La beffa non è cinica e nichilista, ma precisa e diretta:
propter illos homines, qui ficti caussi innocentes opprimunt.
Ovvero, un'impalcatura ideologica che mira a istituire un'oppressione col pretesto di vendicarne un'altra non mi par degna di rispetto alcuno.
Il prefisso "vetero" è una porta lasciata aperta all'eventualità d'un "femminismo" non violento,
anche se per cultura e istinto tendo a credere che un pensiero che nasce e si qualifica "di genere"
("di razza", "di nazione", "di classe", "di fede"), quindi attraverso una contrapposizione con l'altro,
non possa che essere violento.
A questo punto, visto che mi si invita a passare dall'aforisma e dal racconto breve al saggio lungo,
dovrei cominciare a pontificare di teoria dei giochi e di dilemma del prigioniero, per osservare come
il rapporto fra i sessi sia modellabile come un gioco simmetrico nel quale la cooperazione paga,
ma lo sfruttamento della cooperazione altrui paga di più,
portando necessariamente a un equilibrio nel quale nessuno dei due giocatori coopera,
dato che
accà nisciuno è fesso.
Unica via d'uscita (
patti chiari, amicizia lunga) la costruzione di una cultura e di una società
in cui ogni comportamento sfruttatorio (da una e dall'altra parte, se no non se ne esce)
viene subito sanzionato con una ritorsione che ne annulli il vantaggio.
Ma ho sonno, e sopratutto questo mi porta parecchio lontano dall'intento originario,
che era puramente e semplicemente di prendere un po' per i quarti di dietro Vale,
insinuando che i suoi luoghi comuni "veterofemministi"
fossero una forma (raffinata) di zerbinismo un po' untuoso.
Insinuazione tagliente, ma amichevole, sia chiaro.
