In germania non son tutti come il kanzler Merd
La silhouette della colomba della pace, inserita nel logo ufficiale della Spd stampato in testa al documento programmatico firmato da un autorevole gruppo di deputati, innesca il dibattito che fa tremare i falchi del partito e l’intero governo Merz. Un vero e proprio manifesto contro la guerra, il riarmo e la postura internazionale sempre più aggressiva della Germania, presentato due settimane prima del congresso in cui i socialdemocratici eleggeranno la nuova segreteria dell’era post-Scholz. Negoziati con la Russia, no al 5% del Pil per la Nato e stop allo stanziamento degli euromissili Usa nelle basi tedesche: sono i tre punti dirompenti della mozione in aperta rottura rispetto alla linea incarnata dal leader Spd, Lars Klingbeil (vicecancelliere e ministro delle Finanze), e dal ministro della Difesa, Boris Pistorius.
SU TUTTE LE FURIE LA CDU di Friedrich Merz: il dissenso interno montante tra le fila del partner di coalizione rischia di vanificare tutti gli sforzi finora perseguiti dal cancelliere per archiviare lo storico neutralismo della Bundesrepublik. Ma il documento sottoscritto da esponenti di primo piano della maggioranza politica che guida la prima potenza europea è una brutta notizia anche per il segretario generale Nato, Mark Rutte, attualmente impegnato a far digerire ai membri dell’alleanza l’ultimo imperativo di aumentare del 450% la capacità della comune difesa aerea.
«La Spd deve rimanere un partito pacifista e opporsi alla militarizzazione del dibattito», è la richiesta di base della mozione pre-congressuale intitolata con termini urticanti per Klingbeil e Pistorius: «Salvaguardia della pace in Europa attraverso la capacità di difesa, il controllo delle armi e la mutua comprensione». L’esatto opposto della linea ufficiale della coalizione di governo, criticata nel documento perché piegata sulla «costante necessità di aumentare le armi e prepararsi alla guerra anziché incardinare la difesa sul disarmo e sulla politica di controllo della diffusione mondiale degli armamenti».
A denunciarlo l’ex capogruppo al Bundestag, Rolf Mützenich – primo firmatario – seguito dal delegato alla politica estera della Spd, Ralf Stegner – co-presidente del circolo “Erhard Eppler” promotore della mozione – dall’ex segretario Norbert Walter-Borjans, dall’ex ministro delle Finanze Hans Eichel, dall’ex sottosegretario agli Esteri, Gernot Erler, e dall’influente presidente del “Circolo di Roma”, Ernst Ulrich von Weizsäcker, capofila di altri deputati egualmente in dissenso.
IL NEIN COMINCIA con il rifiuto di accantonare il 5% del Pil per i costi della Nato, quota definita «ingiustificata e irrazionale» proprio alla luce delle reali necessità di proteggere l’Europa e la Germania di fronte all’ipotetico attacco da parte di un paese ostile. Il sottotesto è un chiaro messaggio per il ministro Pistorius, sulla cui scrivania resta anzitutto spalancato il piano per arruolare (al momento ancora senza leva obbligatoria) almeno 60 mila nuove reclute per la Bundeswehr.
È anche una smentita rispetto alle solenni rassicurazioni sulla crescita semi-illimitata della spesa militare di Berlino, fatte prima in Turchia dall’imprudente ministro degli Esteri, Johann Wadephul (Cdu) e poi rinnovate negli Usa davanti a Donald Trump dallo stesso cancelliere Merz, seppure con la formula “rateale” basata sul 3,5% del Pil investito in armi vere e proprie più il 1,5% da destinare alla messa in sicurezza e ampliamento di infrastrutture nevralgiche come porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, oleodotti, centrali energetiche.
MA È FUMO NEGLI OCCHI del governo Merz pure la richiesta di riaprire il canale di comunicazione con Mosca. Secondo i pacifisti della Spd «il sostegno alla rivendicazione di rispetto del diritto internazionale dell’Ucraina deve essere legato ai legittimi interessi di sicurezza e stabilità degli altri Stati europei. Dopo aver messo a tacere le armi bisogna riprendere il difficilissimo dialogo con la Russia per definire un sistema d’ordine rispettabile da tutti senza l’uso della forza. Non possiamo lasciare questo tema ai partiti populisti, che non sono interessati alla pace bensì solo a compiacere Vladimir Putin».
