha voluto lui... gli daro' moltiplicato per quattro tutto quello che mi chiedera' dall'Africa di uomini, di armi, di mezzi... E lo faro' Duca, e poi gli faro' regalare una villa dal comune di Roma... Di ben so', Tobia, non credi che dopo tutto cio' mi sara' fedele?"
Io presi a strofinarmi la testa con tutte e due le zampe davanti e a passarmi tutte e due le orecchie come se stesse non solo per piovere ma per diluviare.
"Finiscila Tobia, non puo' darsi che l'ingratitudine umana arrivi a tanto..."
Mi passai le orecchie anche con le zampe di dietro...