A parte i dettagli sulla agghiacciante vicenda libica che non mi va di rivangare e’ sua stessa personalità politica che se analizzata correttamente getta una luce sinistra su quella storia e su quello che gli italiani intendono con la parola statista.
Napolitano ieri alla Rai e’ stato ricordato come uno statista.
Peccato che non si possa legare al suo nome alcuna opera pubblica ne riforma politica, sociale od economica.
Tutta la carriera politica e’ stata costruita sulla base di relazioni personali internazionali finalizzate a fargli assumere il ruolo di quinta colonna di poteri esteri, ottenendo benemerenze e successi personali,!prive di ritorni per l’Italia, che vanno dall’essere stato il primo comunista ad ottenere il visto per gli usa ( wow!!!), ad essere il punto di riferimento per manovre internazionali in Italia.
In questo e’ in buona compagnia carriere simili sono state progettate da molti altri ( i due Letta per esempio , in parte anche Andreotti e Craxi) senza che la maggioranza degli italiani riuscisse a distinguere fra una carriera personale fatta di foto opportunity e pacche sulle spalle da quella di uno statista che ha lavorato per l’Italia.
Il suo “tenere la barra dritta” si sostanziava in predicozzi europeisti quando l’Italia veniva umiliata nella tentativo di tenere viva un’adesione acritica all’Eurooa indipendente da quello che accadeva di volta in volta.
Troppa Europa e poca Italia nelle sue parole per essere uno statista, un tale approccio si spiega solo con il tentativo di colmare con l’adesione all’Eurooa una non sentita appartenenza all’Italia.
O forse amava l’Italia quando recitava un ruolo subalterno cosa che permetteva a lui di recitare il ruolo di garante.
E’ meglio per noi che gente così faccia un altro mestiere.