Bonello è un regista creativo, forse un tantino autocompiacente. Quel suo film, ‘Le pornographe’, lo vedo come un film politico in tutto e per tutto. E’ politica la storia e la scelta dell’attore come protagonista. In pratica, se ben ricordo e come giustamente scrivi, la trama ruota attorno ad un regista ex sessantottino in crisi col figlio. La particolarità del regista è che, negli anni della protesta, era stato appunto un pornografo, un regista che aveva scelto la pornografia come linguaggio rivoluzionario e antiborghese. Ora, dopo decenni, il tizio si ritrova - non ricordo per quali circostanze - a ritornare sulla strada del porno, trovando un mondo diverso, privo delle motivazioni di prima. E questo gli complica le cose: con se stesso (è costretto ad un confronto con scelte passate di cui un po’ si vergogna) e col già citato figlio, all’insegna di un’incomunicabilità generazionale fisiologica.marziano ha scritto: quanto a porno nel cinema mainstream ricordo una prima visione d'essai.
le pornographe di bertand bonello credo all'arlecchino.
il protagonista è un maturo regista porno indeciso sul continuare o no e con un figlio adolescente e quindi da mantenere.
ad un certo punto, sono seduto di fianco ad una sciuretta intellettuale progressista, si vede del porno vero ma vero proprio.
con tanto di eiaculazione dell'attore (che era un attore porno vero)... imbarazzo in sala e risolini
La scelta del protagonista, dicevo. Bonello non a caso prende Jean Pierre Leaud, icona del cinema francese degli anni 60 e di quella Nouvelle Vague che fu vero e proprio ciclone di rinnovamento stilistico e contenutistico del mondo cinematografico tutto (o quasi). Un tributo ai Cahiers du Cinema, al cinema engagé, alla militanza intellettuale d’una sinistra che non c’è più e mille altri concetti molto impegnativi.
Fin qui tutto bene, ti dirò che infatti il film m’era piaciuto per questo suo contesto. Poi naturalmente ci voleva una spinta commerciale: e, se si parla di porno, quale migliore idea di metterci una scenetta hard dentro, tanto da far drizzare i capelli (giusto quelli) alla maggioranza silenziosa dei festival d’essai’? E allora venne chiamata Ovidie, pornostar ‘vera’, a prendere parte al progetto.
Quest’ultima cosa - una pornostar in un film ‘normale’ - è diventata la vera strategia utilizzata per cavalcare la promozione del film, al netto di tutte le ‘alte’ velleità trattate nella pellicola.
E allora io contattai Ovidie poco tempo dopo l’uscita del film, lei ebbe la gentilezza di rispondermi. Le scrissi anche a proposito di questo suo ruolo hard ‘estemporaneo’ al mondo dell’hard, riporto di seguito domanda e risposta:
-Ho apprezzato ‘Le pornographe’. Cosa puoi dirmi relativamente alla tua esperienza di attrice in questo film?
Mi sono divertita a recitare con JP Leaud e lavorare col regista Bertrand Bonello. Ma non ho sopportato l’ipocrisia da ‘cinema mainstream’ durante le riprese. La maggior parte della promozione è stata fatta col mio nome, il film è stato venduto in Francia solo con la mia faccia.
La strategia di marketing è chiara: utilizzare l’immediatezza della ‘bestia rara’ porno per promuovere concetti esistenzialisti difficilmente sdoganabili su vasta scala. Il tutto sfocia in un minestrone in cui il porno diventa d’essai e il cinema ‘intellettuale’ si riscopre scandaloso sulle pagine dei quotidiani dedicate agli spettacoli. Al botteghino non è bastato…