Il Gusto dell'Anguria

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dostum
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Il Gusto dell'Anguria

#1 Messaggio da dostum »

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martedì 22 novembre 2005

Soft porn? Musical? Tragicommedia grottesca? La nuova perla di Tsai Ming-Liang sfugge ad ogni tipo di definizione. La trama è molto semplice: un uomo e una donna si rincontrano dopo tanti anni, si frequentano, s’innamorano. Il tutto avviene durante un periodo in cui Taiwan è soggetta ad una siccità  che provoca la mancanza d’acqua, la quale è addirittura più costosa del succo d’anguria. Già  da questi pochi tratti si intravede uno dei temi tipici del cinema dell’autore malese, ovvero l’apocalittico scatenarsi di forze esterne all’uomo, ma che in un certo qual modo sono sia la causa della presa di coscienza del suo torpore, sia la base che metaforicamente ne indica il profondo malessere esistenziale. I protagonisti inoltre, interpretati dai due attori preferiti da Tsai Ming-Liang, ovvero gli ottimi Lee Kang-Sheng e Chen Shiang-Chiy, rappresentano il tema su cui il cineasta malese insiste fin dai tempi di Vive l’amour: la solitudine opprimente dell’individuo schiacciato dal caos delle grandi città , perso in mondo personale che il regista osserva cinicamente dall’esterno, imponendoci allo stesso tempo di partecipare emotivamente al dramma, con sguardo fisso, immobile, come un qualcosa che non vogliamo vedere ma da cui non riusciamo a distogliere la nostra attenzione. Tramite l’utilizzo di una splendida fotografia, minuziosa e curata fin nei minimi dettagli, Tsai Ming-Liang ci ha portato nei meandri più oscuri dell’animo umano, conducendoci in viaggi in cui la parola è sostituita dalla forza del silenzio e dalla pittoricità  dell’immagine cinematografica.
Ne Il gusto dell’anguria, il regista mantiene saldamente anche altri tratti caratteristici del suo cinema. L’anguria stessa era in Vive l’amour lo sfogo delle voglie erotiche dell’omosessuale represso. In questo film invece, il frutto diventa l’oggetto che si antepone al soggetto (l’uomo), inglobando in sè la metafora del desiderio sessuale e dell’amore, nonchè visivamente la rappresentazione di una vagina da penetrare con dita e lingua (come si puó notare dalla sfolgorante scena iniziale). I due giovani protagonisti si piacciono e provano ad amarsi, ma non riescono ad trovare fisicità  nel loro rapporto fatto di sguardi e di silenzi. Lei si masturba, e lui fa lo stesso a sua volta mentre la guarda; il sesso è un mestiere per il giovane innamorato, in realtà  porno attore. La dolcezza e l’intimità  che si crea tra loro sono in realtà , come vene mostrato in una delle scene più suggestive del film, fragili e vacue come il fumo di una sigaretta tenuta tra le dita dei piedi di lei.
I liquidi dominano il film. L’acqua, simbolo della poetica di Tsai Ming-Liang, non è più rivelatoria come quella sudicia de Il fiume, e neanche sinonimo di crisi devastante come quella che distrugge le case dei due giovani in The hole, facendoli poi incontrare. Ne Il gusto dell’anguria l’acqua è un bene raro e prezioso, ma più che manifestarsi nella sua presenza, si manifesta nella sua assenza, rappresentando la ‘mancanza’, quel quid da cui l’uomo è lontano. Succhi d’anguria e liquidi seminali suppliscono alla ‘mancanza’, divenendo rappresentazione della sostituzione, del mancato appagamento, della repressione, dell’infelicità  stessa.
Ma ció che rende diversa questa pellicola dagli altri lavori del regista è l’aggiunta di un elemento stilistico finora assente nella sua filmografia: l’ironia. Questa tendenza si evince tanto nelle scene in stile musical, quanto in quelle prettamente erotiche. Per quanto riguarda gli intermezzi musicali, anche in questo caso Tsai Ming-Liang non è nuovo all’inserimento di canzoni all’interno dei suoi film (già  in The hole la protagonista proietta i suoi desideri in questa singolare maniera). Ne Il gusto dell’anguria vengono sì riproposte sequenze di questo tipo, ma in modo più esteso, poichè vengono presi in considerazione non solo i sogni della protagonista, ma anche del porno attore e della sua partner sul set. Una ballata e una canzonetta anni ’60 per l’aspirazione all’amore puro, un jazz lento e sensuale per le confessioni della porno attrice, un brano in musical vecchio stile con un canto d’amore esilarante quanto idiota, un blues traspirante ironia ed erotismo (le donne hanno birilli sui seni e il protagonista un cappello a forma di glande): oltre a mettere in evidenza quanto sia ridicolo l’innamoramento e soprattutto quanto siano dolorose la repressione, la solitudine e la mancanza di comunicazione nella vita reale, ‘fuori dai sogni’(malgrado le sforzo dei due nel creare una certa intimità ), i brani proposti sono uno sfottó più che evidente nei confronti del tipico musical farcito da storia d’amore di stampo statunitense, ove si dipinge solo l’esteriorità  dell’amore stesso.
Cos’è l’amore per Tsai Ming-Liang quindi? L’uso che fa dell’erotismo sembra chiarirci le idee. Il sesso non è più quel demone che costringe padre e figlio inconsapevoli ad incontrarsi in una sauna per gay (Il fiume), ma assume una funzione ambivalente: l’una volta a ironizzare sulla superficialità  dell’atto sessuale compiuto in maniera meccanica; l’altra invece volta ad evidenziare in modo più netto la tendenza umana a reprimersi. I due giovani si amano, ma non riescono a fare sesso, anche se ad esempio lui ne è capacissimo, dato il suo mestiere, che compie in maniera meccanica e ripetitiva.
L’ultima (o)scena, rappresenta davvero l’apoteosi del radicale pessimismo del regista. Non la anticiperemo ovviamente per non toglierne il gusto allo spettatore. Ma la sensazione che ci ha lasciato non è quella che si ha di fronte ad una provocazione gratuita. Non è neanche l’impercettibile filo che lega eros e thanatos a rendere affascinante quest’ultima, lunghissima ed estenuante sequenza. Le distanze a volte sono colmabili se l’uomo si libera dalle proprie repressioni e dal retaggio della propria sofferenza? Oppure un’inesorabile parete bianca (visibile o meno) continuerà  ad impedire una qualsiasi forma di comunicazione? Invece di risponderci siamo rimasti come la giovane protagonista: riempiti, soffocati, silenti.
Opera assolutamente geniale, un gran ritorno del cineasta malese trapiantato a Taiwan, che continua comunque a rimanere coerente nel suo stile e nel suo ’lavoro di sottrazione’ e che ci porta una ventata di freschezza e di intelligente provocazione, che lasciano peró l’amaro in bocca, più che il dolce sapore dell’anguria.



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Husker_Du
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Re: Il Gusto dell'Anguria

#2 Messaggio da Husker_Du »

dostum ha scritto: I liquidi dominano il film. L’acqua, simbolo della poetica di Tsai Ming-Liang, non è più rivelatoria come quella sudicia de Il fiume, e neanche sinonimo di crisi devastante come quella che distrugge le case dei due giovani in The hole, facendoli poi incontrare. Ne Il gusto dell’anguria l’acqua è un bene raro e prezioso, ma più che manifestarsi nella sua presenza, si manifesta nella sua assenza, rappresentando la ‘mancanza’, quel quid da cui l’uomo è lontano. Succhi d’anguria e liquidi seminali suppliscono alla ‘mancanza’, divenendo rappresentazione della sostituzione, del mancato appagamento, della repressione, dell’infelicità  stessa.
Azzarola...si sente che il critico che ha scritto sta recensione ha fatto ragioneria......

Anyway, non ho nulla contro il cinema alternativo malese, pero' quando leggo la boria di certe recensioni cinematografiche mi cadono veramente i maroni..... :(
Ultima modifica di Husker_Du il 25/11/2005, 17:43, modificato 1 volta in totale.
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breglia
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Re: Il Gusto dell'Anguria

#3 Messaggio da breglia »

Husker_Du ha scritto:Anyway, non ho nulla contro il cinema alternativo malese, pero' quando leggo la boria di certe recensioni cinematografiche mi cadono veramente i maroni..... :(
Husker ti quoto alla grandissima :wink:
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majestic
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Re: Il Gusto dell'Anguria

#4 Messaggio da majestic »

dostum ha scritto:In Uscita
martedì 22 novembre 2005

Soft porn? Musical? Tragicommedia grottesca?

No, cagata pazzesca.
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