KHMER ROSSA
Si chiamava Ylenia, era giovanissima.
Un tumulto, un vento potente che illuminava
le giornate di un inverno buio degli anni ottanta.
Era freddo, Ylenia aveva appena compiuto
quattordici anni e si era data completamente all'idea,
un po' estemporanea, di cambiare il mondo.
Era ancora una bambina ma viveva come fosse
grande ed io ero appagato da lei anche
se frequentarla era molto difficile.
Ricordo fughe in avanti, scioperi a scuola,
rifugi sommari dove baciarsi e toccarsi
in nome dell'amore per il comunismo molto privato
che provavamo per noi stessi.
La desideravo, amavo il suo ardore innocente,
la sua furia, la sua mancanza di senso del limite.
I miei vent'anni ai suoi occhi erano tanti e pieni
di cose già vissute. Mi vedeva come un dio,
come un Dimitrov, un Majakovskij,
un partigiano Jugoslavo. Non mi guardó mai
come un Turati o un Nenni o qualche altro
riformista del cazzo. Fosse nata in Cambogia
Ylenia sarebbe stata una meravigliosa
khmer rossa.
Dopo settimane
di fugaci assalti negli anfratti
della città finalmente ci fu il momento più atteso.
La quattordicenne dei miei sogni era lì,
bella, piccola, indifesa, precoce
mentre una musica imperiosa arrivava dallo stereo
sintonizzato come sempre su Radio Praga.
Avevo immaginato quel momento per una intera
Rivoluzione d'Ottobre: stavo per fare l'amore
con la mia Rosa Luxemburg
ed ero nervoso, contento,
il cuore a mille come a Stalingrado.
Lei era così giovane, tanto giovane, troppo.
Fui cauto. Gentile. Non volevo spaventarla.
Volevo che fosse per lei stupendo e irrinunciabile
come un venticinque aprile.
Si accorse della mia prudenza.
Con la sfrontatezza guerrigliera
che le apparteneva mi disse:
"Perchè questa paura, cosa c'è che ti frena?"
"Non voglio farti male, è la prima volta..."
Il suo sguardo si addolcì, mi bació e disse protettiva:
"Che carino, per te è la prima volta?"
Rimasi stordito, in silenzio.
Mi accorsi, dolorosamente, che era davvero la prima volta:
era la prima volta che dubitavo nel Socialismo
P.Cantini
