Laura Antonelli, storia di una divina caduta dal cielo
Laura Antonelli oggi
"E' la più bella donna dell'universo, la più bella persona, in senso assoluto, che abbia mai attraversato il cinema italiano".
Così parlava di lei Luchino Visconti, maestro della settima arte. "Era di una bellezza estremamente desiderabile e ingannevole, poteva far perdere la testa a qualsiasi uomo" ricorda lo sceneggiatore Rodolfo Sonego, autore dei più famosi copioni recitati da Sordi.
E ancora: "Un volto d'angelo su un corpo da peccatrice" come scrissero di lei negli anni '70, ai tempi di film come "Il merlo maschio", "Malizia" e "Divina creatura".
Oggi Laura Antonelli è un ombra, un corpo disfatto dal dolore, dalla vergogna, dall'abbandono. Una voce rotta che si nega, non si fa avvicinare, non vuole ricordare nè essere intervistata, semplicemente ripete: "Laura Antonelli non esiste più". La sua storia ben simboleggia il volto cattivo, feroce e indifferente del dorato pianeta-spettacolo.
Andiamo con ordine.
Notte del 27 aprile 1991, il maresciallo dei Carabinieri Sollazzo bussa alla porta della faraonica villa della diva a Cerveteri: tre case, una piscina olimpionica, orti, fiori ovunque. La divina è stravolta, il viso gonfio, senza sospettare nulla dice: "Venga pure, c'è una festa". Un party per vip del cinema italiano, con alcool e droga. Cocaina.
La carriera di Laura Antonelli si ferma definitivamente di fronte a quel vassoio con 36 grammi di coca, pari a 162 dosi, valore di allora 9 milioni di lire. E' l'arresto, l'accusa per spaccio di stupefacenti, il carcere con la condanna a 3 anni e 6 mesi.
Lei si ribella, piange, urla, nega di essere una spacciatrice: la sofferenza la porta al Centro di igiene mentale di Civitavecchia. Quasi dieci anni di inferno con un iter processuale lungo e sfibrante, anni in cui il lavoro è cancellato, l'ambiente la rinnega e la esilia nell'indifferenza, la villa viene svenduta, i genitori muoiono, i parenti fuggono all'estero.
Non rimane che il dolore, un dolore così forte da averla trasformata nel fisico e nella psiche. Lontanissimi i tempi in cui Altman e Antonioni la volevano nei loro film, quelli in cui attori come Sordi, Buzzanca e Salerno parlavano di Laura Antonelli come di un miracolo vivente.
Trent'anni fa in vestaglietta e giarrettiera, oppure nuda dietro un violoncello, l'attrice accendeva l'immaginario erotico italiano e non solo. "Malizia" e "Il merlo maschio" resero famosissima quella ragazza che con la bellezza era riuscita a strapparsi a un passato di dolore: figlia di sfollati istriani (nata a Pola nel 1941), profuga a Venezia, Camaldoli e Napoli, in quest'ultima città trovó lavoro come insegnante di educazione fisica.
L'attrazione per lo spettacolo era fortissima: i primi fotoromanzi la fecero notare in fretta ai potenti di Cinecittà . "La rivoluzione sessuale", filmetto pruriginoso del 1968 e il successivo "Le malizie di Venere" videro il volto angelico e il corpo perfetto della Antonelli passare come una luminosissima supernova nel cielo del nostro cinema.
Da allora solo successi, da "Sessomatto" di Risi a "L'innocente" di Visconti, da "Grandi Magazzini" di Castellano e Pipolo a "La gabbia" di Patroni Griffi, senza dimenticare il film francese "Trappola per un lupo" che la fece conoscere in Europa e la legó per anni in un tempestoso rapporto con l'attore Jean Paul Belmondo che stregó rubandolo a Ursula Andress.
Per anni fu amore eccessivo e romantico: lui impazziva per lei, tra gioielli, fiori e voli in elicottero da un esclusivo avvenimento mondano all'altro (oggi a vedere un incontro del grande Cassius Clay, domani ai tornei di polo in Inghilterra, poi via tra Carabi e Antille a bruciare la passione).
Ma furono anche botte e crisi tremende di gelosia, fino alla fine di quell'intensissimo amore.
Allora la diva guadagnava 100 milioni a film e vinceva Nastro d'argento e David di Donatello come migliore attrice italiana. Nessuna delle altre bellissime (Fenech, Guida, Bouchet) riusciva ad essere altrettanto ricercata nei filmetti di cassetta e in quelli d'autore, i più ambiti.
Il suo corpo (55 chili, forme perfette su un metro e 66 d'altezza) e la sua recitazione trattenuta significavano sfracelli al botteghino ("Malizia" fu il più alto incasso del 1973).
Ma il dolore, quello che proveniva dalla sua vita familiare tribolata, seguiva la Antonelli che confessó alla stampa: "Ho un male dell'anima, sono chiusa, difficilmente faccio confidenze, ho pochi amici, tutto mi angoscia".
Quel male interiore, quel dolore invincibile, la seguì per tutta la sua carriera, l'aspettava quando rientrava dalle feste più esclusive, dai set più "in", dai servizi fotografici che tutti attendevano.
Fino al lifting sbagliato che le deturpó il viso, un intervento di chirurgia estetica in vista di "Malizia 2000", il film che l'avrebbe dovuta rilanciare dopo tanto scandalo, dopo essere stata assolta dall'accusa di spaccio di droga. Fu il colpo di grazia ad un animo già profondamente segnato. Il presente di Laura Antonelli è quello di una ex divina creatura che vive di silenzi.
Nella sua palazzina di Ladispoli si alza alle 7, camminando lentamente nel suo corpo di 100 chili, ancora segnato dalla depressione e dall'alcool, va in chiesa, rientra a casa, vede poche persone, qualche volontario della Charitas, legge la Bibbia, prega, a qualcuno ha confidato di sentire delle voci. Niente tv, niente interviste, niente vittimismi urlati per far sentire in colpa i media che a suo tempo la crocifissero.
Solo un gran bisogno di pace. E di pietà .
Laura Antonelli oggi

Laura Antonelli come preferiamo ricordare


